Finanziamenti del FMI, debito sovrano e sovranità
di Maurizio d'Orlando
La debole smentita della notizia di un prestito del Fondo monetario all’Italia - che si trova, suo malgrado al centro di una vicenda economica di portata mondiale - sembra confermare la possibilità che ci indirizzi verso i nuovi Diritti speciali di prelievo (DSP). L’oro della Banca d’Italia e l’interesse del cartello mondiale delle banche.
Milano (AsiaNews) - Una vera e propria notizia bomba ha scosso il fine settimana di coloro che si occupano di finanza e di macro-economia per quanto pubblicato domenica scorsa da La Stampa[1].
Secondo il quotidiano, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), starebbe preparando un finanziamento per un ammontare “compreso fra 400 e 600 miliardi di euro al fine di dare al governo Monti 12-18 mesi di tempo per varare le necessarie riforme, alleviandolo dalla necessità del rifinanziamento del debito”.
La notizia sembra riguardare solo l’Italia, ma in questo momento il Paese, suo malgrado, si trova al centro di una vicenda economica di portata mondiale, come dimostra, tra l’altro, l’affermato interesse della Cina per i debiti sovrani europei in generale e italiano in particolare.
Tornando al prestito del FMI, esso avverrebbe a tassi fra il 4 e 5 per cento, inferiori al 7-8 per cento annuo, il livello toccato nelle ultime settimane dagli interessi definiti nelle aste dei titoli di Stato italiani. L’entità della cifra è enorme e come fanno notare il giornalista del La Stampa e varie altre fonti l’FMI non dispone attualmente delle risorse per fornire la facilitazione finanziaria proposta. Secondo l’articolista l’ipotesi è quella dall’emissione di nuovi Diritti speciali di prelievo (DSP), coordinata con la Banca centrale europea (BCE) guidata da Mario Draghi. Il progetto sarebbe così avanzato che in merito ci sarebbe stata una telefonata fra il presidente del Consiglio italiano Monti ed il nuovo direttore dell’FMI, Christine Lagarde.
La notizia è stata smentita nella mattinata di lunedì da un portavoce dello stesso FMI, che non ha voluto peraltro essere identificato. Eppure, Molinari, l’estensore dell’articolo della Stampa, si è esposto con il proprio nome ed è persona nota per la sua introduzione presso ambienti finanziari di livello estremamente alto, oltre che per essere di solito accurato nei suoi resoconti. La smentita lascia perciò perplessi e sembra piuttosto fiacca, il disappunto per un’informazione sfuggita prematuramente. L’ipotesi descritta, prospettata dalla Stampa sarebbe, per altro, una clamorosa riprova dello scenario specifico anticipato lo scorso settembre da AsiaNews [2]: chiedendo scusa per l’autocitazione ne riportiamo alcuni pezzi per ribadire il concetto e cioè che la crisi è interamente pre-orchestrata già da molto tempo. “A questo punto si deve inserire un colpo di scena, un ribaltamento di sorti: la Federal Reserve annuncia che, insieme al Fondo monetario internazionale, interverrà per salvare l’Euro, a condizione che i Paesi europei facciano la loro parte. È una mossa geniale, le borse mondiali si riprendono, all’apparenza, le sommosse cessano. Berlusconi, però, deve andare via, comunque, perché così è scritto sulla scaletta”.
Quello che ci aveva permesso di prevedere le mosse non era la palla di vetro (che non possediamo), ma l’artificiosità dell’attacco al debito pubblico italiano: da quasi vent’anni il debito dell’Italia veleggia sul 120 % del PIL e le agenzie di rating, seguite da nugoli di acuti gestori di fondi, se ne accorgevano solo in questi mesi.
La notizia debolmente smentita è inquietante, perché nell’articolo si fa notare che l’FMI e la BCE non dispongono delle risorse necessarie per fornire il prestito all’Italia. È logico, perciò, chiedersi da dove potrebbe arrivare tutta questa abbondante moneta, visto che USA, Europa e Giappone già non hanno fondi per sé e che i Paesi emergenti con maggiore liquidità, Cina, India e Brasile non sembrano smaniosi di intervenire a sostegno di chicchessia? Ci viene un sospetto e riguarda, avete indovinato, le circa 2500 tonnellate d’oro[3] detenute dalla Banca d’Italia, l’istituto di emissione monetaria. Nel luglio 2009, l’ex ministro del Tesoro Tremonti aveva dichiarato ad una commissione del Parlamento italiano che tale oro appartiene al popolo italiano, ed aveva raccolto il pieno consenso e sostegno di maggioranza ed opposizione.
