Erevan, si dimette il Katolikos Karekin II
E’ la prima volta nella storia della Chiesa armena. Apparenti pressioni della nuova leadership emersa dalla “rivoluzione di velluto”. Karekin è ritenuto troppo amico dell’ex presidente Serž Sargsyan. Alcuni monaci lo accusano di aver manipolato la reliquia della lancia di Longino, quella che trapassò il cuore di Gesù sulla croce.
Erevan (AsiaNews) - Tra il Katolikos (patriarca) della Chiesa apostolica armena, Karekin II, e i nuovi dirigenti del Paese, al potere dopo la “rivoluzione di velluto” dello scorso maggio, sembra sia stata raggiunta un’intesa per le dimissioni dello stesso Primate. Lo ha comunicato il 20 settembre il giornale armeno Zhokhovurd, suggerendo che Karekin lascerebbe ufficialmente per motivi di salute.
Commentando la notizia, il sacerdote Vagram Melikyan, direttore del settore comunicazioni della Chiesa armena alla sede di Echmjadzin, ha dichiarato che “riteniamo necessario costatare che nel corso dei 27 anni di storia della III repubblica armena, tutti i governi senza eccezione hanno manifestato il dovuto rispetto alla Chiesa apostolica nazionale e al suo Katolikos, apprezzando la sua opera in favore di tutti gli armeni e dello sviluppo del nostro Stato, conservando l’unità e la solidarietà nazionale”. La dichiarazione lascia intendere il disappunto della gerarchia ecclesiastica per le proteste e le critiche degli ultimi mesi.
Lo scorso 6 luglio, infatti, la residenza di Karekin è sta messa sotto assedio da una manifestazione di protesta, organizzata dal movimento che si esprime sotto lo slogan “Una nuova Armenia, un nuovo patriarca”, guidato dal leader Karen Petrosyan. Si tratta di un gruppo legato al nuovo primo ministro Nicol Pashinian, che la scorsa primavera è riuscito a coinvolgere la popolazione nel rovesciare la vecchia classe dirigente. Il Katolikos è stato a sua volta accusato di connivenza con i politici “rottamati”.
Nato nel 1951, al secolo Nersisyan Grigorevich Kritch, il Katolikos è ordinato sacerdote nel 1972, in piena epoca sovietica. Dopo un periodo di studi e di servizio in Germania, Karekin torna nel grande monastero di Echmjadzin, il “Vaticano” armeno alle soglie della capitale Erevan, per poi completare gli studi all’Accademia teologica ortodossa di Mosca. La Chiesa armena non è in comunione con gli ortodossi, per le antiche divisioni teologiche del Concilio di Calcedonia, ma il rapporto si basa sulla comune fedeltà al regime sovietico.
Fino al 1999 egli rimane vicario del suo predecessore, il Katolikos Karekin I, per diventare alla sua morte il 132mo patriarca degli armeni (la Chiesa armena è una delle più antiche al mondo). Nelle turbolente vicende della politica armena degli anni post-sovietici, il nuovo Katolikos cerca più volte di proporsi con iniziative di pacificazione nazionale.
Le accuse nei suoi confronti riguardano soprattutto una serie di speculazioni, per cui sarebbero stati alienati diversi tesori della Chiesa armena. Tali accuse sarebbero state rivolte da alcuni sacerdoti della Chiesa stessa, come lo ieromonaco Koriun Arakelyan, uno degli ispiratori delle proteste. L’accusa più infamante sarebbe quella di aver limato e staccato una parte della lancia di Longino per regalarla a un sindaco russo, amico di Karekin. Secondo la tradizione, la lancia del centurione che penetrò il costato di Cristo sulla croce è stata portata dall’apostolo Taddeo in dono ai cristiani dell’Armenia.
La leggenda vuole che chi possiede la lancia di Longino, chiamata Geghard come il monastero in cui era conservata, sia destinato a governare il mondo. La lancia è oggi esposta nel Museo di Echmjadzin, da cui i manifestanti chiedono che venga messa a disposizione per una verifica della sua integrità. Il delirio di onnipotenza era in effetti l’accusa che veniva rivolta al presidente e primo ministro Serž Sargsyan, a cui il Katolikos era molto vicino, poi scalzato da Pashinyan con il sostegno delle masse popolari. Primo caso nella storia della Chiesa armena, per pacificare il mondo ecclesiastico e la stessa società, il patriarca Karekin, avrebbe accettato di dimettersi nonostante l’età ancora non molto avanzata.
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