Giovanni Paolo II amava l’India in maniera speciale
New Delhi (AsiaNews) – Nel novembre del 1999 Giovanni Paolo II ha visitato New Delhi; e la sua visita di quattro giorni ha provocato grande interesse fra le persone di ogni religione. Durante la visita, oltre all’accoglienza tributata nel Palazzo presidenziale, che la Chiesa india ha definito cordiale, Giovanni Paolo II ha deposto una corona sul luogo della cremazione del Mahatma Gandhi, a Rajghat. Nel libro degli ospiti ha scritto e firmato alcune parole, una citazione di Gandhi: “Una civiltà non può sopravvivere se tenta di essere esclusiva”.
L’impegno del Papa è cominciato con un incontro con i vescovi del Sinodo per l’Asia e la promulgazione del documento sinodale, “Ecclesia in Asia” (Chiesa in Asia) nella cattedrale del Sacro Cuore a New Delhi nella sera del 6 novembre 1999.
Il Sinodo per l’Asia si è riunito in Vaticano dal 19 aprile al 14 maggio 1998. Si è concluso il 6 novembre del 1999, quando a New Delhi il Papa ha firmato, e promulgato un esortazione apostolica, che includeva le raccomandazioni del Sinodo dei vescovi. Al Sinodo hanno partecipato 250 leader delle Chiese. La delegazione indiana, la più ampia numericamente, comprendeva 24 membri. La seconda era quella filippina, con 20 membri. Erano stati invitati anche tre prelati dalla Cina (un cardinale, un vescovo, un vescovo coadiutore); ma non sono riusciti a essere presenti.
Il documento di 140 pagine del Papa: “Esortazione post-sinodale”, analizza il panorama sociale, politico, culturale, di sviluppo e morale al cambio di millennio e segna il percorso per la Chiesa. Chiede alla Chiesa di proclamare la Buona Novella “con affettuoso rispetto e stima”. Questo è interpretato maliziosamente dai critici della Chiesa come un appello alla conversione al cristianesimo.
La messa di quattro ore tenuta allo stadio Jawaharlal Nehru il 7 novembre segna la conclusione dell’assemblea speciale del Sinodo, ed è stata considerevolmente indianizzata. L’altare speciale, modellato a forma di mani in preghiera, era affiancato da un ritratto di Madre Teresa, dipinto da un giovane artista, Adarsh Alphons, sulla sinistra; a destra c’era il Vangelo. Un’enorme lampada indiana di rame troneggiava davanti, mentre delle lampade di terracotta decoravano la piattaforma. Un gruppo di tribali, uomini e donne, da Ranchi danzavano al suono di musica tradizionale, e guidavano la processione di preti e vescovi. I vescovi dei riti orientali davano un colore particolare, con le loro vesti liturgiche. Più di 300 vescovi e 1000 sacerdoti concelebravano con il Papa. Giovanni Paolo II ha detto che sperava in una grande messe di fede cristiana in Asia, e ha lanciato un messaggio di amore e speranza per il continente. Inoltre ha detto che era giusto che l’esortazione fosse firmata e promulgata in India, terra di molte delle civiltà dell’Asia.
P. Theodore Mascarenhas, sfx, responsabile per Asia, Africa e Oceania al Pontificio consiglio per la cultura, ha detto ad AsiaNews che Giovanni Paolo “era un grande amico dell’India, fondamentalmente perché capiva e amava la cultura indiana. Era un uomo carismatico, di grande cuore e apertura culturale”. P. Mascarenhas ricorda in particolare l’elogio fatto dal Papa nell’enciclica “Fide set Ratio” alle terre asiatiche “così ricche in tradizioni religiose e filosofiche di grande antichità”.
Secondo p. Mascarenhas, Giovanni Paolo II apprezzava particolarmente la cultura indiana. “Il grande Papa, mettendo piede il 1mo febbraio 1986 in India disse che lo scopo della sua visita era di ‘giungere a una comprensione più profonda delle ricche culture della vostra terra’. Giovanni Paolo II amava l’India in un modo speciale e personalmente penso che ciò accadesse perché era affascinato dalle sue culture, ammirava i suoi valori spirituali e morali e credeva che quella grande nazione avesse molto da offrire all’umanità”.
Giovanni Paolo II ha nominato un cardinale indiano, Simon Lordusamy, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali; la prima volta per un indiano. “Il Papa aveva grande interesse per l’India e le sue culture. Ma soprattutto voleva una reale inculturazione della fede, un’evangelizzazione genuina e un dialogo interreligioso genuino e pieno di significato”.