Gli Stati Uniti bloccano la risoluzione Onu contro Gerusalemme capitale. Israele ringrazia
Critiche nel mondo arabo per la scelta dell’ambasciatrice americana di opporre il veto. La mozione approvata con 14 voti favorevoli su 15, a conferma dell’isolamento Usa. Soddisfazione del premier israeliano Netanyahu. L’Olp non riconosce più gli Stati Uniti come interlocutore del processo di pace.
New York (AsiaNews/Agenzie) - Il mondo arabo critica con forza la decisione degli Stati Uniti di usare il veto ieri pomeriggio, in sede di Consiglio di sicurezza Onu, per bloccare una risoluzione [approvata con 14 voti favorevoli su 15] che nega valore legale alle “decisioni” su Gerusalemme. Il riferimento, pur non essendovi una menzione diretta, era riferita alla decisione del presidente Usa Donald Trump di riconoscere la città santa capitale di Israele e disporre il trasferimento dell’ambasciata.
La votazione conferma I'isolamento internazionale degli Stati Uniti: perfino molti suoi alleati storici in Europa come Gran Bretagna e Francia hanno invece approvato la risoluzione promossa dall’Egitto. Nelle scorse settimane, la decisione dell’amministrazione americana ha sollevato proteste e indignazione - con morti e feriti - e preoccupato lo stesso papa Francesco e i leader cristiani della regione.
Intervenendo alla chiusura del voto, l’ambasciatore palestinese all’Onu Riyad Mansour ha definito “paradossale che mentre si aspetta un piano di pace dagli Stati Uniti”, l’amministrazione Usa dedica invece di “inasprire gli ostacoli che portano alla pace e rimandare la sua realizzazione”. Egli ha aggiunto che la Casa Bianca “incoraggia” Israele nel perpetrare i suoi crimini contro il popolo palestinese e “continuare l’occupazione dei nostri territori”.
Anche il ministro libanese degli Esteri ha “deplorato” il veto Usa in seno al Consiglio di sicurezza. Al contempo egli “accoglie con soddisfazione il voto favorevole di 14 Stati membri” e auspica la presenza di un nuovo mediatore “imparziale” che possa guidare la regione alla pace, evitando una progressiva escalation dei conflitti.
Il voto di ieri ha rinsaldato una volta di più l’asse fra Stati Uniti e Israele, con un il Primo Ministro dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu che ha diffuso tweet e messaggio video in cui ringrazia l’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley per la decisione. Il capo della diplomazia americana alle Nazioni Unite ha difeso il “coraggio e l’onestà” degli Usa, i soli a “riconoscere una verità sostanziale”. “Gerusalemme - ha aggiunto la Haley - è stata la patria culturale, politica e spirituale del popolo ebraico per migliaia di anni e non vi è altra possibile capitale”.
Nel suo messaggio il premier israeliano Netanyahu ringrazia l’ambasciatrice Usa all’Onu per aver “acceso la candela della verità”, “la sola che ha saputo sconfiggere i molti”, perché “la verità vince la menzogna”.
Sempre ieri, intanto, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ha annunciato di non riconoscere più gli Stati Uniti come un interlocutore del processo di pace. “Non permetteremo più agli Usa di essere mediatore o partner” ha sottolineato il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas. Egli ha inoltre confermato l’intenzione di ottenere un pieno riconoscimento della Palestina - oggi Paese osservatore non membro - alle Nazioni Unite, a dispetto di un fallimento nel tentativo precedente nel 2011.
Abu Mazen ha infine firmato 22 accordi e trattati internazionali che rafforzano lo statuto giuridico della Palestina su scala globale. Si tratta di accordi dall’importanza strategica, che lo rendono “un partner chiave” nella discussione di questioni “essenziali” che riguardano l’intero pianeta.