Fra i jhadisti di Mosul crescono i mercenari uiguri dalla Cina
I servizi di intelligence dell’Armenia hanno messo in guardia da tempo sui passaggi di persone, armi e munizioni dallo Xinjiang alla Turchia, all’Azerbaijian, alla Siria e all’Iraq. A Mosul gli uiguri sono usati come “forze di polizia”. Responsabii di violenze nel Nagorno Karabakh. Comandante irakeno: No alle mire di Erdogan su Mosul.
Mosul ( AsiaNews) - Nelle strade di Mosul crescono i combattenti asiatici che parlano cinese: si tratta dei mercenari jihadisti uiguri, entrati in Siria dalla Turchia fin dall’inizio della guerra. Durante gli ultimi mesi, insieme alle loro famiglie sono passati da Rakka in Siria - la capitale dello Stato Islamico - in direzione dell’ Iraq.
Nel mese di aprile 2015, molti di loro questi erano passati dalla Turchia in Azerbaijan: facevano parte di coloro che avevano attaccato obbiettivi nel Nagorno Karabagh, in quella che è stata definita la “Guerra dei quattro giorni”. I servizi di Intelligence della Repubblica armena avevano comunicato all’occidente ed alla Russia, del loro ritorno dall’Azerbaijan verso la Turchia. Si tratta di combattenti uiguri, turkmeni e ceceni.
Gli uiguri - chiamati a Mosul “la polizia di Daesh” - si vedono ovunque. A loro è stato assegnato il compito di Forza di polizia nella capitale irachena del Califatto islamico. Sono sparsi soprattutto nei mercati, nei crocevia e intorno ai centri di potere. Secondo informazioni giunte da Mosul, il califfo al-Baghdadi avrebbe affidato ad un uiguri l’alta carica di “ aiuto responsabile della sicurezza nella pianura destra di Mosul”.
Da anni la Turchia offre appoggio agli uiguri di etnia turcofona e musulmani nella loro lotta di secessione dalla Cina. E nessuno ignora che proprio Ankara ha chiamato i combattenti uiguri, addestrandoli in Turchia prima di spedirli in Siria. Ora gli uiguri si si sono spostati “volontariamente” dalla Siria in Iraq sempre con Daesh, nel momento in cui la Turchia, loro unico sostenitore, alza il tono minacciando di voler partecipare alla’azione militare di terra per la liberazione di Mosul da Daesh “che nulla ha a che vedere con l’Islam”. Due giorni fa Mevlüt Çavuşoğlu, ministro turco degli esteri, ha dichiarato che Daesh non ha “nulla a che vedere con l’Islam”. E ha aggiunto: “ Noi combattiamo contro uomini armati venuti da decine di Paesi per unirsi a Daesh”. Va detto che centinaia di rapporti documentano le facilitazioni offerte dalla Turchia nel far passare verso la Siria uomini, armi e munizione, diretti ai gruppi Jihadisti che combattono in Siria ed in Iraq.
Il Comandante delle forze popolari irachene Karim Al Nuri, ha intanto dichiarato su una rete televisiva panaraba, che “liberaranno Mosul con tutte le componenti irachene” e che “ non si può permettere che Mosul diventi un’arena delle ambizioni del presidente della Turchia Erdogan”.
Al Nuri si riferisce alle dichiarazioni del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il quale ha annunciato giorni fa la partecipazione turca all’offensiva contro i jihadisti dello Stato islamico (SI) a Mosul. Secondo Erdogan a Mosul devono rimanere solo “arabi e curdi sunniti, insieme ai turcomanni”.
Intervistato sull’argomento, Karim Al Nuri ha detto: “Noi salutiamo tutti gli sforzi internazionali che mirano ad appoggiare l’Iraq ma che la decisione sia in mano ad Erdogan è una violazione del diritto internazionale” Egli ha invitato il presidente turco a rivedere i suoi progetti, dato che “la presenza della Turchia sul suolo iracheno non differisce molto da quella di Daesh”. “Vogliamo liberare Mosul confermando l’arabità della città, ma coloro che vogliono far da tutori ai turkmeni” si sbagliano. “ I turkmeni sono cittadini iracheni e non li lasceremo diventare pedine di nessuno”. (P.B.)
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