He Weifang: ‘La censura del governo di Pechino ha favorito la diffusione del coronavirus’
Il noto giurista critica su WeChat il deficit di informazione nella gestione della crisi epidemica: “Senza una stampa libera, il popolo vivrà nella sofferenza e il governo nella menzogna”. Sostenitore di Liu Xiaobo e di Carta 08, He invoca la creazione di uno Stato di diritto in Cina.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – He Weifang, docente di diritto alla Beijing University, attacca il governo per la gestione dell’epidemia di coronavirus (Covid-19). “L’assenza in Cina di libertà di parola e di espressione ha favorito il diffondersi dell’infezione polmonare”, il giurista scrive in un messaggio postato lunedì, 17 febbraio, su WeChat, il popolare sito di messaggistica cinese.
He sostiene che gli errori del governo, in particolare le limitazioni imposte alla circolazione delle informazioni, hanno amplificato la crisi epidemica: la dimostrazione che la Cina necessita di libertà di stampa per poter affrontare le emergenze. “Spero che il pesante prezzo pagato per l’epidemia farà comprendere alle autorità che senza una stampa libera il popolo vivrà nella sofferenza e il governo nella menzogna”, scrive nel suo post.
Il docente critica con forza il presidente Xi Jinping, colpevole di aver annunciato con ritardo il diffondersi del virus di Wuhan. Un discorso di Xi datato 3 febbraio, e riportato da diversi media di Stato, indica che lui fosse a conoscenza dell’epidemia già dai primi di gennaio, quando ordinò un primo intervento per contrastarla.
In passato, He ha perso la sua cattedra universitaria per aver appoggiato il noto dissidente, e premio Nobel per la pace, Liu Xiaobo. Il professore fu tra coloro che aderirono a Carta 08, un documento redatto nel dicembre 2008 da alcuni intellettuali – tra cui Liu – che chiedeva maggiore democrazia e rispetto dei diritti umani, e per questo censurato dalla leadership di Pechino. Suo fratello minore He Weitong, anch’egli un esperto di diritto, era stato arrestato lo scorso novembre per aver pubblicato su WeChat un video dello Stato islamico come forma di protesta per la visita a Pechino di alcuni esponenti talebani.
Libertà di stampa, indipendenza della magistratura, diritti umani, tutele sindacali e delle organizzazioni sociali sono al centro delle richieste di He per la creazione di uno Stato di diritto in Cina.
Critico del sistema giudiziario del proprio Paese, considerato troppo centralizzato e subordinato al potere del Partito comunista, He ha scritto ad agosto sul South China Morning Post che “se la Cina avesse un potere giudiziario imparziale, il popolo di Hong Kong non protesterebbe contro la legge sull’estradizione [voluta dalle autorità cittadine]”.
He rimane una delle poche voci apertamente critiche del regime. Le sue parole riecheggiano quelle di altri due intellettuali. L’avvocato per i diritti umani Xu Zhiyong, anche lui in passato docente alla Beijing University, si è scagliato di recente contro Xi per la sua “incapacità” nel gestire la crisi del coronavirus, la guerra commerciale con gli Usa e le proteste pro-democrazia a Hong Kong. Xu è stato arrestato sabato, 15 febbraio, a Guangzhou (Guandong) nel corso di un “controllo sanitario” per prevenire il diffondersi del coronavirus.
Un altro professore di diritto, Xu Zhangrun, dell’università Qinghua, ha biasimato le autorità per i fallimenti nel contrastare la crisi epidemica. Secondo Xu, l’azione repressiva e tirannica del governo ha provocato ritardi nella risposta, favorendo cosi l’espandersi del Covid-19.
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