Giustizia e Pace Pakistan: Il terrorismo islamico, frutto malato del rapporto Stato-religione
Bangkok (AsiaNews) – Il Pakistan è una nazione multi-culturale e multi-religiosa, con una popolazione totale di 187 milioni di persone di cui il 97% professa la religione islamica. I musulmani sono la maggioranza, mentre tra la minoranza si contano indù, cristiani, ahmadi, sikh, buddisti, parsi, baha’i e altre comunità ancora.
La società pakistana è piena di diversità, e vi sono discriminazioni e pregiudizi fra le diverse comunità sulla base della religione, della setta, del coloro, della casta, dell’etnia, del linguaggio e del genere sessuale. Di conseguenza a volte queste diversità portano problemi e conflitti, che crescono a causa delle incomprensioni fra i vari gruppi. Vi sono diverse questioni che causano conflitti interni, e che necessitano di un rimedio se si vuole creare un clima di armonia nella nazione. La preoccupazione più importante viene dagli abusi compiuti in nome della legge sulla blasfemia, che hanno creato una sensazione di insicurezza e paura in particolare fra le comunità non musulmane, ma anche fra alcuni membri della comunità islamica.
I megafoni che di solito vengono usati nei luoghi di culto per veicolare i sermoni e benedire i fedeli vengono a volte usati – ed è un peccato – anche per avvelenare le giovani menti, aizzandole contro i gruppi sociali che praticano religioni diverse e istigando i loro sentimenti religiosi. Vengono incoraggiati attacchi violenti contro le minoranze sciite o ahmadi, ma anche contro cristiani e indù. Le parole di odio sono strumenti usati in maniera ampia contro le minoranze religiose e settarie. Gli obiettivi principali di questi strumenti sono sciiti, ahmadi, indù e cristiani.
La mancanza di tolleranza e di accettazione è la causa alla base di queste parole di odio in Pakistan: le persone vengono uccise perché hanno punti di vista, ideologie o scuole di pensiero diverse e perché non c’è rispetto per la diversità o spazio per altre opinioni. Le persone sono riluttanti all’idea di mischiarsi con chi pratica una fede diversa, dato che i leader religiosi sviluppano modi di pensare diversi nei propri fedeli. Questo modo di fare, questi insegnamenti nelle moschee hanno accresciuto un senso di odio e pregiudizio nella popolazione.
I pakistani non sono riusciti a costruire una nazione perché sono divisi in identità diverse. Questa divisione settaria, creata da politiche inadeguate portate avanti da governi diversi, non finirà, perché affonda le sue radici nei nostri libri di testo, nei sermoni religiosi che attraversano il Paese e a volte persino nelle conversazioni casuali che si ascoltano per strada. Questo atteggiamento crea divisione fra i gruppi di maggioranza e quelli di minoranza, promuove l’intolleranza religiosa e in ultima analisi porta a disarmonia sociale e violenza.
I gruppi teologico-politici e le loro visioni estremiste vogliono rendere il Pakistan uno Stato teocratico, mentre i moderati vogliono che la nazione divenga (pur rimanendo islamica) progressista, moderata e impegnata nel welfare. La maggior parte della popolazione ritiene che il Pakistan sia uno Stato musulmano, e quindi che chi professa un’altra fede non debba vivere nel Paese. Ritengono che le comunità indù e sikh debbano andare in India, che i cristiani debbano andare in America o in Europa e che gli sciiti debbano andare in Iran. In altre parole, la lealtà e il patriottismo dei membri delle minoranze religiose sono sempre messi in dubbio: sono associati alle nazioni occidentali nonostante siano cittadini pakistani.
L’estremismo religioso e settario sta crescendo sempre di più, soprattutto negli ultimi anni, e quindi si registrano sempre più numerose attività sociali contrarie allo Stato in diverse regioni del Pakistan. Qui si annidano gruppi estremisti, che si raggruppano negli angoli del Paese. Il governo deve intervenire con azioni decise per fermare i responsabili della circolazione dell’odio.
Le questioni principali che minacciano la pace e la giustizia sono: la situazione dello stato di diritto; l’influenza dei circoli religiosi; l’estremismo e il terrorismo.
La situazione dello stato di diritto in Pakistan
In generale, in Pakistan si ritiene che le leggi siano scritte e siano valide per la popolazione ma non per le persone influenti. Questa percezione si basa su diverse esperienze amare di cui siamo stati testimoni: in Pakistan è raro vedere una persona potente condannata, anche se ha commesso un crimine. Se finisce in tribunale e viene condannata, una persona potente può appellarsi a una legge chiamata “Qisas e Diyat” che di fatto la favorisce al punto da riuscire a farle ottenere l’amnistia. Questo grazie all’uso congiunto di influenza sociale e benessere economico.
