Hawaii, Pechino e Washington si parlano, ma il conflitto si aggrava
L’incontro alle Hawaii tra Yang Jiechi e Mike Pompeo è stato “costruttivo” per i cinesi; fredda la risposta degli Usa. L’accordo commerciale di gennaio stenta a decollare e la guerra tecnologica si inasprisce. La Casa Bianca attacca Xi Jinping su Xinjiang, Hong Kong e Taiwan. Due portaerei Usa e un gruppo di sottomarini d’attacco schierati in Asia orientale. Trump potrebbe sfruttare le difficoltà interne ed esterne di Xi nella campagna per le presidenziali.
Roma (AsiaNews) – Per la Cina, l’incontro di ieri alle Hawaii tra il membro del Politburo Yang Yechi e il segretario Usa di Stato Mike Pompeo è stato “costruttivo”. In gergo diplomatico significa che le due parti, alle prese con un conflitto politico ed economico a tutto campo, non hanno raggiunto alcun risultato concreto.
Il freddo commento del Dipartimento di Stato lo testimonia in modo chiaro: “Il segretario [Pompeo] ha evidenziato gli interessi primari degli Stati Uniti e la necessità di mantenere tra i due Paesi rapporti pienamente reciproci attraverso interazioni commerciali, diplomatiche e in ambito di sicurezza”.
Più delle dichiarazioni ufficiali, nel conflitto di potere tra la “decadente” superpotenza Usa e quella “in ascesa” cinese contano i fatti. La “Fase uno” dell’accordo che dovrebbe porre fine alla guerra dei dazi tra Usa e Cina, concordata a gennaio dall’amministrazione Trump e il governo cinese, stenta a decollare. Secondo dati Usa, finora la Cina ha acquistato prodotti e servizi statunitensi per 10 miliardi di dollari: l’impegno di Pechino è di importarne 200 miliardi di dollari nei prossimi due anni.
Nella guerra per la supremazia tecnologica, Trump ha indicato Huawei come “un pericolo per la sicurezza nazionale”, minacciando sanzioni anche alle aziende che fanno affari con il colosso cinese delle telecomunicazioni, leader nello sviluppo delle reti internet 5G.
Ieri il presidente Trump ha controfirmato la legge in base alla quale il Congresso può imporre sanzioni ai funzionari cinesi coinvolti nella gestione dei campi di internamento e rieducazione per gli uiguri, minoranza turcofona e di fede islamica concentrata nel Xinjiang. Nelle stesse ore, Team Telecom, un comitato tecnico del governo Usa, ha dichiarato che la nuova rete internet sottomarina tra Stati Uniti e Asia orientale (Pacific Light Cable Network) non dovrebbe collegarsi con Hong Kong. La raccomandazione si basa su problemi di sicurezza nazionale legati alle attività cinesi di spionaggio, accresciuti dalla volontà di Pechino di imporre sull’ex colonia britannica una draconiana legge sulla sicurezza.
Sul piano militare, il confronto di potenza tra i due Paesi tende a inasprirsi. Washington accusa Pechino di sfruttare la crisi pandemica per occupare altre aree del Mar Cinese meridionale. Negli ultimi anni, la Cina ha militarizzato una serie di isolette e banchi coralliferi nella regione, provocando le proteste di Vietnam, Filippine, Brunei, Malaysia e Taiwan.
Da parte sua, con un editoriale pubblicato il 14 giugno sul proprio sito web, l’Esercito di liberazione del popolo ha attaccato gli Stati Uniti per lo schieramento di tre portaerei nel Pacifico. Due di queste – USS Ronald Reagan e USS Theodore Roosevelt – operano nel versante occidentale dell’oceano, insieme a un gruppo di sottomarini d’attacco. Nel frattempo, navi e aerei da guerra statunitensi continuano a sorvolare il Mar Cinese meridionale, il Mar Cinese orientale e lo stretto di Taiwan, in un evidente tentativo di smontare la retorica di Pechino sul possibile indebolimento delle Forze armate Usa per effetto della pandemia.
In poche parole, la riunione nelle Hawaii dice che Washington e Pechino continueranno a parlarsi, ma entrambe rimarranno sulle loro (distanti) posizioni. La Casa Bianca è all’offensiva nei confronti di Xi Jinping, il cui potere non sembra più così monolitico come un tempo. Da quanto sta emergendo, il leader cinese è contestato dal premier Li Keqiang, fautore di un ritorno alle politiche di apertura economica di Deng Xiaoping e Jiang Zemin per superare gli effetti recessivi del Covid-19.
A livello internazionale, il quadro non è meno complicato per Xi. Truppe indiane e cinesi si confrontano da più di un mese lungo il confine himalayano. In scontri avvenuti il 15 giugno, decine di militari dei due eserciti sono rimaste uccise o ferite. Nel Mar Cinese meridionale, l’Indonesia si è schierata con i Paesi che si oppongono alle rivendicazioni territoriali cinesi, e le Filippine hanno rinnovato il loro impegno militare con Washington, dopo aver annunciato in gennaio di volerlo annullare per rafforzare le relazioni con la Cina
Con Pechino che per la prima volta dalla sua ascesa mondiale si ritrova assediata su più fronti, è molto probabile che Trump voglia usare la demonizzazione del gigante cinese, e il decoupling (separazione) dalla sua economia, nella campagna per le presidenziali di novembre.
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