03/10/2024, 09.13
RUSSIA
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I profughi russi di Kursk

di Vladimir Rozanskij

Un servizio di Novaja Gazeta documenta la drammatica situazione delle popolazioni rimaste in sospeso tra russi e ucraini. Il governatore Aleksej Smirnov ha dichiarato che il loro numero supera abbondantemente le 150mila persone, abbandonati dalle autorità essendo già problematica la difesa militare della zona.

Mosca (AsiaNews) - Nelle infinite tragedie della guerra tra Russia e Ucraina si è aggiunta un’altra categoria, quella dei profughi della regione di Kursk, evacuati dalle zone dell’offensiva ucraina che prodotto un altro fronte di “reciproca resistenza” tra i due eserciti, come da due anni avviene nel Donbass. Dal 6 agosto scorso, quanti sono stati costretti a fuggire vivono in precari accampamenti, cercando di sopravvivere senza di fatto ricevere alcun aiuto efficace dal governo di Mosca.

Un servizio di Novaja Gazeta documenta la drammatica situazione di queste persone, rimaste in sospeso tra russi e ucraini. Ekaterina è una giovane mamma di Sudži, che quando ha sentito il fracasso degli spari e i frammenti delle mura caderle addosso, ha preso i suoi tre bambini ed è scappata nel villaggio più vicino, poi raggiunta dal marito e dal figlio maggiore, e ora vivono nella periferia di Kursk in una baracca senza mobili e con le pareti di cemento, che affittano per 20 euro al mese, senza ricevere alcun sussidio dallo Stato.

Chi possiede spazi da affittare cerca di approfittarne aumentando i prezzi, e in questa situazione si trovano ormai diverse migliaia di persone. Quanti sono rimasti nella zona occupata dagli ucraini non hanno ovviamente alcuna possibilità di ricevere i pochi soldi che arrivano da Mosca, e nemmeno gli aiuti umanitari. Gli ucraini si limitano a distribuire 5 chilogrammi di farina a testa, e mancano coperte e medicine, oltre a tutto il resto.

Il 19 agosto scorso, il vice-capo del dipartimento informativo del ministero russo per la protezione civile, Artem Šarov, aveva reso noto che sono circa 121mila gli evacuati da vari punti della regione, e l’11 settembre il governatore Aleksej Smirnov ha dichiarato che il loro numero superava abbondantemente i 150mila. A differenza dagli ucraini del Donbass, questi cittadini della Russia vengono di fatto quasi completamente abbandonati dalle autorità, essendo già problematica la difesa militare della zona.

Sui canali social emerge tutta la frustrazione dei russi pur animati da sentimenti patriottici, come l’utente di Telegram Kira Politaeva, secondo cui “lo Stato può riguadagnare la fiducia del popolo solo se si mette subito a fare il possibile affinchè i nostri cari possano riunirsi con noi”, frasi accompagnate da emoji con la bandiera nazionale russa. Un’altra utente, Aljona, scrive che “verso di noi c’è una grande presa in giro e l’assoluta mancanza di sostegno, bisogna andare sotto l’edificio del comune di Kursk e fare una manifestazione di protesta”.

Tramite l’altro social VKontakte si è formato un “Gruppo di aiuto ai senzatetto e bisognosi di Kursk” per ovviare all’incapacità delle amministrazioni, e la prima raccolta di fondi ha permesso di pagare i funerali della 83enne Vera Zozulina. Smirnov ha annunciato che chi ha perso la casa potrà ricevere una somma tra i 75 e i 150mila rubli (circa 1.500 euro) “a seconda del livello delle perdite”, una promessa decisamente poco confortevole. Altre dichiarazioni dall’alto parlano di aiuti per “costruirsi una nuova casa in altre zone”, riferendosi a territori sotto il controllo delle armate ucraine.

Oltre alla modesta entità delle somme promesse, esiste anche il problema del loro trasferimento ai destinatari, che non avviene prima di 40 giorni dall’assegnazione. Spesso i profughi sono costretti a spostarsi nuovamente per i fragili equilibri del fronte tra una parte e l’altra, cercando di ripararsi in qualche cantina dagli ennesimi assalti aerei. Alla periferia di Kursk si accalcano le code di automobili e fuggitivi a piedi, che trascinano con sé tutto il possibile, mettendo in crisi gli stessi kurjane, gli abitanti del capoluogo.

In città arrivano comunque diversi carichi di aiuti umanitari, e i profughi si prestano come volontari per la distribuzione per ottenere qualche compenso, prima ancora di ottenere la loro razione, anche perché almeno riescono a pernottare nelle tende della Protezione Civile e possono usare le stoviglie per cucinare gli alimenti offerti, che altrimenti rimarrebbero nei sacchi. Tutti sono alla ricerca di modem e router per la connessione internet, anche solo per connettere i figli a qualche lezione scolastica, magari dall’angolo buio di una cantina.

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