20/05/2006, 00.00
GIAPPONE – FILIPPINE
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Giappone, l'impegno della Chiesa universale per l'integrazione delle comunità straniere

Il Paese conta un milione di cattolici, ma essi sono il frutto di fedeli locali e stranieri. "L'importante – spiega un missionario – è che i sacerdoti diano il buon esempio e portino avanti l'integrazione fra le culture".

Sapporo (AsiaNews/Cwj) – La Chiesa giapponese è composta da oltre un milione di cattolici, ma circa la metà sono di diverse nazionalità. Filippini ed indonesiani sono di certo le comunità più numerose che vivono qui. I problemi derivano da una "leggera chiusura mentale" dei cattolici giapponesi e dal fatto che "molti sacerdoti non cercano l'unità con gli stranieri, ma li trattano come ospiti".

Non mancano, tuttavia, gli esempi positivi di integrazione, come la Welcome House, centro di consulenza per i lavoratori residenti nel Paese ma provenienti dall'estero. "Quando ho tempo - dice Grace Nakagawa, una donna filippina che vive a Sapporo - vengo qui per riposarmi e ringraziare Dio per questo posto".

Secondo le statistiche governative relative al 2004, vi sono oltre 199 mila filippini che vivono in Giappone. La Welcome House nasce come centro di consulenza proprio per i residenti che provengono da un'altra nazione. Durante il pranzo della domenica, la comunità filippina che vive a Sapporo – per la stragrande maggioranza di fede cattolica – si riunisce qui per confrontarsi e parlare della loro situazione: parlano in tagalog, la lingua locale delle Filippine.

"In chiesa – spiega padre James Mylet, missionario dei Maryknoll – non possono esprimere i loro sentimenti in maniera libera. I giapponesi dicono che l'internazionalizzazione della loro società sta andando avanti, ma ogni straniero dice che la strada è ancora lunga".

Un altro esempio di desiderio di integrare questa comunità è dato dalle religiose di S. Vincenzo de Paoli, che lavorano con la comunità filippina della diocesi di Osaka. "All'inizio – dice suor Noriko Mori – la situazione era molto difficile ed i parrocchiani giapponesi si chiedevano perché queste persone dovessero essere accettate nella loro chiesa".

Nel 1983, dopo la richiesta della Conferenza episcopale delle Filippine, i presuli giapponesi hanno creato una Commissione di sostegno per le donne asiatiche residenti in Giappone: suor Mori lavora in questo organismo dal 1986.

All'inizio della sua missione, passava il tempo ad aspettare i voli "solo andata" da Manila nell'aeroporto Itami e dava i suoi biglietti da visita alle donne che ne scendevano. Ora alcune di quelle donne si sono sposate ed hanno dei figli. "Le due comunità – spiega – non sono ancora integrate. Continuo a sperare che un giorno vedremo un poco di più della ricchezza che si dovrebbe trovare nella Chiesa giapponese".

A Higashi Sumiyoshi le Figlie della carità hanno creato il Centro Bahaini Maria, dove avvocati e volontari aiutano i membri della comunità filippina. Il loro aiuto è molto importante, perché se è vero che il numero di coloro che ha chiesto la residenza permanente nel Paese è molto aumentato, è ancora più vero che sono aumentati in maniera esponenziale i divorzi e le cause di affidamento dei figli.

Ad Okinawa, invece, la situazione "è completamente differente". "I nostri fedeli – dice padre Satoshi Ito – non hanno problemi riguardo alla messa celebrata in più lingue ed i filippini che vivono qui sono integrati alla perfezione". "Il problema – spiega padre Rimmel Cruz, missionario filippino che lavora nella diocesi di Naha – è che se il pastore non promulga l'unità, essa non viene capita. Trattando gli stranieri come ospiti, essi lo rimarranno sempre. Se invece il pastore dà l'esempio e permette agli stranieri di divenire parte integrante della comunità, i fedeli seguiranno il suo esempio".

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