Gujrat: incarcerati per blasfemia, quattro cristiani rischiano la vita. Governo: No alla protezione
Gujrat (AsiaNews) - La comunità cristiana di Gujrat (provincia del Punjab) è pronta a scendere in piazza a difesa di quattro fedeli in carcere con l’accusa di blasfemia, e che rischiano di essere uccisi nel contesto di un omicidio extragiudiziale. Domenica 4 ottobre tutte le chiese della città, anche la comunità cattolica, sono pronte a manifestare per la vita del pastore Aftab Gill, del fratello Unatan Gill e di altre due persone in carcere con l’accusa di aver violato la “legge nera” e in attesa di processo. In queste ore il tribunale ha fissato il 16 ottobre come prima data del processo, ha respinto la richiesta di misure extra di sicurezza in carcere e impedito ai parenti una visita in prigione.
Secondo quanto riferiscono fonti vicine alle famiglie, i quattro uomini sono stati oggetto di minacce e rischiano di essere uccisi ancor prima di comparire davanti ai giudici, per rispondere delle accuse. P. Irfan James, parrocco di una comunità cattolica della città, non nasconde la propria delusione per la scelta dei giudici, i quali non hanno voluto tenere conto che “la vita degli imputati è in pericolo”. Le minacce si ripetono con crescente frequenza e “il sistema sembra riluttante nel garantire tutela e garanzie. Prego per la loro sicurezza”.
La vicenda risale al mese di agosto. Durante il funerale del pastore Fazal Masih, la comunità locale ha più volte parlato di “santità” dell’uomo per il suo comportamento in vita e la devozione a Dio. Alle esequie sono stati pubblicati e distribuiti in vari punti della città alcuni opuscoli che contenevano la parola “santità”, tradotto in urdu con “rasool”. Tuttavia, il termine (che rende anche la parola “messaggero”) è stato ritenuto offensivo e blasfemo nei confronti dell’islam e di Maometto.
Interpellato sulla questione, il leader di una moschea della zona ha accusato i cristiani di Memda di aver commesso blasfemia e ha chiesto l’arresto e la condanna dei presunti responsabili. Da qui l’arresto compiuto dalle forze di polizia del pastore Aftab Gill e di altre tre persone, ora a processo e in pericolo di vita. Nel frattempo gruppi estremisti locali hanno cercato di incendiare le case dei cristiani e solo l’intervento della polizia ha scongiurato una carneficina.
Interpellato da AsiaNews l’avvocato musulmano Imtiaz Shakir, amico di uno degli imputati (Unatan Gill), definisce la vicenda una “pazzia” originata “da un sistema distorto” che mette alla sbarra persone innocenti. “Le autorità cercano un pretesto - aggiunge - per dar seguito a un omicidio extragiudiziale. Gli avvocati con cui lavoro mi hanno minacciato, dicendomi di non prendere le difese, anche se sono musulmano, di vittime innocenti. Tuttavia, la mia fede non mi autorizza a dare interpretazioni sbagliate dell’islam o di permettere ingiustizie”. Invito la comunità cristiana, conclude, a “prendere le difese di queste persone innocenti, che sono in isolamento in attesa di giustizia”.
Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere comunità (Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore nel marzo 2013), luoghi di culto (Peshawar nel settembre 2013) o abusi contro singoli individui (Sawan Masih e Asia Bibi, Rimsha Masih o il giovane Robert Fanish Masih, anch'egli morto in cella), spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia.
Proprio alle leggi sulla blasfemia AsiaNews ha dedicato in passato un ampio dossier, documentando i casi più evidenti di abusi e auspicandone la modifica per evitare abusi e violazioni.