03/09/2015, 00.00
INDIA
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Gesuita indiano: Chiesa cattolica solidale con i 150 milioni di lavoratori in sciopero contro Modi

P. Cedric Prakash spiega le motivazioni dello sciopero generale di ieri organizzato dai 10 maggiori sindacati. I manifestanti si oppongono alle privatizzazioni e liquidazioni di aziende pubbliche. Le aziende con meno di 40 dipendenti potrebbero essere escluse dalla tutela delle norme sul lavoro. Il ruolo dei sindacati verrebbe minimizzato.

New Delhi (AsiaNews) - “Il governo centrale dell’India guidato dal Bjp [Bharatiya Janata Party, partito nazionalista indù – ndr] non sta rispondendo alle richieste dei lavoratori. Essi rischiano di perdere il posto di lavoro con le nuove proposte di legge in discussione in Parlamento. Le riforme provocherebbero gravi ingiustizie. La Chiesa cattolica dell’India è solidale con loro”. A parlare è p. Cedric Prakash, gesuita direttore del centro sociale Prashant per i diritti umani, la giustizia e la pace di Ahmedabad (Stato indiano del Gujarat, parte occidentale del Paese), che spiega ad AsiaNews le motivazioni che ieri hanno portato circa 150 milioni di lavoratori indiani a scendere in piazza e attuare uno sciopero generale di 24 ore. Il sacerdote riferisce anche che “in tutto l’India ci sono stati scontri con la polizia. Il governo non riesce a capire la realtà dei lavoratori del Paese”.

Ieri le 10 maggiori sigle sindacali dell’India, tra cui anche banche, trasporti e settore manifatturiero, hanno bloccato il Paese, manifestando contro le politiche economiche proposte da Narendra Modi,  eletto lo scorso anno con la promessa di accelerare la crescita e creare nuovi posti di lavoro. In realtà nel trimestre aprile-giugno 2015 la crescita indiana si è fermata al 7%, deludendo le aspettative delle autorità che prevedevano almeno 7,5 punti percentuali.

“I lavoratori – afferma p. Prakash – sostengono che le proposte del governo siano troppo a favore delle grandi imprese e mettono a rischio il loro futuro, rendendo più facili i licenziamenti e la chiusura delle aziende non produttive”. Tra le proposte più contestate vi sono infatti la chiusura delle attività non produttive e la liquidazione delle compagnie statali. I lavoratori dipendenti contestano anche le continue cessioni e privatizzazioni di aziende pubbliche attuate da New Delhi, mentre quelli domestici e giornalieri chiedono l’incremento del salario minimo.

Il governo centrale sta pianificando di eliminare dalle norme sul lavoro le aziende con meno di 40 impiegati. Questo comporterebbe, secondo i sindacati, la perdita della sicurezza lavorativa per milioni di dipendenti. Da ultimo, le nuove politiche prevedono una diminuzione dell’influenza dei sindacati nel settore minerario, manifatturiero, delle costruzioni e degli istituti di credito.

P. Prakash sostiene: “La Chiesa cattolica dell’India ritiene che le domande dei manifestanti siano legittime. Io non ho la ricetta perfetta per garantire un futuro migliore per i lavoratori. Ma di certo lo sciopero di ieri serve a ricordare al governo che deve ascoltarli, prima di attuare qualsiasi legge che modifichi le attuali condizioni di vita”. 

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