Le banche private erano, invece, insorte ed avevano all’unisono sostenuto che la proprietà dell’oro era della Banca d’Italia. Questa accorata perorazione dell’Istituto che è il controllore di banche e finanziarie non deve stupire. La Banca d’Italia, infatti, è di proprietà per il 94,33% di banche e assicurazioni private. Oggi, dopo il golpe tecnocratico ed il commissariamento dell’Italia, al posto di Giulio Tremonti a capo del dicastero c’è il super-ministro per l’economia Corrado Passera. Fino a pochi giorni fa Passera era consigliere delegato di Banca Intesa ed espressione di chi tale banca controlla. Ebbene, proprio Banca Intesa è il maggiore azionista della Banca d’Italia ed il fatto è che di recente le sue quotazioni in borsa sono scese. La ragione è che all’attivo del suo bilancio Banca Intesa detiene un grande quantità di BOT e BTP. Come è noto nelle ultime settimane le aste dei titoli di Stato italiani sono andate piuttosto male: i mercati finanziari, cioè un piccolo pugno di gestori di fondi che dispongono di enormi capitali, hanno iniziato a diradare, seguendo le indicazioni dei bollettini portaordini, le proprie offerte di riacquisto di titoli italiani e questo ha provocato un rialzo dei tassi d’interesse. Con l’aumento dei tassi d’interesse, i titoli emessi in precedenza con una cedola più bassa, è ovvio, hanno subito dei forti deprezzamenti. Questo ovviamente spiega, a sua volta, la caduta del valore del patrimonio netto di Banca Intesa e la flessione delle quotazioni di borsa della banca di cui Passera era CEO fino a pochi giorni fa. Ora, se il nuovo ministro del Tesoro Passera cede all’FMI l’oro italiano, ottiene liquidità monetaria e non deve rifinanziarsi. Così le quotazioni dei BOT e BTP si riprendono ed allo stesso modo si risolleva il valore di borsa delle banche e di Banca Intesa in particolare. Poiché la remunerazione e la liquidazione di un consigliere delegato di una grande banca è in gran parte determinata da bonus legati al valore di borsa delle azioni, è davvero difficile negare un conflitto d’interessi e una confusione dei ruoli tra controllore e controllati.
Per chi supponesse che per l’Italia possa essere conveniente spossessarsi del proprio oro pur di uscire vogliamo riportare alcune semplici considerazioni. Secondo i dati del World Gold Council al novembre 2011 l’ammontare dell’oro detenuto dalle banche centrali di tutto il mondo era a pari a 30'708,3 tonnellate[4]. L’Italia è il quarto detentore ufficiale al mondo di riserve d’oro, dopo gli USA (8'133,5 tonnellate), la Germania (3'401,0 t.) e l’FMI (2'814,0 t.) e le sue riserve auree costituiscono il 7,98% di quelle mondiali, mentre il PIL dell’Italia è il 3,35% di quello mondiale in base ai dati della Banca Mondiale (riferiti al 31/12/2010). Inoltre se utilizziamo una definizione abbastanza ristretta di moneta, la M2[5], il totale della liquidità monetaria è il 120,6 % del PIL mondiale[6], pari a circa 73'510 miliardi di dollari. Se impieghiamo invece una definizione più ampia (e più corretta) di liquidità finanziaria che includa anche il credito (la “moneta bancaria”) ed il debito pubblico arriviamo ad un totale di oltre 150'000 miliardi di dollari[7]. Consideriamo che secondo il World Gold Council l’oro estratto nel mondo dall’inizio della storia sono state circa 165'600 tonnellate[8].
Quella che segue è una tabella molto semplice[9] che indica il valore di un grammo d’oro in dollari. Il paragone più calzante sarebbe quello del rapporto tra M2 e oro totale delle riserve delle banche centrali e cioè 2'450 $ per grammo, a fronte di una quotazione che attualmente è di circa 55 $ per grammo. Si tratta, ovviamente di un calcolo puramente teorico che implica un rapporto di 1 a 1, cioè che per ogni unità monetaria vi sia una corrispondente copertura aurea per il 100 % del valore.
