Hong Kong: Lai e altri democratici imprigionati ancora in attesa di processo
Sono 1.121 i prigionieri politici nell’ex colonia britannica. Il procedimento contro il magnate cattolico dei media si aprirà il primo dicembre. Processo in corso per Albert Ho e Lee Cheuk-yan. Per il giurista Benny Tai non vi è una data precisa. Nuovo rinvio di quello al card. Joseph Zen.
Hong Kong (AsiaNews) – Sono 1.121 i prigionieri politici nell’ex colonia britannica, dato aggiornato al 29 agosto dall’Hong Kong Democracy Council. Tra loro figurano leader di ong, sindacati e gruppi di protesta, oltre a giornalisti, attivisti, insegnanti, docenti, studenti, politici di opposizione e avvocati.
Molti di loro sono personaggi noti del fronte democratico, come il magnate cattolico dei media Jimmy Lai. Già condannato per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate, il fondatore del quotidiano indipendente Apple Daily (chiuso da tempo) sarà a giudizio dal primo dicembre per la ben più grave accusa di minaccia alla sicurezza nazionale.
Insieme ad altri attivisti e collaboratori, Lai è accusato di “collusione con forze straniere”, reato previsto dalla draconiana legge sulla sicurezza imposta da Pechino nel 2020. Il processo all’Alta corte dovrebbe durare più di 30 giorni: il tycoon democratico rischia l’ergastolo.
Più di 1.000 cittadini sono sotto processo con accuse di natura politica. Molti sono già in carcere, e la maggior parte è incriminata per minacce alla sicurezza nazionale, sedizione e tumulti.
Sono sotto processo tre ex leader della Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements of China, che il 4 giugno di ogni anno organizzava la tradizionale veglia in ricordo del massacro di Tiananmen del 1989: il gruppo si è sciolto un anno fa dopo l’apertura di una indagine nei suoi confronti. L’imputazione per Albert Ho, Lee Cheuk-yan e Chow Hang-tung è di “incitamento alla sovversione” in base alla legge sulla sicurezza. Arrestati nel settembre 2021, Ho è libero su cauzione, mentre Lee e Chow sono in custodia cautelare.
Rimangono ancora in carcere e in attesa di conoscere la data di inizio del processo, 34 dei 47 esponenti democratici arrestati lo scorso anno per aver organizzato elezioni primarie per il rinnovo del Legco (il Parlamento cittadino) previste in origine a settembre 2020. Almeno 29 di loro sono pronti a dichiararsi colpevoli del reato di sovversione, tra cui il giurista Benny Tai, uno dei leader del movimento Occupy Central del 2014, e il noto attivista pro-democrazia Joshua Wong: entrambi sono già in prigione.
Il giro di vite imposto dalle autorità cittadine dopo le manifestazioni del 2019, soprattutto con l’adozione nel 2020 della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, ha nei fatti limitato, sospeso o cancellato i diritti di riunione, associazione, espressione e partecipazione politica.
Non vengono risparmiate nemmeno figure come il card. Joseph Zen Ze-kiun, accusato assieme ad altri cinque esponenti filo-democratici di non aver registrato in modo corretto un fondo umanitario di cui erano amministratori fiduciari. Il processo doveva aprirsi ieri alla Corte di West Kowloon, posticipato di due giorni per la positività al Covid-19 della titolare del procedimento, la giudice Ada Yim Shun-yee. Nella lista delle cause giornaliere del tribunale in questione, non risultano però udienze con il card. Zen il 21 settembre, e neanche oggi e domani.
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