Filippine al voto di metà mandato: Duterte vuole la maggioranza al senato
Vincerla gli conferirebbe il sostegno legislativo per le proposte anti-crimine e per riscrivere la Costituzione. L'opposizione denuncia: rischio di revoca del limite al mandato presidenziale, inasprimento della guerra alla droga e ripristino della pena di morte. L'apertura dei seggi è stata accompagnata da isolati episodi di violenza.
Manila (AsiaNews/Agenzie) – Circa 61 milioni di filippini oggi sono chiamati alle urne per le elezioni di metà mandato. Quasi 43mila candidati si sfidano per più di 18mila incarichi nelle amministrazioni locali. A questi si aggiungono la metà dei seggi nel senato (la Camera alta), che negli ultimi anni è stato un argine contro alcune delle politiche più controverse del presidente Rodrigo Duterte (foto).
Le operazioni di voto si sono aperte alle 6 del mattino e si concluderanno alle 6 di sera. L'apertura dei seggi è stata accompagnata da isolati episodi di violenza. Secondo le autorità, almeno 20 persone sono state uccise e 24 ferite in crimini legati alle elezioni. Fonti militari riportano che questa mattina nove persone sono rimaste ferite in uno scontro a fuoco nell’isola meridionale di Jolo.
Vincere una maggioranza al Senato, cosa che i sondaggi indipendenti indicano come probabile, conferirebbe a Duterte il sostegno legislativo per le sue proposte anti-crimine e il suo piano di riscrivere la Costituzione. Storicamente, i 24 senatori della nazione – che restano in carica sei anni – hanno avuto la reputazione di essere più autonomi rispetto ai parlamentari della Camera bassa.
L'opposizione avverte che questa possibilità potrebbe consentire a Duterte di revocare il limite al mandato per la presidenza; gli permetterebbe anche di inasprire la sua discussa guerra alla droga; infine ripristinare la pena di morte, impegno annunciato dal presidente che il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha detto ha definito “allarmante”. Le Filippine hanno dichiarato illegale la pena di morte nel 1987, l'hanno ripristinata sei anni più tardi e poi nuovamente abolita nel 2006.
Oggetto di ripetuti attacchi sin dall'ascesa di Duterte al potere, nei giorni scorsi i vescovi filippini hanno risposto ad alcune indiscrezioni di stampa che vorrebbero i vescovi “in prima linea” nel dibattito politico. Il presidente della Conferenza episcopale nazionale, mons. Romulo Valles, ha dichiarato che la Chiesa cattolica delle Filippine “non fa politica e non sostiene alcun candidato alle elezioni. Vescovi e sacerdoti non hanno il permesso di dare indicazioni di voto, perché si tratterebbe chiaramente di un'ingerenza nella politica nazionale”.
I risultati delle elezioni amministrative sono attesi poche ore dopo la chiusura dei seggi, mentre i vincitori della corsa al senato e agli scranni congressuali verranno dichiarati a partire dal prossimo 17 maggio.
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