Gaza: la guerra uccide anche i cristiani e travolge gli ospedali
Almeno due morti nelle ultime ore nella piccola comunità locale: una anziana molto conosciuta e freddata mentre cercava di raggiungere la propria casa per recuperare effetti personali. Oggi un uomo anziano e malato, deceduto per l’impossibilità di cure mediche. L’esercito israeliano ha fatto irruzione nell’ospedale di al-Shifa, ma testimonianze drammatiche continuano a giungere anche dall’anglicano al-Ahli. L’appello per la pace dell’arcivescovo Hosam Naoum.
Gerusalemme (AsiaNews) - Fedeli anziani uccisi, chiese circondate, ospedali teatro di incursioni dei militari o vittime “collaterali” di attacchi e bombardamenti. La guerra a tutto campo lanciata da Israele contro Hamas a Gaza colpisce anche i cristiani, come ha sottolineato oggi un sito protestante che rilancia la notizia di un “accerchiamento” a una chiesa di Gaza, citando fonti interne alla comunità. Intanto è ancora vivo il dolore per la morte di una donna cristiana battista di 84 anni, che aveva trovato rifugio nella parrocchia cattolica della Sacra Famiglia per cercare riparo dai raid aerei dell’aviazione con la stella di David; in molti hanno voluto ricordarla con un messaggio sui social o renderle omaggio per un ultimo saluto. E sempre sui social arriva oggi la notizia della morte di un anziano cristiano deceduto nella chiesa in cui aveva trovato rifugio, perché seppur ammalato non ha potuto essere trasportato in ospedale per cure mediche.
Figlia di una nota poetessa palestinese, Elham Farah è morta il 12 novembre scorso colpita da un cecchino nella Striscia. Fonti locali raccontano che era uscita dall’area in cui sorge la chiesa per recuperare alcuni effetti personali rimasti nella propria abitazione nel quartiere di al-Rimal, a Gaza City, e verificarne le condizioni dopo giornate di intensi bombardamenti. Tuttavia, è stata colpita lungo il tragitto lasciandola a terra sanguinante. Sebbene fosse ferita in modo grave alla gamba, nessuno ha potuto avvicinarsi al suo corpo e prestarle aiuto per non rischiare di essere a sua volta centrato dai proiettili dei militari appostati nell’area.
L’anziana donna è deceduta per dissanguamento e, secondo una testimonianza, un carro armato avrebbe anche travolto il cadavere riverso a terra e recuperato solo a distanza di un giorno. Prima della guerra insegnava musica ed è ricordata dai cristiani di Gaza per il suo sorriso, la gioia espressa sin dal suo cognome che è la parola araba per “felicità”. Fra le prime a dare notizia della morte la nipote Carol, che in un messaggio su X (ex Twitter) la ricorda come persone “carina e gentile” che “continuava a mandarmi versetti della Bibbia e canti di adorazione questa settimana con la poca elettricità che aveva”. Un altro utente ha scritto un messaggio su un social con il suo nome come hashtag: “Credo che a Gaza non ci sia nessuno che non l’abbia incontrata per strada. Fermava sempre le persone, sorrideva loro e iniziava a parlare con loro. Era un’icona di Gaza in termini di cultura, conoscenza e consapevolezza. Continueremo a pregare per lei e a parlare di lei. L’unica consolazione è che ha vissuto la sua vita suonando”. Un ex studente ha aggiunto che “ci piaceva molto ascoltare la sua musica, era una delle lezioni più belle”.
Intanto l’esercito israeliano (Idf) continua le operazioni militari attorno ai principali ospedali della Striscia, da quello di al-Shifa teatro di una irruzione notturna a quello anglicano perché al loro interno troverebbero rifugio miliziani di Hamas o costudirebbero basi del movimento. In queste ore attorno all’al-Ahli Arab Hospital, il nosocomio gestito dagli anglicani e luogo di “cura e convivenza” colpito il mese scorso e sulla cui responsabilità vi è stato un continuo rimpallo di accuse fra Idf e Hamas, si respira un clima di forte tensione. In questi giorni i medici lanciano ripetuti appelli per la fornitura immediata di aiuti medici, chirurghi, infermieri, tecnici di radiologia e tecnici di sala operatoria per far fronte al crescente carico di pazienti e di civili in cerca anche solo di un rifugio. La struttura è tornata operativa a fine mese scorso e cerca di sopperire come può, e con una grave insufficienza di mezzi e risorse, all’emergenza umanitaria e sanitaria in atto. Fadel Naim, medico a capo del dipartimento di ortopedia, evidenzia la carenza di personale: “In questo momento - afferma in un vocale rilanciato da alcuni media il 13 novembre - l’unico ospedale funzionante è l’ospedale Al-Ahli, quindi stiamo ricevendo [un] numero enorme di persone con ferite complicate”. Le sue parole erano inframezzate da esplosioni legate ai bombardamenti in atto. “Il nostro - ha aggiunto - è un piccolo ospedale, non è pronto per essere un ospedale traumatologico”, ma “lo stiamo modificando per soddisfare le esigenze”. Fra i più attivi a rilanciare notizie dal nosocomio il medico e blogger Ghassan Abu Sitta, che sul proprio profilo social documenta video di bombardamenti nei pressi della struttura e denuncia le criticità quotidiane. In uno degli ultimi accusa: “Abbiamo ricevuto oltre 20 ferite da arma da fuoco al petto e al collo sparate dai droni israeliani Quadcopter. Questo è un drone da basso volo che svolge il compito di un cecchino. Quando si tratta di uccidere sono così innovativi”.
Dall’ospedale di al-Shifa, teatro di una irruzione dei militari nella notte, giungono notizie frammentarie nel quadro di una operazione di vasta scala tuttora in corso. Secondo alcuni testimoni oculari i soldati avrebbero ordinato a tutti gli uomini fra i 16 e i 40 anni di abbandonare l’edificio, con la sola eccezioni di quanti sono impegnati in pronto soccorso e nelle sale operatorie. Altri avrebbero sparato colpi in aria per costringere le persone rimaste all’interno a uscire, installando dispositivi di scansione e rilevamento all’interno del quale hanno fatto passare i fuoriusciti. Voci che si rincorrono e che faticano a trovare - almeno sinora - immagini e filmati indipendenti di conferma, in una situazione che resta di forte tensione e confusione. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus definisce “profondamente preoccupante”l’incursione dell’esercito. “Abbiamo perso di nuovo - ha aggiunto - i contatti col personale sanitario. Siamo molto preoccupati per la sicurezza loro e dei pazienti”. Un video rilanciato dal sito attivista Eye on Palestine denuncia su Telegram bombardamenti nei pressi dell’ospedale indonesiano, anch’esso secondo Israele base e rifugio per i miliziani di Hamas.
Sulla situazione dei cristiani a Gaza è intervenuto anche l’arcivescovo anglicano di Gerusalemme Hosam Naoum, inviando un videomessaggio al sinodo generale della Church of England in cui sottolinea il compito “difficile e controverso” di cercare pace e riconciliazione in Terra Santa. Egli ha inoltre esortato la comunità internazionale a lavorare per una risoluzione del conflitto e ad attuare un cessate il fuoco immediato per garantire corridoi umanitari e la protezione dei civili. “Il linguaggio della riconciliazione ... può essere difficile e può essere controverso. Ma qui in Terra Santa - conclude - abbiamo bisogno di quel linguaggio di pace e riconciliazione più che mai”.