I cattolici vietnamiti vogliono partecipare a pieno titolo allo sviluppo della società
di J.B. Vu
Il cardinale Pham Minh Man evidenzia come lo sviluppo economico successivo alla scelta per il libero mercato, anche per l’arroganza dei potenti e la mancanza di preparazione, abbia prodotto conseguenze negative, dall’esodo di milioni di famiglie al crollo dei valori morali tradizionali.
Ho Chi Minh City (AsiaNews) – In Vietnam la “politica sociale” non permette alle religioni di partecipare e contribuire al sistema educativo: per il nord è così dal 1954, per l’intero Paese dal 1975, da quando è controllato dal governo comunista. Possono avere solo asili infantili. Ciò malgrado le famiglie e le parrocchie hanno insegnato ai giovani valori positivi e ideali per la vita delle persone, come la giustizia, l’umanità, la bontà e la verità.
Le loro organizzazioni sociali hanno creato a Ho Chi Minh City numerose “classi di compassione” che cercano fondi per gli studenti poveri, sostenengono i bambini disabili e le attività sociali per quelli che vivono in situazioni particolarmente difficili. Al tempo stesso, le parrocchie hanno numerosi giovani volontari che insegnano catechismo e i cattolici hanno preso parte ad attività sociali e pastorali e a numerosi progetti sociali sostenuti da laici, parrocchie e organizzazioni non governative internazionali. Hanno contribuito così alla missione di amare e servire la società. Con la loro azione pastorale e formativa, le nostre Chiese locali hanno anche ridotto la violenza nelle famiglie.
I credenti ritengono quindi di avere il diritto e la responsabilità di partecipare allo sviluppo delle famiglie, delle comunità e dell’intero Paese, proprio in un momento come l’attuale, quando, come ha detto il cardinale della diocesi di Saigon, Jean Baptiste Pham Minh Man, il positivo sviluppo economico ha avuto tanti effetti sociali negativi. “Fin dal 1975 – ha osservato – il Vietnam è dovuto uscire dalle conseguenze di lunghi anni di guerra, non solo a livello materiale, ma anche umano: un milione di soldati feriti, due milioni di orfani, più di cinque milioni di persone handicappate e due milioni di vedove. Al tempo stesso, il Vietnam ha tentato di rompere il suo isolamento per tentare di entrare nel mondo globale e avanzare col progresso della società di oggi. Negli ultimi decenni, con il passaggio dall’economia pianificata a quella di mercato, la vita economica si è sviluppata. Questo sviluppo, però, manca di uguaglianza, integralità e stabilità. Questo tipo di sviluppo – autocrazia più arrogante insieme a mancanza di esperienza e di preparazione valida – ha provocato numerosi effetti negativi sulla società: l’esodo della migrazione interna di milioni di famiglie e di giovani, il crescente divario tra ricco e povero, l’acuto declino della moralità, un modello di vita edonistico e individualistico, tutti i tipi di mali sociali come menzogna, corruzione, violenza, aborto, divorzio, prostituzione, traffico di donne e bambini, droga e diffusione di Aids. Tutte queste conseguenze negative hanno stravolto i valori basilari e le tradizioni morali della vita familiare e nazionale. Al tempo stesso hanno contribuito a creare una cultura della morte contro la cultura della vita e della civiltà dell’amore, che è la giusta via che ci dà vita abbondante e felicità durevole”.
“Per moviti storici e idelogici – prosegue il cardinale – nei passati decenni le autorità vietnamite hanno avuto un atteggiamento negativo verso le religioni in generale, con difficoltà e restrizioni alle loro attività. Dal momento del passaggio all’economia di mercato, la situazione è molto migliorata. La Chiesa cattolica non è vista più come una forza antagonista del governo comunista, ma come un collaboratore per la costruzione e lo sviluppo del Paese. L’incontro del 25 gennaio 2007 tra il primo ministro e il Papa è un segno che annuncia buone nuove: Vietnam e Vaticano camminano sulla stessa via di dialogo, entrambi esprimono la loro buona volontà di servire la vita e la dignità del popolo vietnamita e del popolo di Dio in Vietnam. Ma ci sono ancora vari tipi di restrizioni, in particolare per il coinvolgimento della Chiesa in settori sociali, come l’educazione e la salute”.
“La dottrina sociale cattolica – ha indicato il porporato alla popolazione dell’arcidiocesi – evidenzia i valori che permettono la fondazione di una nuova comunità umana, come la verità e la giustizia, la fratellanza e la solidarietà, la carità e la pace nella nostra Chiesa locale. Questi valori debbono essere il parametro per una formazione integrale della persona in tutti I campi della vita: famiglia, scuola e società. Senza una formazione integrale, la coscienza morale si travierà. La persona, inoltre, che con i suoi diritti fondamentali e la sua dignità deve essere il fine di uno sviluppo autentico e integrale, potrebbe essere trasformata in mezzo per la produzione materiale e le ambizioni egoistiche dei potenti e dei ricchi”.
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