TABELLA
Un altro paragone ci da un idea di quanto sarebbe vantaggioso per il cartello mondiale delle banche ed invece quanto sarebbe dannoso per i comuni cittadini italiani. Nell’agosto 1982 l’indice della borsa americana (il Dow Jones Industrial Average, DJIA) era pari ad un po’ meno di 780 e l’oro era un po’ meno di $ 350 per oncia. Attualmente il DJIA è a circa 11'600, con un incremento di circa 15 volte (il 1500%). Applicando tale moltiplicatore si ottiene un valore dell’oro di circa 5'250 $ oncia, pari a circa $ 168 al grammo, circa tre volte il valore attuale dell’oro.
Comunque lo si calcoli, il valore, di lungo termine, ben inteso, delle 2'451,8 tonnellate dell’oro è ben superiore: applicando il valore derivato dal rapporto M2/oro riserve (2'450 $ per grammo) arriveremmo a circa 4'400 miliardi di euro, ben superiore a tutto il debito pubblico italiano che attualmente è pari a circa 1'850 miliardi di euro.
Si tenga inoltre presente che l’FMI applicherebbe condizioni durissime al prestito accordato e che in tali condizioni l’Italia non riuscirebbe più piazzare i propri BOT e BTP. Infatti una delle condizioni che l’FMI tassativamente impone a tutti i prestiti che concede è quello della precedenza del proprio credito su qualsiasi altro. Nessun altro investitore sarebbe perciò pronto a fornire risorse fresche per ottenere titoli di credito subordinati. L’Italia perciò perderebbe di fatto la propria sovranità E se questo è stato possibile portare in un grande Paese di antiche tradizioni industriali che cosa ne sarà in realtà meno consolidate?
[1] Vedi: Maurizio Molinari, La Stampa, 27/11/2011, E l'Fmi prepara una cura da 600 miliardi per l'Italia,http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/finestrasullamerica/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=2264
[2] Maurizio d'Orlando, AsiaNews, 20/09/2011, Crisi economica: una demolizione controllata, http://www.asianews.it/notizie-it/Crisi-economica:-una-demolizione-controllata-22680.html
[3] Per la precisione 2'451,8 tonnellate, depositate purtroppo in buona parte fuori d’Italia, a Washington ed a Londra.
[4] Vedi: World Gold Council, World Official Gold Holdings, statistiche aggiornate al nov. 2011
[5] Moneta e quasi moneta, Money and quasi money (M2)
[6] Vedi: Banca Mondiale, 2011
[7] vedi http://nowandfutures.com/world.html
[8] Vedi: http://www.gold.org/investment/why_how_and_where/faqs/#q023
Secondo il quotidiano, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), starebbe preparando un finanziamento per un ammontare “compreso fra 400 e 600 miliardi di euro al fine di dare al governo Monti 12-18 mesi di tempo per varare le necessarie riforme, alleviandolo dalla necessità del rifinanziamento del debito”.
La notizia sembra riguardare solo l’Italia, ma in questo momento il Paese, suo malgrado, si trova al centro di una vicenda economica di portata mondiale, come dimostra, tra l’altro, l’affermato interesse della Cina per i debiti sovrani europei in generale e italiano in particolare.
Tornando al prestito del FMI, esso avverrebbe a tassi fra il 4 e 5 per cento, inferiori al 7-8 per cento annuo, il livello toccato nelle ultime settimane dagli interessi definiti nelle aste dei titoli di Stato italiani. L’entità della cifra è enorme e come fanno notare il giornalista del La Stampa e varie altre fonti l’FMI non dispone attualmente delle risorse per fornire la facilitazione finanziaria proposta. Secondo l’articolista l’ipotesi è quella dall’emissione di nuovi Diritti speciali di prelievo (DSP), coordinata con la Banca centrale europea (BCE) guidata da Mario Draghi. Il progetto sarebbe così avanzato che in merito ci sarebbe stata una telefonata fra il presidente del Consiglio italiano Monti ed il nuovo direttore dell’FMI, Christine Lagarde.
