Finisce in tribunale il caso dell'indù che vogliono seppellire come musulmano
Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – B. Elangesvaran, 34 anni, si è impiccato il 22 giugno. Dopo l’autopsia, l’ospedale Parit Buntar di Penang non ha restituito la salma alla famiglia, perché il Dipartimento religioso islamico dice che l’uomo si era convertito all’islam e deve avere un funerale islamico.
Il fratello S. Selvam contesta che non c’è prova della conversione e che gli hanno mostrato “solo un rapporto della polizia secondo cui mio fratello ha abbracciato l’islam presso il Dipartimento religioso islamico di Penang… e una lettera con qualche scarabocchio probabilmente suo che dice che si è convertito” ma che non è firmata e non indica testimoni della conversione.
Ora Selvam ha fatto istanza all’Alta Corte per la restituzione del corpo e per potergli fare un funerale indù “senza interferenze”. Circa il 60% dei 27 milioni di malesi sono islamici Malay e l’islam è religione di Stato. L’altro 40% è composto soprattutto da cinesi e indiani e in genere praticano la loro religione senza problemi. Ma non sono rare le dispute su pretese conversioni e il premier Abdullah Ahmad Badawi nel 2008 ha stabilito che chi si converte all’islam deve avvisare la famiglia, proprio per evitare dispute dopo la sua morte, come già è avvenuto più volte.
A. Vaithilingam, presidente del Consiglio consultativo malaysiano per buddismo, cristianesimo, induismo, sikhismo e taoismo, nota come “gente che non lo ha mai conosciuto vuole seppellirlo e non permette alla sua famiglia di occuparsene”. “E’ sempre la stessa storia… Il governo fa una dichiarazione per risolvere la questione e poi tutto viene dimenticato”.
La questione è complessa anche perché il sistema giudiziario prevede sia tribunali per non musulmani sia l’islamica Sharia, responsabile per le questioni dei fedeli musulmani e dove spesso i diritti delle minoranze non islamiche sono sacrificati.
25/04/2014
01/02/2018 12:01