I lavoratori migranti cinesi sono 5 milioni di meno: senza lavoro e più vecchi
Nel 2020 sono scesi a 285,6 milioni. Si spostano dalle campagne alle città in cerca d’impiego. La crisi economica ha contribuito al calo. Cresce la quota di popolazione migrante che non è più in età di lavoro. A inizio 2021 si registra una ripresa del loro numero; le prospettive future sono però negative.
Pechino (AsiaNews) – Il numero dei lavoratori migranti cinesi è calato più di cinque milioni nel 2020, un effetto della crisi economica generata dalla pandemia da coronavirus e del costante invecchiamento della popolazione. È il primo calo dal 2008, riporta l’Ufficio nazionale di statistica, che ha calcolato in 285,6 milioni i cittadini che lo scorso anno si sono spostati dalle campagne alle città per motivi di lavoro.
Apparso la prima volta a Wuhan (Hubei) all’inizio del 2020, il Covid-19 ha rallentato la crescita economica della Cina, fermatasi a un +2,3% rispetto all’anno precedente. Minori opportunità d’impiego nella parte orientale del Paese (la più prospera) e le restrizioni ai movimenti hanno trattenuto i migranti interni nei loro luoghi d’origine. La crisi dei settori edilizio, alberghiero e della ristorazione ha contribuito in maniera decisiva alla loro riduzione.
Vi è poi un problema demografico. Il calo dei lavoratori migranti è dovuto anche al fatto che ci sono meno giovani in età di lavoro fra le loro fila. Tra il 2019 e il 2020 l’età media dei migranti interni è passata da 40,8 a 41,4 anni: nel 2008 era 34 anni. Quelli che fra loro hanno tra 16 e 30 anni sono scesi al 22,7%: nel 2019 erano il 25,1%; una decina di anni fa vi rientravano il 42%. Al contrario, dal 2010 al 2020 la quota di popolazione migrante con più di 50 anni è raddoppiata, arrivando al 26,4%.
Secondo il Financial Times, nel 2020 la popolazione cinese è scesa sotto gli 1,4 miliardi: il primo calo registrato da 60 anni. Pubblicato il 27 aprile, il dato si basa su cifre ufficiali di cui il quotidiano britannico sostiene di essere entrato in possesso. Le autorità cinesi hanno smentito, ma esse tardano a rendere pubblico il documento finale: secondo gli esperti per timore dei suoi effetti sull’opinione pubblica. Statistiche regionali hanno già mostrato che le nascite sono in diminuzione e la Banca centrale cinese ha raccomandato all’esecutivo di abbandonare le politiche di controllo delle nascite: senza un’azione di questo tipo il Paese perderà il suo vantaggio economico nei confronti degli Stati Uniti, afferma l’istituto.
Nel primi tre mesi del 2021 il numero di migranti interni è cresciuto del 42%, riflesso del basso livello registrato tra gennaio e marzo del 2020. Secondo diversi osservatori, il rimbalzo non sarà però di lunga durata: l’invecchiamento demografico è ormai una realtà e inciderà sui trasferimenti interni per ragioni di lavoro. Il trend non sarà riscontrabile sul tasso di disoccupazione ufficiale, dato che il governo conteggia solo i lavoratori “urbani”, escludendo quelli migranti che si trasferiscono nelle città senza poter spostare la loro residenza ufficiale.
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