La notizia è stata smentita nella mattinata di lunedì da un portavoce dello stesso FMI, che non ha voluto peraltro essere identificato. Eppure, Molinari, l’estensore dell’articolo della Stampa, si è esposto con il proprio nome ed è persona nota per la sua introduzione presso ambienti finanziari di livello estremamente alto, oltre che per essere di solito accurato nei suoi resoconti. La smentita lascia perciò perplessi e sembra piuttosto fiacca, il disappunto per un’informazione sfuggita prematuramente. L’ipotesi descritta, prospettata dalla Stampa sarebbe, per altro, una clamorosa riprova dello scenario specifico anticipato lo scorso settembre da AsiaNews [2]: chiedendo scusa per l’autocitazione ne riportiamo alcuni pezzi per ribadire il concetto e cioè che la crisi è interamente pre-orchestrata già da molto tempo. “A questo punto si deve inserire un colpo di scena, un ribaltamento di sorti: la Federal Reserve annuncia che, insieme al Fondo monetario internazionale, interverrà per salvare l’Euro, a condizione che i Paesi europei facciano la loro parte. È una mossa geniale, le borse mondiali si riprendono, all’apparenza, le sommosse cessano. Berlusconi, però, deve andare via, comunque, perché così è scritto sulla scaletta”.
Quello che ci aveva permesso di prevedere le mosse non era la palla di vetro (che non possediamo), ma l’artificiosità dell’attacco al debito pubblico italiano: da quasi vent’anni il debito dell’Italia veleggia sul 120 % del PIL e le agenzie di rating, seguite da nugoli di acuti gestori di fondi, se ne accorgevano solo in questi mesi.
La notizia debolmente smentita è inquietante, perché nell’articolo si fa notare che l’FMI e la BCE non dispongono delle risorse necessarie per fornire il prestito all’Italia. È logico, perciò, chiedersi da dove potrebbe arrivare tutta questa abbondante moneta, visto che USA, Europa e Giappone già non hanno fondi per sé e che i Paesi emergenti con maggiore liquidità, Cina, India e Brasile non sembrano smaniosi di intervenire a sostegno di chicchessia? Ci viene un sospetto e riguarda, avete indovinato, le circa 2500 tonnellate d’oro[3] detenute dalla Banca d’Italia, l’istituto di emissione monetaria. Nel luglio 2009, l’ex ministro del Tesoro Tremonti aveva dichiarato ad una commissione del Parlamento italiano che tale oro appartiene al popolo italiano, ed aveva raccolto il pieno consenso e sostegno di maggioranza ed opposizione.
Le banche private erano, invece, insorte ed avevano all’unisono sostenuto che la proprietà dell’oro era della Banca d’Italia. Questa accorata perorazione dell’Istituto che è il controllore di banche e finanziarie non deve stupire. La Banca d’Italia, infatti, è di proprietà per il 94,33% di banche e assicurazioni private. Oggi, dopo il golpe tecnocratico ed il commissariamento dell’Italia, al posto di Giulio Tremonti a capo del dicastero c’è il super-ministro per l’economia Corrado Passera. Fino a pochi giorni fa Passera era consigliere delegato di Banca Intesa ed espressione di chi tale banca controlla. Ebbene, proprio Banca Intesa è il maggiore azionista della Banca d’Italia ed il fatto è che di recente le sue quotazioni in borsa sono scese. La ragione è che all’attivo del suo bilancio Banca Intesa detiene un grande quantità di BOT e BTP. Come è noto nelle ultime settimane le aste dei titoli di Stato italiani sono andate piuttosto male: i mercati finanziari, cioè un piccolo pugno di gestori di fondi che dispongono di enormi capitali, hanno iniziato a diradare, seguendo le indicazioni dei bollettini portaordini, le proprie offerte di riacquisto di titoli italiani e questo ha provocato un rialzo dei tassi d’interesse. Con l’aumento dei tassi d’interesse, i titoli emessi in precedenza con una cedola più bassa, è ovvio, hanno subito dei forti deprezzamenti. Questo ovviamente spiega, a sua volta, la caduta del valore del patrimonio netto di Banca Intesa e la flessione delle quotazioni di borsa della banca di cui Passera era CEO fino a pochi giorni fa. Ora, se il nuovo ministro del Tesoro Passera cede all’FMI l’oro italiano, ottiene liquidità monetaria e non deve rifinanziarsi. Così le quotazioni dei BOT e BTP si riprendono ed allo stesso modo si risolleva il valore di borsa delle banche e di Banca Intesa in particolare. Poiché la remunerazione e la liquidazione di un consigliere delegato di una grande banca è in gran parte determinata da bonus legati al valore di borsa delle azioni, è davvero difficile negare un conflitto d’interessi e una confusione dei ruoli tra controllore e controllati.
