Gaza: Chiese libanesi per la ‘neutralità’, ma Hezbollah soffia sul conflitto
In una nota i leader cristiani condannano “la licenza di uccidere” data dall’Occidente a Netanyahu e le “atrocità” commesse da Hamas contro i civili. Il timore di un coinvolgimento del Paese nella guerra, con esiti drammatici per i cristiani e i timori di un nuovo esodo. Il ruolo del movimento filo-iraniano che spinge per una escalation con Israele, gli scontri penetrano in territorio libanese.
Beirut (AsiaNews) - Le Chiese orientali unite nell’Assemblea dei patriarchi e vescovi cattolici in Libano (Apecl) assistono, indignate e inorridite, ai frutti della “licenza di uccidere” data dall’Occidente a Benjamin Netanyahu, in nome del “diritto di Israele a difendersi” dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Pari sconcerto viene manifestato per le atrocità commesse dai combattenti delle Brigate al-Qassam contro persone innocenti, che si erano radunate in occasione di un festival musicale. Pur sostenendo la causa palestinese e il diritto dei palestinesi di beneficiare di un proprio Stato, i leader cristiani non nascondono il timore che il Paese dei cedri sia trascinato, suo malgrado, in un’avventura bellica dagli esiti potenzialmente disastrosi.
Tuttavia, l’attuale equilibrio politico impedisce al governo di rivendicare ufficialmente la neutralità del Libano nella guerra in corso nella Striscia di Gaza fra Israele e Hamas. Così, mentre si preparano alle catastrofiche conseguenze umanitarie di un eventuale conflitto, le Chiese e la popolazione libanese contano sui contatti internazionali e sulla deterrenza statunitense per scongiurarlo. In particolare, sanno che una guerra avrebbe conseguenze catastrofiche per la presenza cristiana in Oriente, già minacciata dalle emorragie umane che hanno colpito Iraq e Siria.
‘Solidarietà pacifica’ col popolo palestinese
L’appello lanciato ieri da papa Francesco all’Angelus ha toccato i cuori delle Chiese orientali, come testimoniano le parole del patriarca maronita card. Beshara Raï - presidente Apecl - in questi giorni a Roma per il Sinodo entrato nella settimana conclusiva. Nella messa celebrata ieri nella cappella del Collegio maronita, nella capitale italiana, il porporato ha condannato la “guerra di sterminio e distruzione in corso” a Gaza, così come la volontà manifesta di “espellere i palestinesi dal loro territorio e disfarsi di una causa che prosegue [irrisolta] da 75 anni”. Il primate maronita ha avvertito che “l’unica soluzione praticabile è quella dei due Stati, col mantenimento di uno status speciale per Gerusalemme” allineandosi alla posizione del Vaticano.
Nell’omelia della messa, cui erano presenti gli ambasciatori di Francia, Giordania, Palestina e Lega araba presso la Santa Sede, oltre al comandate della Forza Unifil generale Stefano Del Col, il card. Raï ha poi approfondito la posizione e le implicazioni per il Libano. Per il Paese dei cedri, e a nome di tutte le Chiese cattoliche di rito orientale e di buona parte delle forze politiche, il primate maronita ha ribadito la posizione di “neutralità” nel conflitto in corso. Egli ha infine esortato i responsabili politici ad “agire in modo che [il Libano] non entri in guerra con Israele”, pur confermando “una solidarietà pacifica con il popolo palestinese e la sua causa”.
Il ruolo di Hezbollah
Ieri il primo ministro uscente, Najib Mikati, ha annunciato che il suo governo si sta preparando a elaborare un piano di emergenza umanitaria per il Paese, precisando però che si tratta di misure al momento “preventive”. Egli ha quindi aggiunto, rilanciando e facendo propri gli auspici delle Chiese orientali, che “gli amici del Libano continuino a fare ogni sforzo per evitare che la situazione peggiori”. A questo proposito è significativo che l’esercito libanese non abbia ricevuto sinora alcun ordine ufficiale di mobilitazione, nonostante i missili piovuti sul territorio e il ruolo di Hezbollah nel conflitto a Gaza. Sul terreno, i combattimenti tra il movimento sciita sostenuto e armato dall’Iran e gruppi radicali palestinesi opposti all’esercito israeliano hanno già provocato una ventina di morti lungo il confine sud del Paese, pur se limitati sinora a un’area geografica specifica secondo tacite regole di ingaggio.
La guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah ha causato 1.200 morti solo sul versante libanese e il suo ricordo è ancora fresco e vivido nella mente dei cittadini di ogni fazione, musulmani o cristiani, sciiti o sunniti. Tuttavia, i bombardamenti israeliani nel settore meridionale aumentano di intensità con il passare dei giorni ed è forte il timore di una escalation. In questa prima fase, infatti, le ostilità erano limitate alla linea del fronte ma da ieri, con una evoluzione improvvisa ma non inaspettata, si sono estese più in profondità in territorio libanese, dai due a cinque chilometri. La maggior parte dei villaggi di confine è stata oggetto di attacchi intensi, anche se sporadici, che hanno causato vittime civili, danni ingenti e sfollamenti consistenti della popolazione. Anche per questo, il grande insediamento di Kiryat Shmona è stato interessato da un ordine di evacuazione.
06/11/2023 10:25