Hong Kong festeggia il 1° Maggio denunciando le torture dei laogai (i video)
Hong Kong (AsiaNews) - Mentre in Cina le autorità dibattono sull'eliminazione del laojiao, il sistema di "rieducazione tramite il lavoro" all'interno di lager di Stato, due coraggiosi documentari proiettati oggi a Hong Kong e Taipei dimostrano le brutalità che subivano i bambini rinchiusi negli anni '60 e quelle cui sono sottoposte ancora oggi le detenute dei campi di lavoro femminile.
Gli esperti di diritto cinese e gli attivisti per i diritti umani cercano da anni di fermare la pratica del laojiao, considerata "arbitraria" e "anticostituzionale". Negli ultimi mesi, il governo si è mosso in direzioni diverse sull'argomento: da una parte ha annunciato la chiusura di "alcuni" campi in due province, dall'altra ha fatto marcia indietro e ha parlato di "riforma" del sistema.
Il primo film - premiato alla libreria 1908 di Hong Kong e al Cafe Philo di Taipei - è girato da Xie Yihui e si intitola Juvenile Labourers Confined in Dabao [qui puoi vedere il trailer del film]. È la storia dei "figli di Dabao", campo nel Sichuan dove morirono almeno 2.600 bambini negli anni precedenti alla Rivoluzione culturale, costretti a lavorare per "rieducarsi".
I campi di "rieducazione tramite il lavoro" e i "centri educativi" per i minori sono stati introdotti in Cina alla fine degli anni '50 sul modello di quelli sovietici, dove venivano rinchiusi i giovani delinquenti e i ragazzi di strada. Alcuni dei detenuti erano in effetti colpevoli di piccoli crimini, ma la stragrande maggioranza dei ragazzi erano stati mandati lì dai genitori, convinti che il governo li avrebbe nutriti ed educati.
Secondo diversi testimoni, nel campo di Dabao sono passati circa 6mila bambini dai 9 anni in su. Il lager è stato aperto dal 1957 al 1962. Diversi sopravvissuti - oggi tutti intorno ai 60 anni - ricordano come erano costretti a lavorare trasportando tronchi, zappando i terreni e piantando cereali. I "supervisori" erano tutti armati di frusta.
Negli anni peggiori della Grande carestia (1958-1961, il periodo successivo al Grande balzo in avanti imposto da Mao che ha creato un disastro economico senza precedenti), i piccoli detenuti erano costretti a mangiare quello che riuscivano a trovare: topi, vermi e piante velenose. A causa di questa dieta moltissimi sono morti per malnutrizione, mentre altri hanno contratto infezioni da parassiti che li hanno uccisi nel tempo.
Un altro film, presentato sempre oggi nel Territorio, racconta invece le crudeltà e le torture che vengono applicate ancora oggi all'interno dei campi di lavoro femminili. "Above the Ghosts' Heads: The Women of Masanjia Labour Camp" parla di Masanjia (nel Liaoning), uno dei 300 luoghi di detenzione cinese dove la polizia ha il diritto di imprigionare chiunque per un massimo di 4 anni senza alcuna forma di processo [qui puoi vedere il trailer del film]. Il film è stato girato da Du Bin, fotografo freelance.
Liu Hua, ex detenuta rilasciata in ottobre, racconta: "La rieducazione tramite il lavoro è il sistema più malvagio che esista sulla terra. E il campo di Masanjia è il peggiore in assoluto. In quel posto siamo divenute schiave in ostaggio di questa malvagità". Nel documentario, le sopravvissute al campo raccontano delle torture subite: pestaggi, pratiche sessuali umilianti e torture fisiche e mentali. Che il campo sia uno dei peggiori di tutta la Cina era stato denunciato anche dal Chinese Human Rights Defender.
Du e Xie sperano che i loro documentari possano accelerare il processo di eliminazione del laojiao. Per Du "nei campi le autorità non trattano i detenuti come esseri umani. Tutto quello che vogliamo dire è che queste persone non sono animali: non si può umiliare un uomo o una donna in questo modo". Xie spera invece che il suo film venga visto dalle autorità cinesi: "Così potranno capire quali conseguenze hanno questi trattamenti sulle persone che li subiscono".