I russi europei rompono i legami con Costantinopoli
Si tratta di una struttura esistente in 10 Paesi europei (Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Italia, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia e Norvegia). Bartolomeo voleva che essi si sottomettessero ai vescovi greci nei Paesi europei. Il patriarcato di Romania, la Chiesa russa all’estero, il patriarcato di Mosca sono disponibili ad accoglierli.
Mosca (AsiaNews) - Dal 23 febbraio scorso, l’esarcato russo europeo ortodosso, finora legato al patriarcato di Costantinopoli, ha deciso di rompere i legami con Bartolomeo. L’allontanamento è dovuto alla scelta di quest’ultimo di approvare la Chiesa autocefala in Ucraina.
Anticipando le possibili contestazioni, lo stesso Bartolomeo aveva soppresso l’arcivescovado dei russi europei già a fine novembre, oltre un mese prima della consegna del Tomos di autocefalia alla Chiesa di Kiev. La decisione presupponeva l’auto-liquidazione delle parrocchie russe di Costantinopoli, con la sottomissione ai vescovi greci nei Paesi europei. Nell’assemblea generale dello scorso 23 febbraio, i parroci russi hanno rifiutato di sottomettersi a tale decisione, dopo una serie di incontri e di vicende locali che già anticipavano la rottura.
I rappresentanti dell’ex-esarcato hanno contestato a Costantinopoli il diritto di decidere unilateralmente sul loro destino, richiamando le tradizioni democratiche delle comunità ortodosse europee e la storia dell’emigrazione russa in questi Paesi. L’esarcato intende continuare ad esistere, e questo avverrà al di fuori della giurisdizione di Bartolomeo. Si tratta di una struttura esistente in 10 Paesi europei (Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Italia, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia e Norvegia), comprendente 65 parrocchie, 11 grandi chiese storiche, due monasteri e sette romitaggi. Per la sopravvivenza dell’esarcato hanno votato 191 dei 206 partecipanti all’assemblea, a favore di Costantinopoli solo 15.
Rimane ora da decidere a quale giurisdizione aderire. Le possibilità sono sostanzialmente tre: il patriarcato di Romania, la Chiesa russa all’estero (in comunione con Mosca, ma con struttura autonoma), e lo stesso patriarcato di Mosca. Tutte e tre le amministrazioni ortodosse si sono dichiarate pronte ad accogliere le comunità russe europee: i romeni per le grandi percentuali di romeni e moldavi in esse presenti; i russi all’estero per lo storico legame dell’emigrazione russa; Mosca per il richiamo della madre patria originaria.
Durante l’assemblea del 23 febbraio è stata letta la missiva del patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev), che si è dichiarato pronto ad accogliere tutte le comunità rispettando le loro caratteristiche storiche di autonomia e integrazione europea, come espresso dagli statuti di queste Chiese. La proposta lascia comunque alcune perplessità. Negli ultimi due decenni, Mosca ha esercitato una politica molto autoritaria, imponendo alle proprie parrocchie in Europa (che sono più di 200) di adeguarsi agli standard del patriarcato di Mosca, eliminando l’uso delle lingue e delle tradizioni locali. Molti partecipanti all’assemblea hanno insistito per rimandare la questione a un’altra riunione nel corso del 2019.
In Francia il rappresentante di Costantinopoli, il metropolita Emmanuel (Adamakis), ha proposto di formare una comunità indipendente all’interno della sua diocesi di Gallia, conservando le tradizioni russe degli ultimi 100 anni. Il vescovo greco in Italia, il metropolita Gennadios (Zervos), ha invece imposto la fusione con i greci, suscitando la reazione dei russi nelle parrocchie storiche di Firenze e Sanremo, che sono passati alla Chiesa russa all’estero per evitare la perdita della propria chiesa.
Il vescovo amministratore delle parrocchie russe in Europa, il metropolita di Vienna e Budapest Antonij (Sevrjuk), ha inviato una lettera al vescovo della ex-arcidiocesi russa di Parigi Ioann (Renneteau). Antonij è coadiuvato dal nuovo metropolita di Korsun e dell’Europa occidentale Ioann (Roščin), con sede a Parigi, e insieme hanno trasmesso la volontà del patriarcato di Mosca di accogliere tutti gli ortodossi europei che in qualche modo si rifanno alla tradizione russa, divisi dalla patria a causa “di tristi circostanze del passato, e della persecuzione della Chiesa in Russia”, mentre oggi la Chiesa di Mosca è pronta a “ristabilire la sua materna assistenza alle comunità provenienti dalla tradizione russa in Europa occidentale”, rispettando le sue tradizioni dell’ultimo secolo, e con il diritto di partecipare al Sinodo della Chiesa ortodossa russa.
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