Estremista indù chiede perdono a cristiani e musulmani per le violenze
Kathmandu (AsiaNews) – “La decisione di attaccare persone religiose è stata un errore. Chiedo perdono a tutte le comunità religiose”. È quanto afferma dal carcere Ram Prasad Mainali, ex capo del Nepal Defence Army (Nda) gruppo indù responsabile dell’attacco dello scorso 23 maggio alla chiesa dell’Assunzione di Lalitpur, costato la vita a tre cristiani. “Voglio chiedere alle comunità (cristiana e musulmana) di non guardarmi con sdegno – continua - ma desidero che essi abbiano pietà di me e chiedo loro di pregare sempre per me”.
Il Ndpa è una formazione poco nota, ma negli anni ha rivendicato una serie di attività terroristiche fra cui omicidi, esplosioni e intimidazioni. Il suo obiettivo è quello di creare in Nepal uno stato di stampo induista.
Oltre alla bomba alla cattedrale cattolica di Kathmandu il gruppo ha rivendicato l’attentato alla sede del Congress Central Party dell’11 agosto scorso, quello alla moschea di Birantnagar del 26 aprile scorso. Il gruppo è anche accusato della morte di p. John Prakash, rettore della scuola salesiana di Sirsya (Morang), ucciso da ignoti nel luglio 2007.
Dopo il suo arresto avvenuto il 10 settembre Mainali dice di essere un uomo cambiato.
“Lo stato indù non doveva essere realizzato uccidendo musulmani e cristiani – afferma – i problemi non possono essere risolti con la violenza. Questo è quello che ho capito in carcere”.
Nel carcere di Nakkhu, egli partecipa ogni settimana a una lezione sulla Bibbia e a momenti di preghiera e discussione con i detenuti di fede cristiana. “Mainali ha cambiato il suo cuore attraverso le nostre letture e discussioni sulla Bibbia”, racconta Sunsil Darshadhari, giovane cattolico e suo compagno di prigione.
Il parroco della cattedrale dell’Assunzione rimane piuttosto scettico. “Dobbiamo comprendere se questo cambiamento è vero – afferma – potrebbe aver detto ciò solo per uscire di prigione”. Dello stesso parere è anche Nazrul Hussein, presidente della federazione islamica del Nepal. “Lui e il suo gruppo hanno commesso gravi crimini – dice – il suo perdono non può essere materia della religione, ma solo della legge ed essa non dovrebbe perdonarlo”.
Ora l’ex leader dell’Ndpa dice voler lanciare una protesta pacifica per chiedere ancora la creazione di uno stato induista. Egli annuncia che alcuni quadri del gruppo si sono già incontrati in un’area segreta per pianificare la manifestazione. Il suo obiettivo è portare oltre 10milioni di indù per le strade della capitale.