In una società governata dallo stato di diritto, il governo e i suoi funzionari sono responsabili e al di sotto della legge: un sistema di controlli e bilanciamenti congiunti, costituzionali e istituzionali, viene sviluppato per evitare che un ramo del governo abbia troppo potere. In pratica, lo stato di diritto in Pakistan è contrario a questi principi universalmente riconosciuti. La maggioranza dei parlamentari ha trascorsi criminali, presenta documenti falsi alla commissione elettorale, non paga le tasse, è colpevole di corruzione. Eppure contro queste persone non viene preso alcun provvedimento: quindi si ritiene che i parlamentari siano al di sopra della legge, e che il sistema giuridico pakistano non sia equo.
È un peccato vedere poi come persone che non hanno qualifiche, esperienza o caratteristiche di rilievo vengano nominate o promosse a posti importanti nel governo. Non viene seguito alcun criterio, quindi a volte queste decisioni arbitrarie finiscono in tribunale; a volte l’esecutivo deve ritirare queste decisioni, ma non fa altro. Allo stesso modo, il governo annuncia dei bandi di gara pubblici: ma la maggior parte dei contratti viene assegnata a persone e compagnie legate ai politici, che – nonostante non abbiano l’esperienza e la credibilità necessaria – ottengono le commesse grazie a massicce “commissioni” versate nelle tasche giuste.
Il 16 giugno del 2014, intorno all’una di notte, decine di funzionari di polizia hanno attaccato la sede di Lahore del movimento Minhaj-ul-Quran: con la pretesa di rimuovere delle barriere di sicurezza, la polizia ha caricato con dei macchinari pesanti la struttura, guidata da Muhammad Tahir-ul-Qadri. Nel raid sono morte 14 persone e altre 90 sono rimaste ferite. La polizia ha dichiarato di aver lanciato questa operazione su direttiva del governo, che voleva evitare che il leader religioso e politico continuasse le sue proteste contro il governo.
Una prima indagine ha messo in stato di accusa 19 persone, fra cui il primo ministro del Pakistan; lo Chief Minister del Punjab; diversi ministri e funzionari di polizia. Il governo centrale ha allora creato un team di inchiesta, per portare avanti le indagini sull’accaduto. I membri di questo team hanno ritenuto il governo guidato da Shahbaz Sharif e la sua polizia colpevoli della morte delle 14 vittime. Invece di agire contro gli accusati, il governo centrale ha respinto questo rapporto e non lo ha neanche reso pubblico, con la scusa che “avrebbe potuto creare disordini settari”. Quindi ha nominato un nuovo team di inchiesta.
Quello presentato non è l’unico esempio di coinvolgimento del governo in azioni illegali: è semplicemente una fotografia della situazione attuale. Allo stesso modo la polizia uccide spesso criminali disarmati, quando sono in custodia o disarmati: gli agenti dichiarano di aver sparato per legittima difesa e tutto finisce lì.
Diversi governi hanno approvato leggi su leggi nel tentativo di ristabilire l’ordine nella società, ma non sono riusciti a metterle in pratica per la mancanza di una vera volontà politica: questo ha causato e causa frustrazione e violazioni ai diritti della popolazione. Anche se tutti e quattro i governi provinciali hanno approvato nel 2013 una legge elettorale, non hanno convocato i cittadini alle urne (tranne che nel Balochistan). Questo modo di fare, ritardare le elezioni, non fa altro che restringere la rappresentatività di gruppi di minoranza in politica. Il sistema attuale favorisce i potenti e marginalizza i deboli. Applicare un verso stato di diritto nel suo senso più vero significa anche eliminare questo sistema basato sull’ingiustizia.
La pace nella nostra società potrà prevalere soltanto se il governo decide di rispondere e di eliminare le limitazioni sociali, economiche e politiche dei gruppi di minoranza. E questo avverrà soltanto dando proprio alle minoranze maggiori garanzie, assicurando loro un vero accesso alla giustizia, in modo che possano risolvere le questioni che li angosciano e possano ottenere rimedi in conformità con i diritti fondamentali. Devono poter avere giustizia in maniera pacifica ed efficace, non essere costretti a usare la violenza o a chiedere aiuto ai membri della propria minoranza.
