Hong Kong, Pechino spinge sempre più verso ‘un Paese, un sistema’
Per Chris Patten, “Pechino vuole strozzare Hong Kong”. Luo Huining, spesso definito “un uomo di Xi Jinping”, vuole estromettere l’opposizione dal parlamento. Giudici denunciano le pressioni di Pechino, che vuole preservare il potere “al partito unico”. La confusione nel governo di Hong Kong, che finisce per allinearsi dietro a Luo Huining.
Hong Kong (AsiaNews) – Con l’arresto di 15 personalità democratiche e con la rivendicazione che l’Ufficio di rapporto fra Hong Kong e Cina (Liaison Group) non è tenuto a rispettare l’autonomia del territorio, si è forse concluso il tanto conclamato esperimento espresso nello slogan “un Paese, due sistemi”. È quanto dicono diverse personalità nella comunità internazionale a commento degli arresti avvenuti due giorni fa. Chris Patten, ultimo governatore britannico di Hong Kong, ha detto che “giorno dopo giorno, … si vede che Pechino vuole strozzare Hong Kong”.
Gli arresti sono soltanto l’ultima mossa in ordine di tempo di una settimana che ha visto un’escalation di rivendicazione di potere da parte del Liaison Group, guidato da Luo Huining, spesso definito “un uomo di Xi Jinping” (v. foto).
La prima mossa di escalation è avvenuta il 14 aprile scorso: il Liaison Office, insieme all’Ufficio per gli affari di Hong Kong e Macao hanno lanciato un attacco pesante contro i parlamentari dell’opposizione di fare un “ostruzionismo dannoso” nell’opera del parlamento. L’accusa è molto grave perché in tal modo sarebbe possibile dimettere l’opposizione dal Legco.
Sempre il 14, citando tre giudici di Hong Kong che hanno scelto l’anonimato, l’agenzia Reuters racconta delle minacce di Pechino all’indipendenza del potere giudiziario e dello stato di diritto, con membri del Partito comunista cinese che esigono che “lo stato di diritto deve essere uno strumento per preservare il regime a partito unico”. Per questo si esige dai giudici che non assolvano nessun manifestante del movimento democratico arrestato in questi mesi.
Il 15 aprile, Luo Huining ha spinto il governo di Hong Kong a dotarsi di una legge sulla sicurezza nazionale, dato che forze straniere hanno “profondamente interferito” negli affari della città. Va detto che tutte le richieste di democrazia che la popolazione di Hong Kong ha espresso in questi anni sono stati sempre visti da Pechino come una manipolazione ad opera di “forze straniere”.
Carrie Lam, il capo dell’esecutivo di Hong Kong e diversi parlamentari por-Pechino si sono subito detti d’accordo, riproponendo una legge sulla sicurezza (art. 23) che nel 2003 la popolazione di Hong Kong rifiutò.
Il 17 aprile, il Liaison Office ha dichiarato che esso non era sottoposto all’art.22 della Basic Law, che proibisce ai “dipartimenti del governo centrale” [di Pechino] di interferire negli affari interni di Hong Kong, perché esso – insieme all’Ufficio per i rapporti con Hong Kong e Macao – sono appunto “uffici” voluti da Pechino per Hong Kong e non “dipartimenti del governo centrale”. Per questo essi hanno il diritto di osservare e commentare sugli affari interni del territorio.
Il 18 aprile, il governo di Hong Kong ha difeso i due Uffici, dicendo che essi erano in accordo con l’articolo 22. Ma in seguito ha emesso una dichiarazione in cui cambiava versione e cancellava ogni riferimento all’articolo 22. Il giorno dopo, ieri, ha diffuso un’altra dichiarazione in cui ripete a pappagallo la versione del Liaison Office. Ma intanto i media locali hanno portato alla luce un documento del 2007 in cui si afferma che il Liaison Office era stato costituito sotto l’articolo 22.
Martin Lee, uno degli arrestati di due giorni fa ha messo in chiaro che Pechino “sta ricorrendo ad ogni trucco” per ritardare la piena democrazia ad Hong Kong, iscritta nella Basic Law [la costituzione di Hong Kong, oltre che nella Joint Declaration firmata da Gran Bretagna e Cina] e promessa entro 10 anni dal ritorno del territorio alla madrepatria.
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