I cristiani libanesi, gli equilibri di potere e la guerra dei numeri sull’esodo
In questo mese di marzo il premier uscente Mikati è atteso in Vaticano per incontrare papa Francesco. Oggi l’emigrazione dei giovani è “all’80% musulmana”. L’ultimo censimento nazionale risale al 1932 ed è ormai superato. La guerra dei numeri per una rappresentatività che ha superato da tempo l’equilibrio islamo-cristiano.
Beirut (AsiaNews) - Qual è la percentuale dei libanesi di confessione cristiana, in rapporto al totale della popolazione del Libano? Sono solo il 19,2%, come ha affermato di recente il primo ministro dimissionario Nagib Mikati, durante una intervista concessa a una televisione locale? Sono il 34,42% come ha rettificato una fonte vicina al patriarcato maronita? O forse il 42%, come assicura Boutros Labaki, un economista e statistico di rinomata fama, insieme ad altri esperti?
Il dibattito su questo argomento, che è materia sensibile, è stato rilanciato da Mikati che ha avanzato il dato del 19,2% in merito alla popolazione cristiana e che nessuno ha potuto verificare per stabilire la fonte o la credibilità. Il portavoce Farès Gemayel ha precisato che il primo ministro “non vuole rivelare i nomi degli autori del rapporto che riporta questa cifra”. Al tempo stesso Mikati ha aggiunto di essere preoccupato per un dato che è esso stesso rivelatore di un calo del numero dei cristiani in Libano e di un fenomeno più complessivo che non colpisce solo il Paese dei cedri ma tutto il mondo arabo. Anche di questo egli intende parlarne con papa Francesco, durante una visita in Vaticano che dovrebbe svolgersi entro fine mese, sebbene non vi sia ancora una data ufficiale.
Come è possibile immaginare, il dato annunciato da Mikati ha contribuito a creare uno smottamento nell’opinione pubblica e fra i vertici libanesi. Il patriarcato maronita l’ha subito corretto, precisando che alle ultime elezioni politiche (maggio 2022), l’elettorato cristiano nelle liste - che comprendevano tutte le confessioni presenti nel Paese - costituiva il 34,42% del totale dei votanti, contro il 65,5% delle comunità musulmana e drusa. In mancanza di un censimento effettuato con tutti i crismi, l’attinenza alle liste elettorali resta il metodo migliore per valutare il numero complessivo dei libanesi e la loro ripartizione in termini confessionali. Il tutto, tenendo pur sempre presente che questo dato resta approssimativo in mancanza di un processo efficace di digitalizzazione e di un aggiornamento dei registri dello stato civile.
A dispetto delle cifre allarmistiche avanzate in fretta e furia e con una certa dose di improvvisazione a favore di telecamera, vi è chi sceglie un approccio più equilibrato e razionale. Boutros Labaki, economista e docente universitario, già vice presidente del Consiglio per lo sviluppo e la ricostruzione, insieme ad altri esperti, assicura che il dato di Mikati è solo “una operazione mediatica”. Al contrario, il professore assicura che “lo squilibrio demografico fra cristiani e musulmani si sta riducendo” e che i cristiani stessi rappresentano oggi quasi il 43% del totale della popolazione residente. Per questione di completezza, dobbiamo qui ricordare che la popolazione cristiana e musulmana si equivalevano alla metà del secolo scorso.
L’economista assicura che l’emigrazione dei giovani libanesi, al momento, è “all’80% musulmana”. Fondandosi su uno studio che risale al 2012, Labaky sostiene che questo fenomeno “è in atto da almeno una ventina di anni” e ha diverse cause: l’aumento dei livelli di istruzione e di padronanza delle lingue straniere nelle comunità musulmane; lo sviluppo di reti nei Paesi di emigrazione (riunificazione degli emigrati dello stesso villaggio nello stesso Paese di emigrazione); lo sviluppo delle comunicazioni.
Inoltre, aggiunge l’economista, altri fattori hanno pesato nel processo di accelerazione dell’emigrazione. Fra questi cita la minaccia israeliana per gli abitanti del Libano sud; la lotta alle coltivazioni illegali nella Bekaa; la guerra in Siria per il Nord. Ciononostante, se nel bel mezzo della crisi presidenziale è riemersa la questione del rispettivo peso demografico delle comunità libanesi, essa resta pur sempre senza risposta in un Paese le cui istituzioni si basano su una ripartizione delle massime cariche istituzionali tra le varie componenti. E dove, di conseguenza, il rapporto numerico tra cristiani e musulmani è assimilato a un “segreto di Stato”. Il tutto, ben sapendo che l‘ultimo censimento nazionale in Libano risale al... 1932.
22/03/2023 09:13
17/03/2023 10:51