22/04/2015, 00.00
SRI LANKA
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Giustizia e Pace: Chiesa e governo insieme per la riconciliazione di tamil e singalesi

di Melani Manel Perera
Suor Miriam Deepa Fernando ha rappresentato lo Sri Lanka alla conferenza internazionale “Pace e riconciliazione nel contesto dell’Asia”. Dopo la guerra civile “bisogna seguire Gesù e la sua idea di riunire i figli dispersi in un’unica famiglia e portare unità e comunione”.

Colombo (AsiaNews) – Un’occasione unica per incontrare “tanti attivisti che lavorano nel campo della giustizia e della pace. Conoscere le loro battaglie e le tante difficoltà che incontrano per difendere i diritti umani ci ha dato l’opportunità di discutere e chiarire la nostra percezione reciproca e comprendere i conflitti che ciascuna nazione attraversa”. Lo ha detto ad AsiaNews suor Miriam Deepa Fernando, consigliere del provincialato della Congregazione della Sacra Famiglia in Sri Lanka, dopo aver partecipato alla conferenza internazionale su “Pace e riconciliazione nel contesto dell’Asia”. L’evento si è svolto dal 7 all’11 aprile 2015 nel centro pastorale dei Camilliani a Bangkok (Thailandia). La religiosa è stata invitata come rappresentante dello Sri Lanka. AsiaNews l’ha intervistata al ritorno dalla conferenza.

In base a quanto visto durante questa esperienza internazionale, può ritenersi soddisfatta dei contributi dati dal governo e dalla Chiesa dello Sri Lanka alla riconciliazione del Paese?

La Lessons Learnt and Reconciliation Commission (Llrc), che era stata creata dal precedente governo dello Sri Lanka per indagare sulle violazioni dei diritti umani [durante la guerra civile, ndr] e sulla mancanza di credibilità dei risultati di altre commissioni analoghe, ha generato sfiducia nella popolazione, soprattutto tra chi era stato colpito dal conflitto. Numerosi gruppi in passato hanno condotto le loro inchieste secondo i capricci e gli sfizi dei loro capi, e hanno fallito nel dare qualsiasi risultato accettabile che aiutasse ad allentare la tensione tra le comunità etniche. Purtroppo [queste commissioni] hanno aggravato ancora di più la situazione e generato sospetto nella comunità. Credo che questo “dire la verità” sia ciò che manca nel nostro Paese e che l’obbligo di rispondere di quanto accaduto non sia stato considerato come parte fondamentale del costruire la riconciliazione. Abbiamo gli strumenti ma non li utilizziamo in modo appropriato.

Per esempio, a livello della Chiesa la lettera pastorale della Conferenza episcopale (8 dicembre 2013) suggerisce davvero tanti passi concreti al governo per portare riconciliazione, ma è solo un documento; non c’è alcun meccanismo di attuazione e valutazione del lavoro. Di recente sono stata nel nord [del Paese] per visitare alcune zone e ho scoperto che donne e bambini vittime della guerra vivono ancora un’esistenza molto difficile. Anche se sono state date loro delle terre e alcuni detenuti sono stati rilasciati, vi sono ancora molte questioni da risolvere. Per costruire una riconciliazione abbiamo bisogno di comprendere che i terreni (o qualsiasi altra  cosa) che stiamo dando loro non è “nostro”: stiamo restituendogli le loro stesse proprietà.

Ha incontrare i rappresentanti di varie nazioni e ora è piena di nuove idee. Dato quanto ha visto e imparato, cosa pensa dell’impegno della Chiesa dello Sri Lanka?

Possiamo essere una minoranza nella nostra terra, ma abbiamo davvero tante risorse da usare per portare riconciliazione nella Chiesa. L’idea di Gesù è di riunire i figli dispersi in un’unica famiglia e portare unità e comunione. Lo scopo principale della nostra missione di battezzati è portare riconciliazione.

Temo che persino i leader della nostra Chiesa non portino il reale messaggio alla popolazione. Non siamo diventati la Buona Novella. Abbiamo più di 40 congregazioni religiose e molte istituzioni ecclesiastiche. Abbiamo risorse fisiche e un patrimonio spirituale, ma mi chiedo se usiamo tutto ciò per portare riconciliazione, che è il bisogno fondamentale del nostro Paese dopo il conflitto. Credo che non abbiamo usato appieno le nostre risorse e per questo abbiamo bisogno di avere un piano a lungo termine per attuare vera pace e riconciliazione nel Paese. In questo momento il governo, la società civile e la Chiesa devono tenersi per mano e lavorare insieme per questo obiettivo.

Pensa di fare qualcosa di nuovo per cambiare la situazione, almeno nella sua congregazione?

Sì, credo che i nostri uffici di Giustizia e Pace a Colombo e a Jaffna dovrebbero lavorare come un’unica entità. Abbiamo alcune attività in comune, ma dobbiamo stilare dei programmi a lungo termine e delle iniziative pratiche. Dobbiamo fare della “riconciliazione” una priorità nei nostri ministeri.

 

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