Funzionario Onu per i diritti umani in vista ufficiale in Myanmar
Tomas Ojea Quintana incontrerà rappresentanti di governo e visiterà il carcere di Insein, dove sono rinchiusi molti dei 2100 prigionieri politici birmani. Non vi sono conferme di un faccia a faccia con Than Shwe e la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi. Tin Oo: “dispiaciuto per i colleghi ancora in prigione”.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Tomas Ojea Quintana, alto funzionario delle Nazioni Unite con delega ai diritti umani, è arrivato oggi a Yangon per una cinque giorni di visita ufficiale. Egli incontrerà i vertici della leadership di governo a Naypyidaw, entrerà nel carcere di Insein – dove sono rinchiusi molti dei 2100 prigionieri politici – e visiterà la zona al confine con il Bangladesh, teatro di una lotta indipendentista della minoranza locale. Pare escluso, invece, un faccia a faccia con il generalissimo Than Shwe – capo della dittatura militare – e non vi sono al momento conferme di un vertice con la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari.
Alla vigilia della missione il diplomatico Onu, di origini argentine, ha definito il 2010 un “anno cruciale” per il Myanmar, che dovrebbe indire elezioni presidenziali per la prima volta in oltre due decadi. L’arrivo di Quintana nella ex-Birmania segue di due giorni il rilascio di Tin Oo (nella foto), numero due della Lega nazionale per la democrazia (Nld), che ha trascorso gli ultimi sette anni fra carcere e arresti domiciliari per la sua battaglia politica.
Tin Oo, 82 anni, è uscito dalla prigione alla scadenza naturale dei termini di condanna e non ha ricevuto alcuna grazia o sconto di pena dal regime militare. Tornato in libertà, il co-fondatore del partito di opposizione Nld ha puntualizzato: “Non sono felice della libertà ritrovata. [Al contrario] sono molto dispiaciuto per i miei colleghi che stanno ancora scontando le condanne”.
Attivisti per i diritti umani denunciano la presenza di oltre 2100 prigionieri politici nelle carceri birmane, fra cui la Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.
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