22/09/2022, 10.34
EAU - M. ORIENTE
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I giovani arabi non credono (più) nella democrazia

Lo rivela l’edizione 2022 dell'Arab Youth Survey. Interpellati migliaia di giovani fra i 18 e i 24 anni della regione Mena. Nel 2009 il sistema democratico era prioritario per il 92%. Oggi conta più la stabilità; l’identità religiosa e culturale prevale sulla società globalizzata. La Cina riferimento migliore e più affidabile degli Stati Uniti. Il peso della Primavera araba e delle guerre. 

Dubai (AsiaNews) - La grande maggioranza dei giovani arabi fra i 18 e i 24 anni nella regione del Medio oriente e Nord Africa (Mena) è convinto che la democrazia, come modello di governo, non può funzionare. E che per l’area conta molto di più la “stabilità”, della possibilità di beneficiare di libertà e diritti, almeno come vengono concepiti nelle società occidentali. È quanto emerge dalla 2022 Arab Youth Survey, studio annuale e approfondito che mostra un radicale cambiamento rispetto al passato: nel 2009, infatti, quando ancora non si parlava di primavera araba, di guerra in Siria o Isis, il 92% degli intervistati riteneva “prioritario” vivere in una nazione democratica. 

L’inchiesta elaborata da Asda’a Bcw, agenzia con sede a Dubai (Emirati Arabi Uniti), oltre 200 dipendenti e uffici sparsi in 15 nazioni, delinea con cadenza annuale l’evoluzione delle società della regione mediorientale e nord-africana, con una particolare attenzione ai giovani. Per l’edizione 2022 sono stati interpellati 3.400 giovani, uomini e donne, in rappresentanza di tutti i Paesi dell’area. Il 64% concorda sul fatto che la democrazia è “incompatibile” con la regione; il dato sale al 72% se si prendono in considerazione nazioni come Libano, Palestina, Siria e Iraq segnate da conflitti e polarizzazioni fra schieramenti politici, mentre scende al 52% per il Golfo. 

La grande maggioranza dei giovani arabi, pari all’82% dei rispondenti, afferma che lavorare per la stabilità nel proprio Paese è più importante che battersi per promuovere la democrazia. Natasha Ridge, direttore esecutivo della Sheikh Saud bin Saqr Al Qasimi Foundation for Policy Research, parla di risultato “logico” considerando ciò che hanno vissuto i giovani di questi Paesi. “Posso capire benissimo - aggiunge la studiosa - che i giovani preferiscano un regime stabile” più di una traballante democrazia, visti anche i tentativi infruttuosi e i conflitti innescati in Iraq, Egitto e Siria. “Quando sentono la parola democrazia - conclude - questa è la loro associazione di idee”. 

Tornando alla ricerca, quasi i due terzi (65%) ritiene che preservare l’identità religiosa e culturale è più importante che creare una società globalizzata, dato che sale al 75% nel Golfo. Il 35% considera il costo crescente della vita e la disoccupazione i maggiori ostacoli che deve affrontare la regione, mentre la causa palestinese e l’occupazione israeliana viene percepita come prioritaria solo dal 29% dei giovani interpellati. Il 31% imputa alla Nato e agli Stati Uniti la responsabilità per la guerra in Ucraina (e scagiona la Russia), mentre il 37% non sa cosa rispondere.

Più della metà (57%) afferma che gli Emirati Arabi Uniti sono il Paese in cui vorrebbero vivere, posizionandoli in vetta alla classifica per l’undicesimo anno consecutivo. Negli ultimi cinque anni, la Cina è vista dai giovani arabi come alleato più forte e maggiormente strategico degli Stati Uniti (78% delle preferenze). Va però notato che, pur a fronte di una percezione negativa del modello democratico, almeno il 63% dei rispondenti afferma di beneficiare di maggiori diritti e libertà in seguito alle rivolte e alle proteste di piazza di questi anni. Anche nel Golfo il 68% dei giovani ritiene di “godere di maggiori diritti” rispetto al 2010. 

Guardando al futuro, emerge un cauto (e molto variabile) ottimismo: il 54% è sicuro che avrà una vita migliore dei genitori, il dato più elevato registrato negli ultimi anni. Tuttavia, se fra i Paesi del Golfo arriva a toccare il 72%, considerando le nazioni del Levante scende a un misero 47%. 

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