Figli illegittimi, fondi rubati e poca religione: una nuova bufera sull’abate del tempio Shaolin
Pechino (AsiaNews) – Figli illegittimi, fondi rubati ai monaci e destinati all’amante, pochissima religione e nessuna spiritualità. Sono le accuse mosse da un ex discepolo del tempio Shaolin nei confronti del controverso abate Shi Yongxin, da anni alla ribalta per i suoi gusti dispendiosi e per il soprannome “abate amministratore delegato”. Il tempio nega le accuse apparse su internet e vuole l’arresto di chi le ha sporte – identificato come Shi Zhengyi [“interpretare la giustizia” ndr] – ma un gran numero di persone chiede invece alle autorità di indagare “in maniera seria” sulla vicenda.
Da parte sua, l’Ufficio affari religiosi ha confermato questa mattina di aver aperto un’inchiesta sulle accuse. Anche perché l’anonimo Zhengyi ha presentato documenti particolareggiati che dimostrano sia la paternità di un figlio illegittimo, sia le accuse di furto che causarono l’espulsione dell’abate da un tempio zen dove era allievo. Anche l’Associazione buddista cinese, di cui Shi era vice presidente, esprime “preoccupazione per le accuse, che colpiscono l’immagine e la reputazione della nostra religione”.
L’abate ha trasformato il tempio – antico di 1.500 anni – in un luogo dedito al commercio. Nei suoi locali si girano film e serie televisive, la sua accademia di arti marziali è aperta a pagamento, i suoi monaci girano il mondo per spettacoli teatrali. Addirittura si starebbe espandendo in Australia, dove vuole aprire una nuova scuola di arti marziali in un resort a cinque stelle che prevede persino un campo da golf con 12 buche.
Molti pensano che dietro a questa mutazione del monastero, da luogo di preghiera a parco divertimenti, ci sia l’abate Shi. Questi è salito agli onori della cronaca dopo aver accettato 20mila euro da alcuni uomini d’affari che chiedevano la sua benedizione e un suv extra-lusso, del valore di 100mila euro, datogli dal governo locale per il suo contributo all’economia locale. Fece il giro del Paese anche la veste intessuta con fili d’oro, dal valore di 16mila euro, che il religioso aveva prima accettato con gioia e infine restituito per placare le polemiche.
Un monaco buddista, che chiede di rimanere anonimo, dice: “Più alto è l’albero e più vento deve affrontare. I problemi di corruzione e di finanza malata non sono certo limitati al tempio Shaolin. In verità sono molto comuni in Cina. E comunque le autorità governative impegnate con le religioni non vogliono che i luoghi di preghiera o di culto siano troppo puri”.
La Rete sembra comunque credere alle accuse anonime. Sui social media nazionali si leggono commenti come “Non importa se queste cose siano vere o false. Shi dovrebbe comunque dimettersi”. Un altro utente aggiunge: “Il tempio Shaolin dovrebbe essere un luogo ritirato dove si insegna il buddismo, si coltiva la cultura cinese e si purifica lo spirito. Ora è una corporation, una mucca da cui mungere soldi”.