12/01/2022, 08.45
RUSSIA
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Fugge dalla Russia lo scrittore Šenderovič, critico di Putin

di Vladimir Rozanskij

Ignota la sua destinazione, con ogni probabilità Israele, di cui ha la cittadinanza. Usando la satira ha accusato il presidente russo di appartenere a un gruppo criminale. Considerato un “agente straniero” dalle autorità insieme ad altre figure della cultura e dello spettacolo.

Mosca (AsiaNews) – Uno dei più importanti scrittori russi contemporanei, Viktor Šenderovič, è fuggito ieri dalla Russia per una destinazione ignota. L’annuncio è arrivato dalla sua pagina Facebook.  Le autorità lo avevano etichettato come “agente straniero” al pari di quasi tutti i giornalisti e gli intellettuali non allineati del Paese. Egli ha riconosciuto di essere intimorito dalle pressioni delle autorità e dei tribunali, che minacciano di condannarlo per reati molto “politici”.

Poeta, scenarista e drammaturgo, il 64enne Šenderovič svolge anche l’attività di giornalista e pubblicista, e ha condotto anche diversi programmi televisivi, diventando un volto molto popolare in Russia. La sua attività è legata soprattutto al Teatro di Satira di Mosca, un’istituzione della scena culturale russa, fondato nel 1924 ai tempi di Majakovskij e dei grandi autori grotteschi del teatro e della letteratura russa. Membro dell’Unione degli scrittori dal 1992, è stato uno degli interpreti della grande svolta post-sovietica, con tre famosi cortometraggi: “Il nuovo pensiero”, “Esame di maturità” e “La voce di Dio”. Famosissimi i suoi “Burattini” (Kukly), uno dei programmi di satira politica più seguiti dagli anni ’90 sul canale Ntv, chiuso d’autorità nel 2002.

Critico della politica del presidente Putin fin dai primi anni, nel 2010 è stato uno dei principali firmatari dell’appello pubblico “Putin se ne deve andare”. Pietroburghese come il presidente, lo accusa da anni di appartenere a uno dei principali gruppi criminali della “capitale del nord”. Nel 2013 ha prodotto il video “Contro l’omofobia” in difesa della comunità Lgbt, e nel 2014 si è unito a molti altri rappresentanti dell’intelligentsija russa nella condanna verso l’annessione della Crimea, uno degli atti più significativi del nazionalismo espansivo del regime putiniano. Nel 2020 è stato uno dei pochi a sostenere in Russia le proteste dei bielorussi contro le falsificazioni della elezione di Lukašenko.

Già dallo scorso novembre lo scrittore, di etnia ebraica, ha ottenuto la cittadinanza israeliana, “da tempo lì sono di casa”, anche se non ha chiarito in quale Paese si è trasferito “per sfuggire alla sorveglianza dei servizi di sicurezza”. In realtà il conflitto più esplicito di Šenderovič è con l’imprenditore Evgenij Prigožin, uomo di potere molto vicino a Putin che lo ha citato in tribunale insieme al caporedattore di Ekho Moskvy, Aleksej Venediktov, per le accuse di corruzione nei suoi confronti.

Il mese scorso le autorità hanno inserito Šenderovič nella “lista nera”, il registro delle persone e delle aziende definite “agenti stranieri”.  Gli fanno compagnia diversi altri protagonisti della cultura e dell’informazione, come le cantanti del gruppo Pussy Riot Nadežda Tolokonnikova e Veronika Nikulšina, il gallerista Marat Gelman, i giornalisti Taisja Bekbulatova, Elena Vladykina e Ivan Beljaev e l’imprenditore-ecologista Andrej Alekseev.

Anche ai tempi sovietici si lasciava uno spazio alla satira, che oggi non è più tollerata nella Russia putiniana. Senza Šenderovič sarà difficile prendere sul serio chi non si lascia prendere in giro.

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