Giudici e magistrati contro la ‘devastante’ riforma della giustizia targata Netanyahu
In una lettera aperta senza precedenti alte cariche ed ex funzionari attaccano un progetto che finirà per “distruggere il sistema giudiziario” israeliano. Stravolto il metodo di selezione dei giudici, gravi limiti alla loro autorità, in pericolo la separazione dei poteri e la loro parità. Manifestazioni contrapposte fra simpatizzanti e critici della riforma.
Gerusalemme (AsiaNews) - La riforma proposta dal ministro israeliano della Giustizia Yariv Levin, sostenuta dal partito di maggioranza Likud e dal primo ministro Benjamin Netanyahu, finirà per “distruggere il sistema giudiziario”. In una lettera aperta pubblicata oggi e “senza precedenti” nella storia del Paese, tutti gli ex procuratori generali e gran parte dei pubblici ministeri in pensione di Israele prendono posizione contro l’esecutivo e la legge allo studio che cambierà in modo radicale giustizia e diritto. “Siamo rimasti scioccati - scrivono i togati - nell’ascoltare il piano […] e siamo convinti che non porterà un miglioramento al sistema ma, al contrario, minaccia di devastarlo”.
Nella lettera aperta, alcuni fra i più autorevoli magistrati affermano che il piano di Levin intende “cambiare il metodo di selezione dei giudici” e rischia di trasformare la Corte suprema da “istituzione indipendente” che agisce “senza paura e pregiudizi” in un “organismo politico”. Il rischio è che potranno sorgere “sospetti” di distorsione o di sfruttamento della legge “a favore del governo” compromettendo al contempo l’indipendenza fra i vari poteri dello Stato.
A questo si aggiunge la “significativa limitazione” della “autorità” di giudici e tribunali di esercitare “una reale critica verso il governo” perché quest’ultimo non “abusi dei propri poteri” e lasciando campo libero a una coalizione di maggioranza di decidere senza contrappesi e limiti. “Il tutto - aggiungono - a prescindere da quanto possa essere sbagliata o dannosa una decisione” attraverso una “clausola di annullamento”.
Magistrati e avvocati proseguono la lettera ricordando come la Corte suprema sia una “istituzione valorosa”, fra le “migliori” della storia di Israele e “riconosciuta” all’estero fra le più “autorevoli” al mondo. In assenza di una Costituzione, e senza una carta dei diritti umani, è quella che ha retto in Israele lo Stato di diritto anche verso il potere esecutivo, combattendone arbitrarietà e corruzione e proteggendo i diritti umani, anche di quelli dei gruppi minoritari. Ora questi risultati, avvertono, sono “in grave pericolo” per questo il governo dovrebbe far cadere il piano di riforma e “scongiurare ulteriori e gravi danni” al sistema giudiziario. L’obiettivo, concludono, deve essere quello di “preservare Israele come Stato ebraico e democratico alla luce dei valori” espressi all’interno della Dichiarazione di Indipendenza.
Il piano di riforma giudiziaria voluto da Netanyahu continua ad alimentare scontri e divisioni nel Paese, con manifestazioni contrapposte a sostegno o di segno contrario che vede protagonisti simpatizzanti dell’esecutivo e voci critiche. L’opposizione parlamentare invoca proteste di massa nelle piazze contro una riforma che indebolirà non solo la Corte suprema, ma tutte le istituzioni democratiche di Israele. Nella serata di ieri gruppi attivisti hanno manifestato all’esterno della casa del ministro della Giustizia, in risposta a una precedente adunata di gruppi filo-governativi che si erano dati appuntamento nei pressi dell’abitazione dell’ex presidente dell’Alta corte Aharon Barak, fra le voci più critiche del fronte degli oppositori.