08/07/2024, 11.23
ISRAELE - PALESTINA
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Gaza: colpita la scuola cattolica, quattro vittime. Condanna del Patriarcato latino

Nell’attacco di ieri dell’esercito israeliano centrata la scuola della Sacra Famiglia, che da mesi accogliere sfollati del conflitto. In una nota il Patriarcato latino di Gerusalemme esprime “grave preoccupazione” per le “scene di vittime civili e di distruzione nel complesso”. il parroco p. Romanelli: "Stiamo bene, pregate per la pace". Il giorno precedente almeno 16 morti alla scuola al-Jawni di Nuseirat, gestita dall’Unrwa. 

Gaza (AsiaNews) - Due scuole colpite da attacchi dell’esercito israeliano contro “obiettivi” di Hamas nella Striscia, una delle quali appartenente al Patriarcato latino di Gerusalemme. Una struttura che fin dall’inizio del conflitto a Gaza è stato “un luogo di rifugio per centinaia di civili” come afferma in una nota la Chiesa locale della Terra Santa. È stato un fine settimana di sangue e guerra quello che si è appena concluso e che ha coinvolto ancora una volta gli istituti educativi che da mesi accolgono famiglie senza più una casa, né riparo; il bilancio è di almeno 20 morti di cui 16 nel raid alla scuola Onu e altri 4 a quella cattolica, secondo fonti della Striscia. Nelle fasi immediatamente successive all’attacco p. Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia a Gaza, ha pubblicato un messaggio sui social affermando che “stiamo bene” anche se la situazione resta “molto negativa” e per questo chiede a tutti di “pregare per la pace”. 

Uno dei morti nel bombardamento della scuola cattolica, chiusa da tempo e usata per accogliere rifugiati, sarebbe Ihab al-Ghusain, vice ministro del lavoro di Hamas. In una nota diffusa ieri a poche ore dall’attacco il Patriarcato latino di Gerusalemme afferma di stare “monitorando, con grave preoccupazione, le notizie dei raid apparentemente lanciati dall’esercito israeliano” contro la scuola della Sacra Famiglia a Gaza in mattinata. “Filmati e resoconti dei media dal luogo - prosegue la dichiarazione - includono scene di vittime civili e di distruzione nel complesso”.

Sebbene sia di proprietà del patriarcato, l’istituto educativo è stato “sin dall’inizio della guerra, un luogo di rifugio per centinaia di civili” mentre, ad ora, “nessun membro del personale religioso risiede nella scuola”. La nota del patriarcato prosegue condannando “con la massima fermezza” attacchi contro civili o qualsiasi azione bellica “che non garantisca tutela” dei civili, perché “restino fuori dal teatro dei combattimenti”. “Continuiamo a pregare per la misericordia del Signore e a sperare che le Parti - conclude - raggiungano un accordo che ponga immediatamente fine al terrificante bagno di sangue e alla catastrofe umanitaria nella regione”.

Dopo l’istituzione della scuola del patriarcato a Gaza nel 1974 e la costruzione di nuovi edifici e strutture negli anni successivi, col tempo era emerso con forza il bisogno di una istituzione moderna in grado di rispondere alla domanda di istruzione. L’attuale scuola, ora centro di accoglienza, venne realizzata nel 2001 grazie all’impegno dell’allora parroco della Sacra Famiglia p. Manuel Musallam e le donazioni di benefattori esterni. Sempre in quell’anno la nuova scuola era stata intitolata alla Sacra Famiglia, come la parrocchia locale, che porta questo nome per commemorare il passaggio di Maria, Giuseppe e il Bambino da Gaza all’Egitto. Fino alla chiusura forzata per la guerra era una delle più importanti del Patriarcato latino in Palestina e una delle migliori della regione, in grado di fornire un alto livello di istruzione, sostenere scambi culturali e offrire “un ambiente adatto e sicuro per un’istruzione eccezionale per tutti” come spiega il sito internet dell’istituto. Essa include “tutte le fasi educative: scuola materna, elementare e secondaria” e “il numero di studenti è 700” prima ovviamente dell’inizio del conflitto che ha bloccato tutte le attività. 

L’attacco alla scuola cattolica della Striscia non è il solo raid che ha centrato un istituto educativo nel fine settimana che si è appena concluso. Secondo fonti di al-Jazeera il 6 luglio scorso i missili israeliani hanno colpito la scuola al-Jawni a Nuseirat, gestita dalle Nazioni Unite (Unrwa), in cui erano rifugiati gli sfollati palestinesi fuggiti dalla Striscia, uccidendo almeno 16 persone. L’attacco ha coinvolto il campo profughi, gettando nel caos l’ospedale dei Martiri di al-Aqsa a Deir el-Balah, con una capacità di 200 persone e che deve fornire cure a oltre 600 pazienti. I vertici dell’esercito hanno affermato che nel raid alla scuola Onu l’obiettivo erano i “terroristi” operativi nella zona. Di contro, l’agenzia palestinese Wafa ha riferito che l’edificio era utilizzato come rifugio per gli sfollati e ospitava centinaia di persone, principalmente donne e bambini, mentre Hamas ha negato che nella struttura fossero presenti suoi combattenti.

“Un altro giorno. Un altro mese. Un’altra scuola colpita” ha scritto ieri Philippe Lazzarini, capo dell’Unrwa, sulla piattaforma social X (ex Twitter). La portavoce dell’agenzia Onu per i palestinesi, Juliette Touma, ha dichiarato all’Afp che 190 strutture, oltre la metà di quelle gestite dall’Unrwa nella Striscia, sono state sono state colpite dal 7 ottobre, alcune delle quali “più di una volta” e almeno 196 lavoratori sono stati uccisi, due dei quali nel fine settimana appena trascorso. “Quando è iniziata la guerra abbiamo chiuso le scuole e sono diventate rifugi” ha proseguito la portavoce, e si contano almeno “450 incidenti” che coinvolgono edifici dell’agenzia, con danni a strutture “senza precedenti nella storia delle Nazioni Unite”. Hamas ha definito il raid alla scuola di al-Jawni un “odioso massacro” mentre Israele dice di aver preso di mira “un nascondiglio e una infrastruttura operativa da cui venivano effettuati attacchi” contro le sue truppe. L’attacco di Hamas contro il sud di Israele ha causato la morte di 1.195 persone, per lo più civili, e il sequestro di 251 ostaggi, 116 dei quali tuttora nelle mani del movimento estremista o la cui sorte è ignota. L’esercito israeliano ha ucciso almeno 38.153 persone a Gaza, anche in questo caso per lo più civili.

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