L’influenza dei circoli religiosi in Pakistan
È un segreto conosciuto da tutti: i gruppi religiosi in Pakistan sono più potenti e influenti del governo, e nessuna legge può essere creata o modificata senza la loro approvazione. I gruppi religiosi sono divenuti così potenti negli anni Ottanta del secolo scorso, quando il dittatore generale Zia-ul-Haq ha introdotto diverse leggi islamiche – fra cui la legge sulla blasfemia – per promuovere la sua propria ideologia e gli interessi dei circoli islamici, e ha sostenuto i mujahidin nella jihad in Afghanistan, impegnati contro l’Unione Sovietica. I circoli religiosi sono divenuti i “protettori delle leggi create in nome dell’islam”, e le pene inflitte da queste leggi sono divenute sempre più pesanti con il passare del tempo.
Sia i musulmani che i non musulmani subiscono false accuse di blasfemia, e pagano per le storture compiute in nome di questa legge: quindi la popolazione evita di parlarne, a causa del terrore che provoca nella società. La maggior parte della popolazione non si oppone alle leggi contro la blasfemia, ma si esprime contro gli abusi compiuti in suo nome anche perché questi nascono da interessi privati e nascosti. Per la maggior parte si tratta di questioni familiari, personali, di gelosia professionale o di proprietà contese. Si usa la legge per ottenere vantaggi pratici.
Allo stesso modo i fanatici religiosi attaccano gli insediamenti dove vivono le minoranze, dando alle dispute economiche o sociali un colore religioso e provocando il risentimento dei musulmani attraverso megafoni e accuse di blasfemia. Queste leggi causano soltanto distruzione e disunità nella società, promuovendo gli interessi dei circoli religiosi: quindi non si puniscono mai coloro che ne abusano, nonostante sia noto che usino la tensione religiosa per distruggere la società.
Persino criticare queste leggi è divenuta un’attività rara, date le minacce che accompagnano questo modo di fare. Abbiamo visto come il governatore Salman Taseer sia stato ucciso dalle sue guardie del corpo per aver sostenuto Asia Bibi, vittima delle leggi sulla blasfemia, e per aver definito questi decreti “leggi nere”. Allo stesso modo il ministro federale Shahbaz Bhatti è stato ucciso dai militanti per la sua battaglia a favore delle vittime. Sherry Rehman ha tentato di portare in Parlamento un progetto di riforma di queste leggi, ma è stato minacciato di morte.
Secondo un Rapporto compilato dalla Commissione nazionale Giustizia e Pace del Pakistan, dal 1986 oltre 1.035 persone – uomini e donne, cristiani e musulmani, ahmadi e indù – sono state implicate in casi relativi alla legge sulla blasfemia. Gli omicidi extra-giudiziari sono stati 35. Gli attacchi contro le minoranze religiose del Pakistan degli ultimi anni rivelano che le false accuse erano state preparate a tavolino per poter radere al suolo e poi accaparrarsi le proprietà dei cristiani di Shantinagar, Sukhar, Sangla Hill, Kasur, Gojra, Korian, Sialkot, Lahore e Faisalabad.
Le minoranza religiose di tutta la nazione vengono minacciate con accuse vere o false: la diffamazione della religione viene posta contro ogni esponente di un’altra fede. Ora queste persone vivono nella paura e nella privazione: sono insicure dal punto di vista economico, sociale e culturale. Quindi preferiscono migrare in posti più sicuri, nel tentativo di evitare ogni ulteriore incidente.
Le presunte accuse di blasfemia colpiscono anche avvocati e giudici, così come le famiglie degli accusati: ecco perché decine di persone, sospettate di essere blasfeme, sono state uccise al di fuori degli apparati giudiziari. Nessun Partito politico ha il coraggio di prendere una posizione forte contro questi abusi, nonostante tutti siamo testimoni dei pessimi effetti che questi hanno sulla società. La polizia sembra incapace di gestire la situazione causata dalle accuse. Nonostante nessuno voglia affrontare il discorso, i media e i Partiti politici devono prendere in mano la situazione con serietà, mettendo in piedi un dibattito e costruendo il consenso necessario a riformare queste leggi.
I governi di Parvez Musharraf e di Asif Ali Zardari hanno espresso l’intenzione di riformare le leggi sulla blasfemia per evitarne gli abusi, ma hanno dovuto fare marcia indietro per l’enorme pressione operata dai circoli religiosi. I governi successivi hanno invece preferito ignorare del tutto questi abusi: queste leggi sono strumenti nelle mani di attori influenti, che le usano per violare i diritti delle minoranze e delle classi più povere del Paese.
