Francesco e Benedetto XVI "uniti nella preghiera" per i cristiani e i musulmani in Libano
Beirut (AsiaNews) - Il Libano è "nella preghiera quotidiana" di Benedetto XVI. E' stato lui stesso a confidarlo, domenica scorsa, al patriarca Rai, secondo una informazione della sede patriarcale di Bkerke. Il patriarca ha avuto la confidenza durante la prima messa celebrata in san Pietro con i cardinali di nuova nomina. Il Papa emerito e il Patriarca erano seduti non lontano l'uno dall'altro, precisa la notizia.
La straordinaria fedeltà di Benedetto XVI nella preghiera per il Libano ha le sue radici nella visita pastorale che egli vi ha compiuto dal 14 al 16 settembre 2012. Era l'ultimo viaggio pastorale del Papa prima della sua acuta e lungimirante decisione di ritirarsi. L'incontro con i capi spirituali e i funzionari, a Baabda, e soprattutto l'incontro con i giovani a Bkerke, avevano rappresentato per Benedetto XVI "dei momenti indimenticabili", secondo coloro che gli sono vicini. Il modello libanese della convivenza brillava davanti agli occhi del Santo Padre e l'entusiasmo contagioso dei giovani lo avevano conquistato.
In Libano il Papa era venuto per perorare - già allora - la pace e la fine del conflitto siriano. Aveva anche messo in guardia contro "il fondamentalismo religioso", che aveva definito minaccia "mortale", nel momento nel quale la regione era scossa da manifestazioni contro un film islamofobo. Nella Esortazione apostolica "La Chiesa in Medio oriente", che egli ha firmato poco dopo il suo arrivo, Benedetto XVI affermava che questo fondamentalismo "affligge tutte le comunità religiose e rifiuta la secolare convivenza", che ha caratterizzato Paesi come il Libano. Sono parole che restano di una importanza fondamentale oggi, ad alcune settimane di un nuovo viaggio apostolico che, questa volta, porterà papa Francesco in Terra Santa e in Giordania (24 maggio 2014) in continuità con quelli che hanno compiuto Benedetto XVI e, prima di lui, Giovanni Paolo II.
Vediamo il fondamentalismo, cioè la manipolazione delle religioni a fini politici, all'opera negli attentati suicidi contro le zone sciite.
Ma, sfortunatamente, questo fondamentalismo, che è esclusione spirituale dell'altro fa devastazioni ovunque. Per convincersene basta la lettura dei giornali nei quali brani di conversazioni colti al volo: il Libano affonda nella malinconia, la disperazione e l'esclusione. Negli ambienti cristiani, e fra le élite, si possono udire ormai alcune grandi figure desolate per aver "lavorato per nulla" e confessare amaramente che "si sono sbagliati, decidendo di restare".
Altri non credono più che l'islam consentirà loro una piena libertà religiosa. Molti parlano con cognizione di causa. Il clientelismo confessionale fa danni nell'amministrazione. D'altra parte, il deterioramento politico ha compiuto la sua opera. Nell'attesa che alcuni "preservino le conquiste dei cristiani", frange della popolazione sono state definitivamente disgustate della loro patria. Dieci mesi di crisi di governo hanno spento tutte le loro speranze.
Papa Francesco andrà ad Amman, Betlemme e Gerusalemme. Non si sapeva ieri se l'accenno fatto dal nunzio era intenzionale. Mons. Gabriele Caccia ha detto, rispondendo a una domanda, che il Libano "non figura, al momento" nell'itinerario del Papa del maggio prossimo. Vuol dire che potrebbe esserci? Bisogna sperarlo. Parole di conforto da parte di una delle più alte autorità morali contemporanee non farebbero affatto male a dei libanesi che dubitano ormai della loro vocazione.
Non lo si ripeterà mai abbastanza: in un modo certo e molto bello il Libano è il capolavoro culturale dei maroniti e di altre comunità che hanno aderito con loro al progetto della creazione del Libano, nel 1920.
Ma questo capolavoro di pluralismo non è fermo, è in divenire. Oggi è in pericolo e sarebbe un peccato che un secolo dopo la creazione del Libano cristiani e musulmani ci rinunciassero in un momento di scoraggiamento, o perdessero fiducia nella sua perennità.
I cristiani del Libano, ha detto brillantemente l'imam Mohammad Mehdi Chamseddine, "sono responsabilità dei musulmani". L'imam parlava della loro sicurezza e della loro libertà. E' vera la reciprocità. I musulmani del Libano e del mondo arabo sono, oggi, responsabilità dei cristiani. Spiritualmente. Oggi più che mai, i cristiani, siano in Libano o in qualsiasi altra parte del mondo arabo, sono e debbono restare - spiritualmente, ma fino alle ultime conseguenze politiche di questa assunzione di responsabilità - gli agenti di una grande mediazione, chiamiamola dell'amore. E' l'essenza della loro fede. Al di là della lettera di tutte le religioni, nelle quali questa realtà è presente, è nel cristianesimo che essa si propone più chiaramente ed è a essa che i cristiani debbono tenere fermamente, volando in aiuto delle loro rispettive patrie e di questo mondo arabo lacerato che è loro affidato.