Hong Kong, il "manuale della disobbedienza" di Occupy: Non provocate le autorità
Hong Kong (AsiaNews) - Per preparare al meglio il grande "banchetto della democrazia" del prossimo primo ottobre, il movimento democratico Occupy Central ha pubblicato un "manuale della disobbedienza". Nel testo, di otto pagine, sono contenute le regole da seguire per chi vuole partecipare alle forme di protesta pacifica nel Territorio, tese a ottenere dal governo centrale cinese una vera democrazia per Hong Kong. Fra le norme vi è la proibizione di indossare maschere o di portare "qualunque oggetto che possa sembrare un'arma. Non bisogna provocare le autorità".
Gli organizzatori del movimento sperano nella partecipazione di "decine di migliaia di persone" all'appuntamento dell'1 ottobre: la data scelta per il sit-in di protesta non è casuale, dato che è l'anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Il gruppo ha chiesto il permesso di poter occupare il Chater Garden, nel cuore del distretto finanziario della città. Fra le norme del "manuale" anche l'invito a portare "cibo e vestiti per resistere anche due giorni all'aperto". Le proteste "continueranno a oltranza", spiegano gli organizzatori, almeno "fino a che la Cina continentale non concederà vera democrazia ritirando la proposta avanzata alla fine di agosto per le elezioni del 2017".
Per cercare di frenare queste attività, e radunare informazioni utili per l'identificazione dei leader democratici, il governo centrale sta pensando di inviare "centinaia di osservatori" da Shenzhen per "monitorare la situazione e consigliare il governo locale su come rispondere". La mossa è stata già adottata dalla Cina continentale in occasione della grande marcia dell'1 luglio 2003, quando più di mezzo milione di cittadini di Hong Kong scese in piazza contro la legge sulla sicurezza nazionale proposta dal Partito comunista.
Questi osservatori, denunciano gli attivisti di Occupy, "non sono altro che spie". Il loro scopo reale è quello di registrare e "radunare prove" per vendicarsi in un secondo momento di coloro che hanno osato sfidare il governo centrale. Johnny Lau Yui-siu, grande conoscitore del mondo cinese, ritiene che l'invio di alti funzionari a Shenzhen "non farà altro che mettere pressione su quelli di medio e basso livello, che saranno ancora più decisi nel seguire le istruzioni dall'alto".
Il comportamento di Pechino sta allontanando anche Taiwan dalla propria sfera di influenza. Dopo decenni di aperte ostilità, i due governi hanno iniziato negli ultimi tempi un percorso di riavvicinamento improntato per ora sui rapporti commerciali. Lo scopo, anche se non dichiarato in maniera aperta, è quello di trovare un accordo politico che riporti Taipei sotto il controllo della madrepatria. Lo "schema Hong Kong" era stato più volte citato anche da alcuni funzionari del Kuomintang - il partito nazionalista al potere a Taiwan - come "possibilità per il futuro". Ora però le cose stanno cambiando.
Morris Huang, figlio di genitori scappati dal Guangdong dopo la fine della guerra civile (1949), dice: "Un tempo credevo che un rapporto più stretto con la Cina avrebbe portato benefici per Taiwan. Ma ora vedo che dopo soli 17 anni Pechino ha già infranto le promesse fatte all'ex colonia. Tutte le mie speranze di libertà sotto il governo cinese sono sparite. Possiamo fidarci ancora di queste persone?".
Chen Wei-ting, uno dei leader del "movimento dei girasoli" che ha costretto il governo taiwanese a fare marcia indietro sugli accordi commerciali con la Cina, aggiunge: "Abbiamo davanti agli occhi il fatto che il cosiddetto schema 'una nazione, due sistemi' non è altro che un cumulo di bugie". Per Wang Dan, un tempo ai vertici del movimento giovanile schiacciato in piazza Tiananmen nel giugno del 1989, "una volta che le proteste di Hong Kong saranno finite, Pechino potrà concentrarsi su Taiwan".
24/04/2019 08:48