Hong Kong, la polizia sgombera Mong Kok. Attesa e dubbi sui dialoghi col governo
Hong Kong (AsiaNews) - Con un'azione lanciata alle prime luci dell'alba, la polizia di Hong Kong ha rimosso le barricate e riaperto una parte delle strade del distretto centrale di Mong Kok, una delle roccaforti della protesta degli studenti e degli attivisti di Occupy Central contro il governo del Territorio. Anche se di base l'operazione è stata pacifica, non sono mancati momenti di altissima tensione: gli agenti hanno usato spray urticante e formato cordoni umani per tenere lontani i gruppi di manifestanti, consentendo ai mezzi pesanti di rimuovere i blocchi stradali. Al momento, l'ultima parte del quartiere rimasta bloccata è la carreggiata verso sud di Nathan Road, occupata da decine di studenti e dimostranti.
Candy Chan, 38 anni, vende oggetti di elettronica e fa parte del gruppo di manifestanti dal 29 settembre scorso: "Sono qui e intendo rimanere qui per proteggere coloro che verranno dopo di me. Voglio combattere per i miei figli, voglio che possano godere di vera democrazia. Io sto diventando vecchia, quindi non conto". A Central, distretto finanziario e cuore di Hong Kong, rimangono circa 30 persone e 25 tende nell'area di Causeway Bay. I dimostranti sono tuttavia molto pacifici, e secondo Angel Szeto "se la polizia verrà a sgombrarci, chiederò soltanto il tempo di impacchettare le mie cose".
Da quasi tre settimane il movimento democratico di Occupy Central blocca alcune strade centrali esigendo piena democrazia per il Territorio. Pechino, che nel 2004 aveva promesso elezioni democratiche entro il 2017, alla fine di agosto ha stabilito (attraverso l'Assemblea nazionale del popolo, Anp) che tutta la popolazione di Hong Kong potrà votare per il nuovo governatore, ma mantenendo il sistema dei gruppi elettorali che di fatto sono controllati dai pro-Pechino. Inoltre, il governo centrale si è riservato la scelta e il numero dei candidati da votare.
Il lungo sit-in di studenti e gruppi pro-democratici tende proprio a scalzare queste condizioni imposte dalla Cina, domandando anche le dimissioni di Leung Chun-ying, l'attuale Capo dell'esecutivo, che è stato incapace a rappresentare i desideri del territorio di fronte a Pechino. Lo stesso Leung ieri ha annunciato la volontà del suo governo di aprire un canale di dialogo con i manifestanti, ma ha sottolineato che le richieste di una riforma politica democratica non saranno mai accettate.
La Federazione degli studenti e il gruppo Scholarism, che hanno animato lo sciopero delle lezioni e le manifestazioni di piazza, devono ancora confermare la propria volontà di partecipare a questi dialoghi dopo lo sgombero di Mong Kok. Il primo round di colloqui era stato infatti annullato lo scorso 9 ottobre dopo le violenze della polizia contro i manifestanti e l'appello di questi ultimi a "occupare ogni millimetro di Hong Kong".
Al momento la situazione sembra più pacata. Andy Fong, uno studente fino a oggi per le strade, dice: "Dobbiamo discutere, e qualcuno deve rappresentarci al tavolo. Che siano studenti o altro non importa. Io non rimarrò se la polizia sgombera, non voglio essere arrestato". Alex Chow, Segretario generale della Federazione, ha spiegato: "Siamo desiderosi di trattare, ma il governo non dovrebbe dire che vogliono il dialogo e nello stesso tempo che vogliono allontanarci dalle strade. Non so quale trucco vogliano usare, ma non abbiamo paura e continueremo a lottare per la democrazia".
Lee Cheuk-yan, presidente del Labour Party e deputato democratico di lungo corso, esprime però molte riserve sul contenuto di questi dialoghi: "Parlare non ha senso, se non si è pronti a fare concessioni. E al momento il governo centrale di Pechino e quello locale di Hong Kong non sembrano essere pronti a fare concessioni".