28/03/2006, 00.00
India
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Gujarat, è "spietata e regolare" la persecuzione contro cristiani e musulmani

di p. Cedric Prakash sj

Tre anni dopo il massacro dei musulmani del Gujarat il gesuita padre Cedric Prakash analizza la situazione dello Stato indiano e il tranello politico che i fondamentalisti "si sono tesi da soli" con l'approvazione della legge anti-conversione.

Ahmedabad (AsiaNews) – Il governo del Gujarat "si è dimenticato l'art. 25 della Costituzione indiana, che garantisce la libertà di fede, e fa tutto ciò che è in suo potere per continuare ed addirittura giustificare una spietata persecuzione contro i cristiani ed i musulmani che vivono nello Stato". Con queste parole padre Cedric Prakash - direttore di Prashant, Centro gestito dai gesuiti che si occupa di diritti umani, giustizia e pace – conclude il suo articolo in ricordo della "Carneficina del Gujarat": il massacro operato tre anni fa da "ignoti" contro la comunità musulmana.

Padre Prakash esamina la legge anti-conversione attualmente in vigore, approvata dal partito nazionalista indù, e pone una serie di domande alle quali "il governo semplicemente non risponde". Il gesuita è molto noto per il suo impegno a favore dei diritti umani: il presidente indiano gli ha conferito il premio Kabir Puraskar "per il suo impegno, teso a promuovere la pace e l'armonia etnico-religiosa nel Paese".

Riportiamo di seguito il testo integrale dell'articolo

Il governo del Gujarat è retto dal Bharatiya Janata Party – Bjp, il più grande partito politico indiano, di impronta nazionalista- fondamentalista ndr – che si è aggiudicato una schiacciante vittoria elettorale (con una maggioranza di oltre 2/3 dei seggi a disposizione) nelle elezioni del dicembre 2002. Questo risultato è il frutto di un pogrom ai danni della minoranza musulmana dello Stato, chiamata "La carneficina del Gujarat 2002".

Un aspetto dominante che ha garantito loro la vittoria è rappresentato dalle promesse espresse all'interno del loro programma elettorale: in caso di vittoria, infatti, i leader del Bjp avevano promesso la promulgazione nello Stato di una legge anti-conversione. La promessa è stata mantenuta il 26 marzo 2003, tre anni fa, quando, sconfitta una flebile opposizione, il governo ha approvato l'Atto per la libertà religiosa del Gujarat.

Molto ironicamente, lo stesso giorno, Haren Pandya – ex ministro dell'Interno del Gujarat e feroce oppositore di Narendra Modi, leader nazionalista – viene ucciso con un colpo di pistola in pieno giorno, nel cuore della città. La verità su questo omicidio non è ancora stata scoperta, ma se uno ascolta Vitthalbhai Pandya, il padre della vittima, si convincerà facilmente che gli autori non sono i "terroristi musulmani" che sono stati accusati dalle autorità.

E' strano però che, nonostante l'approvazione dell'Atto, ancora oggi il governo statale non è riuscito a emanare le leggi che servono a metterlo effettivamente in pratica. Nella sua essenza, il decreto si impegna a "garantire la libertà religiosa nel territorio, proibendo la conversione da una religione ad un'altra quando questa viene ottenuta con la forza, con la manipolazione o con intenti fraudolenti".

I punti fondamentali dell'Atto sono:
1) Chiunque voglia convertirsi o voglia convertire un'altra persone da una religione ad un'altra deve prima di tutto ottenere il permesso del magistrato distrettuale.

2) Chiunque contravvenga all'Atto sarà punito con la reclusione fino a tre anni e con una multa di 50 mila rupie.

3) Se il "colpevole" è un minore, una donna, un tribale o un fuori casta, la reclusione si allunga fino a quattro anni e la multa diventa di 100 mila rupie.

Subito dopo l'approvazione di questo Atto, il governo non è stato in grado di rispondere ad alcune semplici domande. Vi sono casi di conversioni forzate, nel Gujarat? Qualcuno se ne è mai lamentato? Cosa significa manipolazione? Se – per esempio – una persona promette ad un'altra "una vita più pacifica" o un metodo "per affrontare meglio l'arte di vivere", si configura manipolazione? E cosa succede se una persona decida di divenire indù, sikh, jainista o buddista? Vi è bisogno di un permesso per una conversione di questo tipo?

Dopo questo primo aspetto, bisogna affrontare alcuni aspetti draconiani della legge. Chi è il giudice distrettuale, che può giudicare in materia di fede e coscienza? Sulla base di quali fattori decide se concedere o meno il suo permesso? Cosa succede se una persona decide di divenire ateo o agnostico? E' questa decisione una conversione? Perché la legge prevede pene più severe se a contravvenire la legge sono bambini, donne, dalit o adivasi? Questi gruppi valgono meno dei "maschi braminizzati" che dominano la nostra società?

Il giorno di Natale del 2005, nel corso di un dibattito televisivo molto pubblicizzato,  è stato chiesto ad Amit Shah – attuale ministro dell'Interno del Gujarat – perché le leggi necessarie per mettere in pratica l'Atto non erano ancora state approvate. Egli semplicemente non ha risposto.

Ovviamente, il tono della retorica e la ferocia delle richieste sono aumentate vertiginosamente nel corso della Shabri Kumbh Mela [festa di purificazione indù ndr], celebrata dall'11 al 13 febbraio scorso. Qui si è sparso solo odio e veleno contro i cristiani. Uno degli scopi dichiarati di questa Mela era quello di fare in modo che l'India intera abbia al più presto una legge per bandire le conversioni. Un paio di settimane dopo, nel corso di un incontro del Rashtriya Swayamsevak Sangh [Rss, formazione paramilitare di estremisti indù considerata il braccio armato del Bjp ndr] è stata adottata una risoluzione simile.

La domanda è: perché non è stata approvata una legge del genere, quando al potere c'erano i nazionalisti? Perché la chiedono al governo nazionale attuale? Perché se è vero che, ora come ora, la legge non ha i denti per mordere, è anche vero che essa pende su tutta la popolazione come una spada di Damocle, usata spesso dalle autorità per intimidire e minacciare i dalit ed i tribali.

La signora Jayalalitha, nel Tamil Nadu, ha approvato una legge similare anche se meno rigida qualche tempo fa: ha dovuto ingoiare amaro per gli effetti della legge e così, molto convenientemente, l'ha ritirata. Il governo del Gujarat si trova nella stessa situazione: la legge è approvata, anche se i suoi effetti non possono essere applicati: sanno infatti che nel momento in cui questo avvenisse, rischierà. E' un tranello politico che si sono tesi da soli.

Un'altra domanda che ci dobbiamo porre è questa: davvero il governo del Gujarat teme che centinaia, migliaia di persone abbraccino il cristianesimo? E se lo pensa veramente, perché non si chiedono il perché queste persone vogliono convertirsi ad un'altra fede?

Mentre non si pone questa domanda, l'autorità continua a perseguitare cristiani, musulmani e tutte le altre minoranze dello Stato con una regolarità terrificante. Fanno tutto ciò che è in loro potere per giustificare questa legge e questa persecuzione. Il Gujarat ha molto convenientemente dimenticato l'art. 25 della Costituzione indiana, che garantisce ad ogni singolo cittadino la libertà di praticare, pregare e propagare la propria fede.

Il 26 marzo del 2003 è stato un giorno di sangue nella storia del Gujarat: la società civile ha il dovere di chiedere giustizia, libertà e verità in modo che un giorno come quello non si ripeta mai più. E infine abbiamo bisogno di sapere: il governo del Gujarat ha paura di qualcosa?

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