Estremismo e terrorismo in Pakistan
Questa situazione crea divisioni fra la maggioranza e la minoranza, e promuove l’intolleranza religiosa che porta violenza e distruzione della società. È riprovevole che i religiosi usino i megafoni dei luoghi di culto per avvelenare i giovani e incitare alla violenza contro chi predica una fede diversa, incoraggiando attacchi violenti. Questi insegnamenti sono discriminatori e creano nei giovani una tendenza a non tollerare e rispettare opinioni o credi diversi dai propri, giustificando quindi l’ideologia estremista fino a un livello di violenza estrema.
Il terrorismo in Pakistan è iniziato quando il generale Parvez Musharraf ha deciso di sostenere la chiamata alla guerra lanciata dall’America contro il terrorismo, dopo l’11 settembre. In Pakistan da allora sono morte più di 50mila persone: uomini, donne, bambini, militari e membri delle agenzie di sicurezza. Il terrorismo non colpisce soltanto la società, ma anche le minoranze per esacerbare il clima settario.
I luoghi di culto e i santuari dei musulmani sciiti sono spesso sotto attacco: insegnanti e medici vengono uccisi. Queste continue violazioni ai diritti umani stanno assumendo il contorno di un genocidio contro gli sciiti pakistani. Ma il governo non ha introdotto alcuna misura per affrontare la situazione in maniera seria, e questo dà l’impressione che la leadership politica sia disinteressata alla protezione delle minoranze nel Paese perché non vuole perdere il sostegno dei circoli religiosi. I politici non vogliono che il loro nome finisca nella lista nera dei terroristi che uccidono chi protegge le minoranze, e quindi non agiscono contro le organizzazione bandite che compiono atti criminali.
Gli attacchi violenti contro le minoranze sono frequenti: basti pensare a come i governi non abbiano punito i colpevoli degli attacchi avvenuti a Kot Radha Kishan, Shanti Nagar, Lahore, Sangla Hill, Kasur, Gojra, Korian, Sialkot e Faisalabad. La Santa Bibbia e i luoghi di culto dei cristiani vengono dissacrati, ma il governo non persegue i colpevoli.
È noto come i vari governi del Pakistan abbiano sostenuto i militanti islamici per interessi nascosti. Il governo attuale è riluttante persino a lanciare azioni militari contro gli estremisti, e sostiene i dialoghi con i talebani. Soltanto quando questa strategia fallisce, allora l’esercito scende in campo.
Una vera iniziativa contro questi terroristi è nata il 16 dicembre 2014, quando i talebani hanno attaccato la Scuola militare di Peshawar uccidendo 141 studenti. Quello è stato un punto di svolta: tutti i circoli religiosi e le forze politiche – fino ad allora teneri con i talebani – hanno deciso di sostenere un attacco militare contro quelle persone che avevano sempre giustificato e persino definito martiri.
Il governo ha preso diverse iniziative contro il terrorismo, dal dicembre 2014. Ha introdotto un piano nazionale, varato diverse leggi, effettuato diversi arresti e creato una forza speciale per combatter estremismo e terrorismo.
Dopo l’approvazione di questo piano speciale, il fallimento della pubblica sicurezza dal proteggere le minoranze religiose ha mostrato l’impotenza dello Stato. Quando questi attacchi si sono verificati, hanno dimostrato che il governo non riesce a mettere davvero in piedi una strategia contro il terrorismo, consegnando gli autori alla giustizia. Questo ha aumentato ancora di più la frustrazione e il risentimento delle minoranze.
Gli orribili attacchi contro due chiese di Youhanabad a Lahore, che hanno provocato 17 vittime e decine di feriti, sono avvenuti perché la polizia era impegnata a [guardare] giocare a cricket invece di fare il proprio dovere e proteggere i cristiani. Come risultato di questa negligenza, attentatori suicidi hanno cercato di entrare in chiesa e tanti cristiani hanno perso i propri familiari e amici. È stato un gruppo di volontari cristiani a bloccare gli attentatori, salvando la vita di migliaia di fedeli.
È un compito fondamentale dello Stato fornire protezione alla popolazione e gestire i colpevoli con il pugno di ferro. Invece i terroristi si muovono liberamente nelle nostre strade, portando avanti e senza paura attività criminali: questo indica che il governo è inesistente.
22/06/2020 08:57
19/06/2020 14:32