16/12/2022, 10.51
SIRIA
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Hassaké: i cristiani siriani e il Natale sotto la minaccia turca

Il patriarca siro-cattolico Ignace Joseph III Younan ha compiuto una visita pastorale nei giorni scorsi nel nord-est della Siria. Una realtà di “tristezza, angoscia, ma anche di sfide e speranza”. Guerra, crisi economica e i timori di un attacco turco hanno svuotato la regione. Da 100mila fedeli, se ne contano 20mila, reddito medio di 30 euro mensili. Le sanzioni e l’abbandono internazionale. 

Hassaké (AsiaNews) - Una situazione “molto dolorosa” in cui si registra una cronica “mancanza di acqua ed elettricità” che si somma alla “svalutazione della moneta nazionale” creando condizioni di vita “davvero insopportabili”. E con la minaccia di una offensiva di terra turca, che potrebbe scattare in qualsiasi momento. É un Natale di preoccupazione e di condizioni di estrema difficoltà quello che si apprestano a vivere i cristiani del nord-est della Siria, come racconta il patriarca siro-cattolico Ignace Joseph III Younan nei giorni scorsi in visita pastorale nell’arcidiocesi di Hassaké-Nisibi. Di rientro dai sei giorni trascorsi con la comunità locale, il primate racconta al National Catholic Register una “visita piena di tristezza, di angoscia, ma anche di sfide e speranza” in una realtà che sperimenta da 12 anni una continua “via Crucis”. 

Svalutazione, crisi economica, disoccupazione, guerra e minaccia turca hanno stravolto la vita di una comunità un tempo assai fiorente. Oggi una famiglia media dispone a malapena di 30 euro al mese, spiega il patriarca, ma la fonte di maggior dolore è “l’assenza di giovani nelle parrocchie e nei centri pastorali” che, un tempo, erano “i luoghi più frequentati”. “Gli orrori del conflitto e la mancanza di lavoro - aggiunge - hanno creato un orribile vuoto di giovani. Per le nostre comunità cristiane già molto piccole, ciò rappresenta una sfida molto pericolosa per la sopravvivenza stessa” in una terra cristiana da millenni. 

Gli stessi genitori di Ignace Joseph III Younan erano originari di Hassaké, da cui sono fuggiti nel 1918 durante la terribile fase del genocidio per mano dell’impero ottomano. E la minaccia turca torna oggi attuale, con l’operazione “Spada ad artiglio” lanciata da Recep Tayyip Erdogan che dovrebbe prevedere anche una offensiva di terra e un inevitabile, nuovo spargimento di sangue. Ieri il presidente turco ha rilanciato la proposta di colloqui e di normalizzazione dei rapporti con Damasco, ma i curdi nel nord-est della Siria rappresentano sempre l’obiettivo primario da colpire, finendo per investire anche i cristiani già da tempo sofferenti. E in fuga. 

Lo stesso patriarca, durante la visita, ha testimoniato il drammatico declino della presenza cristiana nella regione. “Quando ero un giovane sacerdote negli anni '70, la comunità cristiana nel nord-est della Siria - tutti profughi dall’impero ottomano - rappresentava più di un terzo della popolazione, contava circa 100mila persone. Attualmente - prosegue - sono meno di 20mila, poiché la maggior parte di essi è stata costretta a fuggire dai gruppi terroristi fra cui lo Stato islamico (ex, Isis) in altre zone della Siria o andando oltreconfine”.

Durante la visita pastorale, il primate ha celebrato l’intronizzazione e l’insediamento del nuovo arcivescovo siro-cattolico Jacob Joseph Shimei, presso la cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione ad Hassake. Nell’omelia il patriarca Younan ha ricordato, rilanciando i numerosi appelli di papa Francesco per la “martoriata” Siria, che il Paese “sta soffrendo più di qualunque altro” e che “12 anni di tormenti sono abbastanza”. Egli non ha risparmiato critiche a quanti, in Occidente, proseguono con la politica delle “ingiuste” sanzioni che sta affossando un popolo allo stremo: “Colpiscono - ha detto - prima di tutto persone innocenti, che vogliono vivere dignitosamente e con un sincero spirito patriottico”. 

Denunciando l’abbandono della comunità internazionale e dei governi occidentali, il patriarca ha ricordato come “il nostro popolo, pur essendo grato per quanto la Chiesa ha fatto e sta facendo per alleviare le sofferenze delle persone, è consapevole che le istituzioni ecclesiastiche non sono in grado di dare le giuste risposte ad una situazione estremamente complicata a livello nazionale, regionale e globale”. “Noi cristiani del Medio oriente - ha aggiunto - non ci sentiamo solo abbandonati, ma anche traditi” ed è in gioco “la nostra stessa sopravvivenza”. 

(Immagini del patriarcato siro-cattolico)

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