Per chi supponesse che per l’Italia possa essere conveniente spossessarsi del proprio oro pur di uscire vogliamo riportare alcune semplici considerazioni. Secondo i dati del World Gold Council al novembre 2011 l’ammontare dell’oro detenuto dalle banche centrali di tutto il mondo era a pari a 30'708,3 tonnellate[4]. L’Italia è il quarto detentore ufficiale al mondo di riserve d’oro, dopo gli USA (8'133,5 tonnellate), la Germania (3'401,0 t.) e l’FMI (2'814,0 t.) e le sue riserve auree costituiscono il 7,98% di quelle mondiali, mentre il PIL dell’Italia è il 3,35% di quello mondiale in base ai dati della Banca Mondiale (riferiti al 31/12/2010). Inoltre se utilizziamo una definizione abbastanza ristretta di moneta, la M2[5], il totale della liquidità monetaria è il 120,6 % del PIL mondiale[6], pari a circa 73'510 miliardi di dollari. Se impieghiamo invece una definizione più ampia (e più corretta) di liquidità finanziaria che includa anche il credito (la “moneta bancaria”) ed il debito pubblico arriviamo ad un totale di oltre 150'000 miliardi di dollari[7]. Consideriamo che secondo il World Gold Council l’oro estratto nel mondo dall’inizio della storia sono state circa 165'600 tonnellate[8].
Quella che segue è una tabella molto semplice[9] che indica il valore di un grammo d’oro in dollari. Il paragone più calzante sarebbe quello del rapporto tra M2 e oro totale delle riserve delle banche centrali e cioè 2'450 $ per grammo, a fronte di una quotazione che attualmente è di circa 55 $ per grammo. Si tratta, ovviamente di un calcolo puramente teorico che implica un rapporto di 1 a 1, cioè che per ogni unità monetaria vi sia una corrispondente copertura aurea per il 100 % del valore.
TABELLA
M2/oro riserve | $ 2.450 |
liquidità/oro riserve | $ 5.000 |
liquidità/oro totale | $ 906 |
M2/oro totale | $ 444 |
Un altro paragone ci da un idea di quanto sarebbe vantaggioso per il cartello mondiale delle banche ed invece quanto sarebbe dannoso per i comuni cittadini italiani. Nell’agosto 1982 l’indice della borsa americana (il Dow Jones Industrial Average, DJIA) era pari ad un po’ meno di 780 e l’oro era un po’ meno di $ 350 per oncia. Attualmente il DJIA è a circa 11'600, con un incremento di circa 15 volte (il 1500%). Applicando tale moltiplicatore si ottiene un valore dell’oro di circa 5'250 $ oncia, pari a circa $ 168 al grammo, circa tre volte il valore attuale dell’oro.
Comunque lo si calcoli, il valore, di lungo termine, ben inteso, delle 2'451,8 tonnellate dell’oro è ben superiore: applicando il valore derivato dal rapporto M2/oro riserve (2'450 $ per grammo) arriveremmo a circa 4'400 miliardi di euro, ben superiore a tutto il debito pubblico italiano che attualmente è pari a circa 1'850 miliardi di euro.
Si tenga inoltre presente che l’FMI applicherebbe condizioni durissime al prestito accordato e che in tali condizioni l’Italia non riuscirebbe più piazzare i propri BOT e BTP. Infatti una delle condizioni che l’FMI tassativamente impone a tutti i prestiti che concede è quello della precedenza del proprio credito su qualsiasi altro. Nessun altro investitore sarebbe perciò pronto a fornire risorse fresche per ottenere titoli di credito subordinati. L’Italia perciò perderebbe di fatto la propria sovranità E se questo è stato possibile portare in un grande Paese di antiche tradizioni industriali che cosa ne sarà in realtà meno consolidate?
[1] Vedi: Maurizio Molinari, La Stampa, 27/11/2011, E l'Fmi prepara una cura da 600 miliardi per l'Italia,http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/finestrasullamerica/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=2264
[2] Maurizio d'Orlando, AsiaNews, 20/09/2011, Crisi economica: una demolizione controllata, http://www.asianews.it/notizie-it/Crisi-economica:-una-demolizione-controllata-22680.html
[3] Per la precisione 2'451,8 tonnellate, depositate purtroppo in buona parte fuori d’Italia, a Washington ed a Londra.
[4] Vedi: World Gold Council, World Official Gold Holdings, statistiche aggiornate al nov. 2011
[5] Moneta e quasi moneta, Money and quasi money (M2)
[6] Vedi: Banca Mondiale, 2011
[7] vedi http://nowandfutures.com/world.html
[8] Vedi: http://www.gold.org/investment/why_how_and_where/faqs/#q023
Vedi anche