Giovane tibetano condannato a 3 anni per aver gridato al “ritorno del Dalai Lama”
Una Corte di giustizia di Kandze ha condannato Samphel Dhondup, 23 anni, per aver manifestato chiedendo “libertà per il Tibet” e il “ritorno del Dalai Lama” nel suo Paese.
Dharamsala (AsiaNews) - Una Corte di giustizia di Kandze ha condannato a 3 anni di galera Samphel Dhondup, attivista tibetano 23enne (v. foto) che a inizio luglio aveva manifestato chiedendo “libertà per il Tibet” e il “ritorno del Dalai Lama” nel suo Paese. Insieme a lui avevano protestato altre due persone, che invece sono state rilasciate subito dopo l’arresto: la condanna di Samphel dimostra che il pugno duro di Pechino sul Tibet non accenna a rilassarsi.
La condanna è stata pronunciata il 20 agosto, ma il Tibetan Centre for Human Rights and Democracy ne è venuto a conoscenza soltanto oggi. Secondo il Centro – che vigila sulla situazione dei diritti umani nel Tibet – prima dell’arresto i tre attivisti sono stati picchiati con violenza dagli agenti della pubblica sicurezza. Stavano distribuendo volantini con sopra scritto “Libertà per il Tibet”, “Lunga vita al Dalai Lama”, “Possa il Dalai Lama riunirsi presto ai tibetani”.
Non è chiaro per quale crimine l’attivista sia stato condannato, ma l’arresto rientra in una scia di forza bruta contro ogni forma non solo di indipendentismo, ma anche di autonomia culturale nella regione. Pechino teme le richieste dei tibetani e risponde sempre più spesso con la violenza.
La condanna è stata pronunciata il 20 agosto, ma il Tibetan Centre for Human Rights and Democracy ne è venuto a conoscenza soltanto oggi. Secondo il Centro – che vigila sulla situazione dei diritti umani nel Tibet – prima dell’arresto i tre attivisti sono stati picchiati con violenza dagli agenti della pubblica sicurezza. Stavano distribuendo volantini con sopra scritto “Libertà per il Tibet”, “Lunga vita al Dalai Lama”, “Possa il Dalai Lama riunirsi presto ai tibetani”.
Non è chiaro per quale crimine l’attivista sia stato condannato, ma l’arresto rientra in una scia di forza bruta contro ogni forma non solo di indipendentismo, ma anche di autonomia culturale nella regione. Pechino teme le richieste dei tibetani e risponde sempre più spesso con la violenza.
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