12/04/2024, 10.57
VIETNAM
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Hanoi condanna a morte Truong My Lan, ma la corruzione resta endemica

L'imprenditrice si sarebbe intascata una cifra pari al 3% del Pil del Vietnam nel 2022. Con lei altre 85 persone alla sbarra, una decina rischiano la pena capitale. I legali annunciano ricorso per ottenere l’ergastolo. L’arresto parte della maxi-inchiesta “Fornace ardente” avviata nel 2016, che rivela le storture del capitalismo in salsa comunista. 

Hanoi (AsiaNews) - La condanna a morte inflitta alla 67enne magnate dell’immobiliare Truong My Lan, che ha conquistato le prime pagine dei media globali, è il tentativo di Hanoi di ripulirsi l’immagine in un quadro generale di corruzione diffusa. Il processo del secolo a carico della leader del Van Thinh Phat Holdings Group, iniziato il 5 marzo scorso e concluso ieri, rivela le storture di un Paese - e di un sistema colpito alle fondamenta - che dietro la leadership del partito unico comunista ha aperto le porte al capitalismo e al mercato. Dall’ex presidente costretto alle dimissioni fino al più anonimo dei funzionari, la pubblicizzazione che viene data alla campagna di lotta al malaffare - unita al pugno di ferro usato in tribunale - sono in realtà il segno della fragilità e il tentativo di salvare la faccia a livello internazionale. 

In attesa dell’appello, a caratterizzare il processo a carico della manager sono i numeri impressionanti: dagli inizi assieme alla madre nel commercio di cosmetici al mercato centrale di Ho Chi Minh City fino all’ascesa nell’immobiliare con l’avvio nel 1992 della società, in 11 anni ha ottenuto dalla Saigon Commercial Bank prestiti per 25 miliardi di euro. Una cifra che si avvicina al 3% del Prodotto interno lordo (Pil) vietnamita nel 2022 di cui, secondo l’accusa, non avrebbe mai restituito nemmeno una rata contribuendo a svuotare le casse dell’istituto di credito. Assieme a lei, altre 85 persone considerate “complici” sono state rinviate a giudizio e, di queste, sono almeno 10 quelle che rischiano come lei la pena capitale.

Partita dal nulla, nel tempo Truong My Lan ha saputo sfruttare la virata verso il capitalismo in salsa comunista del Vietnam (sul modello cinese) acquistando aree edificabili e immobili, hotel e ristoranti, in una nazione in cui la terra è - almeno nominalmente - di proprietà dello Stato. Grazie a un sistema di prestanomi - e a una collaudata rete di bustarelle e corruttela, almeno secondo l’accusa - l’imprenditrice ha compiuto la scalata alla banca arrivando a possedere il 90% delle azioni, quando le norme del Paese limitano tale quota per i privati ad un massimo del 5%. In questo modo aveva accesso alle casse e diretto controllo nella nomina di direttori e manager mentre gli ostacoli sulla strada degli affari venivano superati a colpi di mazzette milionarie. 

A sorprendere sono gli stessi numeri del processo: le prove erano contenute in 104 scatoloni dal peso di quattro tonnellate, 2.770 le persone chiamate a testimoniare mentre le indagini sono state affidate a 10 pubblici ministeri e 200 avvocati. Negli anni la donna avrebbe orchestrato una frode da oltre 12 miliardi di euro, accumulando una fortuna personale da 100mila miliardi di dong (pari a quattro miliardi di euro) ritirati e trasportati nel tempo dal suo autista personale. Ora gli avvocati della difesa hanno 15 giorni per presentare appello, nel tentativo di far commutare la pena capitale in ergastolo mentre la Lan ha fin da subito accusato i collaboratori, riferito di “pensieri suicidi” oltre a definirsi “stupida” per essersi fatta “coinvolgere in questo ambiente economico molto feroce”.

In realtà il problema corruzione è in Vietnam è assai più diffuso e radicato, andando ben oltre il processo spettacolo con il quale le autorità comuniste cercano di rifarsi un’immagine sul piano internazionale. 

Anche l’arresto della Lan nell’ottobre 2022 è parte di una iniziativa anti-corruzione chiamata “Fornace ardente” avviata nel 2016 e che, sei anni più tardi, ha registrato una decisa accelerazione che ha colpito - e travolto - anche le alte sfere del Paese. Due presidenti e due capi del governo sono stati costretti alle dimissioni negli ultimi anni, ma è solo la cima dell’iceberg che comprende centinaia di funzionari del partito comunista di tutti i livelli e per alcuni dei quali è stata chiesta la condanna a morte. Moltissime le persone arrestate o le sanzioni disciplinari comminate a tutti i livelli, nel tentativo di arginare un fenomeno che rischia di minare l’economia stessa della nazione come dimostra la vicenda relativa alla “crisi” nell’immatricolazione dei veicoli. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo e altre ong presenti sul terreno, la corruzione è così radicata che in alcune province molte persone dicono di pagare tangenti solo per ottenere servizi e cure mediche persino negli ospedali pubblici.

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