I giorni della resa dei conti in Georgia
Il 29 dicembre scade il mandato della presidente Salome Zurabišvili che sostiene le proteste popolari che continuano da tre settimane contro i brogli nelle elezioni vinte dal Sogno Georgiano, che ha "congelato" il progetto di integrazione europea. Chiede entro quella data la convocazione di nuove elezioni, mentre il premier Iraklij Kobakhidze minaccia di aprire una procedura penale nei suoi confronti.
Tbilisi (AsiaNews) - Il 29 dicembre, quasi alla vigilia del nuovo anno, la presidente uscente della Georgia, Salome Zurabišvili, conclude il suo mandato e dovrebbe consegnare il palazzo Orbeliani di Tbilisi al suo successore Mikhail Kavelašvili, l’ex-calciatore eletto dal comitato controllato dal partito del Sogno Georgiano. Ritenendo invece illegittima la sua nomina e i risultati delle elezioni politiche, Zurabišvili ha chiesto al governo per quella data l’indizione di nuove elezioni, dichiarandolo davanti ai manifestanti che continuano a riempire le piazze della capitale.
Nel suo intervento la presidente ha affermato che “le proteste passano ad una nuova fase”, e che la crisi politica del Paese si potrà risolvere solo tornando a dare la parola al popolo senza imbrogli e falsificazioni. Il primo ministro Iraklij Kobakhidze ha minacciato Zurabišvili di aprire una procedura penale nei suoi confronti, per abuso di potere nell’annuncio di nuove elezioni e nel rifiuto di lasciare il palazzo presidenziale. Egli ha aggiunto che “nessuno vuole mandare in prigione la 72enne presidente”, e confida quindi nel suo “buon senso”, ma lei stessa ha risposto di “non avere timore di finire dietro le sbarre”, senza chiarire che cosa esattamente intende fare se il governo non darà retta ai suoi appelli.
Le proteste contro le dichiarazioni dei rappresentanti del regime al potere di “congelare l’integrazione europea” proseguono ininterrottamente da oltre tre settimane. Nei primi giorni vi sono state repressioni da parte delle forze dell’ordine che hanno disperso i dimostranti, con centinaia di arresti e di feriti, ma in seguito le azioni di forza si sono allentate sempre di più, le manifestazioni sono diventate meno intense e numerose, e tuttavia sul centrale prospekt Rustaveli si radunano ogni giorno centinaia e anche migliaia di persone. L’unica azione di disturbo al momento dell’intervento della Zurabišvili è stata la manomissione dell’impianto audio, cercando di rendere impossibile l’ascolto delle sue parole.
Contro la presidente si è espressa anche la ministra degli esteri, Maka Bočorišvili, affermando che “la sua pretesa di nuove elezioni è priva di qualsiasi legittimazione e fondamento”, e che “a Salome Zurabišvili non interessano le basi legali e costituzionali, quando si tratta di agire contro gli interessi del proprio popolo”. La presidente ha risposto invitandola al palazzo Orbeliani insieme al patrono del Sogno Georgiano, l’oligarca Bidzina Ivanišvili, e “a tutti coloro a cui interessa che ci sia un futuro positivo per la Georgia”.
La stessa Zurabišvili ha reso nota la decisione del Consiglio europeo di revocare il regime dei visti d’ingresso per i georgiani in possesso di passaporto diplomatico, una limitazione “che non riguarda tutti gli altri cittadini della Georgia”. Anche gli Stati Uniti allungano la lista delle persone sanzionate, includendo il ministro georgiano degli interni, Vakhtang Gomelauri, e diversi rappresentanti delle strutture di forza pubblica, suscitando le proteste del Sogno Georgiano che grida al “complotto mondiale”, attendendo un rilassamento delle relazioni dopo l’inaugurazione della presidenza di Donald Trump.
Nel timore sempre più acuto di una possibile guerra civile, molti guardano alla Chiesa ortodossa georgiana, che funse da mediatrice negli scontri tra le diverse fazioni agli inizi degli anni ’90. Il quasi 92enne patriarca Ilja II aveva invitato tutti i sacerdoti prima delle elezioni ad “astenersi da qualunque dichiarazione legata alla politica”, cercando di mantenere un’assoluta neutralità, ma le posizioni di diverse ecclesiastici tendono chiaramente verso il regime al potere, soprattutto nella “lotta all’ideologia Lgbt” e nella resistenza all’integrazione europea. Ora il patriarca ha invitato tutte le parti “a raggiungere un dialogo costruttivo, per evitare i processi incontrollabili nella società”, e congratulandosi con i vincitori delle elezioni ha invitato tutti, anche le opposizioni, a “realizzare un’autentica sinergia per il bene del Paese”. Alcuni manifestanti espongono cartelli provocatori, che invitano il patriarca a presentarsi in piazza per affermare la propria autorità morale di fronte ai “prevaricatori della volontà del popolo”, ma Ilja II ha risposto che “bisogna affidarsi alla volontà di Dio”.
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