Faisalabad, padre e figlia cristiani arrestati con false accuse di furto
I due sono accusati di furto e rapina dai datori di lavoro della giovane. La ragazza lavorava presso una famiglia musulmana come collaboratrice domestica. Lo stipendio era di 50 euro al mese per 18 ore di lavoro al giorno. Shahid Anwar, coordinatore diocesano di Giustizia e pace: “False accuse per impedire che le minoranze si ribellino alla schiavitù”.
Faisalabad (AsiaNews) – Mehwish Masih, ragazza cristiana di 15 anni, e Babar Masih, padre 48enne della giovane, sono incriminati in un caso di false accuse e vivono l’incubo di una battaglia legale per dimostrare la propria innocenza.
I due sono stati accusati di furto e rapina dalla famiglia musulmana presso la quale Mehwish ha lavorato per mesi come collaboratrice domestica. Padre e figlia sono stati arrestati l’8 dicembre scorso dalle autorità pakistane e rilasciati su cauzione provvisoria solo nella prima settimana di febbraio 2017.
I Masih sono una famiglia cristiana molto povera di Kamalpur (Faisalabad). Babar e Ruqiya Bibi, sua moglie, sono i genitori di quattro figli, tre femmine e un maschio. Essi vivono insieme in un appartamento molto umile nei pressi della fornace dove padre e madre lavorano.
Nell’ottobre del 2015, la famiglia è stata contattata da Kiran Bibi, moglie di Mian Mohammad Tariq, imprenditore musulmano. La donna chiedeva che la figlia 15enne della coppia fosse mandata a casa sua per lavorare come assistente domestica. Babar e Ruqiya, trovandosi in difficili condizioni economiche, hanno accettato.
La giovane Mehwish ha lavorato 16 mesi presso la famiglia musulmana. Per 18 ore di lavoro al giorno, le venivano corrisposte 5 mila rupie al mese (50 euro). La ragazza viveva nella casa dei suoi datori di lavoro, e tornava a visitare la sua famiglia una volta al mese.
Nel settembre 2016, Mehwish accusava dolori all’addome e i genitori hanno così provveduto a riportarla a casa, dove le è stata diagnosticata una grave appendicite. Per decisione dei genitori, la giovane sarebbe rimasta a casa fin quando non si fosse sentita meglio.
Questa decisione ha suscitato l’ira di Kiran Bibi, che con insistenza chiedeva alla coppia di lasciare che la figlia tornasse a lavorare. Di fronte ai ripetuti rifiuti, la donna reagiva con violenze verbali e minacce.
Durante l’ultima settimana di novembre, la moglie di Mian Tariq ha fatto visita alla famiglia Masih, accompagnata da alcuni poliziotti. La donna accusava Mehwish e il padre di aver rubato, durante la cerimonia di nozze del nipote, gioielli per un valore complessivo di 1.6 milioni di rupie pakistane (circa 16 mila euro). Secondo l’accusatrice, il fatto era avvenuto dieci mesi prima, a gennaio.
Sulla base di queste accuse, il giorno dopo padre e figlia sono stati convocati per un interrogatorio presso la stazione di polizia di Kamalpur, dove la ragazza ha poi passato la notte prima del rilascio, avvenuto il giorno dopo.
L’8 dicembre 2016, attirati con la promessa di risoluzione della controversia, Babar e Mehwish si sono recati presso la casa della famiglia Tariq, dove ad attenderli hanno trovato la polizia che, sollecitata dagli accusatori, ha provveduto ad operare l’arresto dei due cristiani.
Il padre ha trascorso l’intero periodo nella custodia delle forze di polizia locali; le autorità hanno invece disposto per la ragazza gli arresti domiciliari presso la famiglia del suo datore di lavoro e accusatore.
La Commissione di Giustizia e pace (Ncjp) ha preso a cuore la situazione dei due accusati e agli inizi di febbraio ha pagato la loro cauzione provvisoria. I due, tornati a casa, sono ora in attesa della prossima udienza in tribunale, che si terrà il 6 marzo prossimo. Nel frattempo, l’alta corte di Lahore stenta a pronunciarsi ed i loro tentativi di ottenere una cauzione permanente sembrano inutili.
Intervistato da AsiaNews, Shahid Anwar, coordinatore diocesano di Giustizia e pace a Faisalabad, dichiara: "Molto spesso questo genere di accuse vengono mosse nei confronti di collaboratrici domestiche cristiane dai ricchi proprietari di casa, in quanto esse appartengono a minoranze e gruppi emarginati. La maggior parte delle volte queste accuse sono infondate. I proprietari non vogliono che i loro dipendenti si liberino dalla loro condizione di schiavitù. La figlia è stata detenuta in custodia di Mian Tariq e il padre è stato tenuto dietro le sbarre per molti giorni senza che si adempisse ad alcuna formalità legale. Questa famiglia è innocente e molto povera, stiamo fornendo assistenza legale alle vittime e siamo riusciti ad ottenere una cauzione provvisoria dall’alta corte di Lahore. Ci auguriamo che il 6 marzo prossimo la cauzione dei due venga confermata in via definitiva. Siamo al fianco delle povere vittime e combatteremo fino a che giustizia non sarà fatta ".
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