G20: Jakarta disperde proteste pacifiche per i diritti umani a Papua
Amnesty International ha chiesto ai leader mondiali riuniti oggi e domani a Bali di fare pressioni affinché il rispetto dei diritti umani sia garantito in Indonesia. Nei giorni scorsi il Consiglio delle Nazioni unite per i diritti umani ha raccolto i rapporti del governo e della società civile. Negli ultimi due anni aumentate le violenze contro i civili.
Jayapura (AsiaNews) - I leader del G20, impegnati oggi e domani nel vertice di Bali, "devono chiedere al governo indonesiano di adempiere agli obblighi di rispettare e proteggere i diritti alla libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione". È la dichiarazione rilasciata oggi da Usman Hamid, direttore esecutivo di Amnesty International Indonesia, dopo che le Forze dell’ordine hanno disperso alcune proteste pacifiche per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul conflitto nella provincia di Papua e il mancato rispetto dei diritti umani da parte di Jakarta.
L’attivista per i diritti umani Veronica Koman ha denunciato su Twitter l’arresto di almeno 18 manifestanti che a Jayapura chiedevano un intervento del Consiglio dei diritti umani dell’Onu.
Il 9 novembre si è tenuta a Ginevra la 41ma sessione della Universal Periodic Review (Upr), un programma di revisione periodico sullo stato dei diritti umani di tutti i 193 Paesi membri delle Nazioni Unite. Gli attivisti hanno contestato le affermazioni del rappresentante del governo indonesiano, il ministro della Giustizia Yasonna Laoly, ritenute "contrarie alla situazione reale, segnalata anche dalla società civile indonesiana attraverso un rapporto alternativo”. Per quanto riguarda la situazione a Papua, ha spiegato Nurina Savitri, responsabile delle campagne locali di Amnesty, “il governo ha riferito solo la situazione dal punto di vista dello sviluppo delle infrastrutture e del welfare, anche se la violenza continua”.
L’isola di Nuova Guinea è divisa in tre: nella parte più orientale si trova la Papua Nuova Guinea, uno Stato indipendente; il centro è occupato dalla grande provincia di Papua, mentre il promontorio più a ovest forma la Papua occidentale. Queste due ultime regioni appartengono all’Indonesia, ma dagli anni ‘60 è in corso un conflitto contro il governo indonesiano al quale i movimenti armati di liberazione chiedono la creazione di una grande Papua indipendente. Il referendum con il quale il l’Indonesia ha annesso il territorio ricco di risorse nel 1962 è stato fin da subito considerato una farsa e nel 1965 varie milizie si sono unite sotto l'ombrello del Movimento per la liberazione della Papua (Free Papua Movement, Fpm). Ieri almeno 7 studenti papuasi sono stati arrestati per aver sventolato la bandiera a strisce bianche e blu e con la stella in campo rosso del Fmp.
Già a marzo di quest’anno le Nazioni unite avevano denunciato gli abusi contro gli indigeni papuasi da parte del governo, che includevano sparizioni e uccisioni extragiudiziali, anche di minori. Secondo l’Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled), un programma di monitoraggio dei conflitti, nel corso del 2021 si è registrato un aumento delle violenze dell'80% rispetto al 2020. Inoltre dal 2018 gli scontri armati si sono diffusi al di fuori della tradizionale area geografica in cui opera l’Esercito di liberazione nazionale della Papua occidentale (Tpnpb), il principale gruppo armato della regione.
Negli ultimi due anni è anche aumentata la violenza diretta contro i civili papuasi sia da parte delle forze statali sia dei miliziani del Tpnpb, mentre le Forze dell’ordine indonesiane hanno disperso o represso le proteste pacifiche che vedevano protagonisti papusi più frequentemente di quelle in cui non erano coinvolti.
02/02/2023 11:46