Emergenza boat-people, centinaia di migranti soccorsi al largo delle coste di Aceh
Jakarta (AsiaNews/Agenzie) - Questa mattina alcuni pescatori indonesiani hanno soccorso diverse imbarcazioni cariche di migranti al largo della costa di Aceh, all’estremità occidentale dell’arcipelago; a bordo delle navi vi erano almeno 426 persone, molte delle quali affamate e in condizioni critiche a causa delle settimane trascorse in mare aperto, in attesa di trovare un approdo. Una di queste imbarcazioni era stata avvistata lo scorso 14 maggio, con il motore in avaria e alla deriva; poi se ne sono perse le tracce, fino a questa mattina quando è avvenuto il recupero. Gli occupanti riferiscono che in tre diverse occasioni sono stati trainati in mare aperto dalle marine della Thailandia e della Malaysia.
Fonti locali raccontano che la maggioranza dei boat-people soccorsi oggi proviene dal Myanmar e, con molta probabilità, appartiene alla minoranza Rohingya, perseguitata in patria e privata del diritto di cittadinanza. Un pescatore impegnato nelle operazioni di soccorso riferisce che “le loro condizioni sono molto deboli”, molti di questi “sono malati” e “alcuni dei loro amici sono morti di fame” durante il viaggio.
Fra quelli che sono stati salvati oggi nello Stretto delle Molucche vi sono anche 26 donne e 30 bambini.
Negli ultimi 10 giorni oltre 3mila persone, in maggioranza provenienti dalla ex Birmania, insieme a lavoratori migranti del Bangladesh, sono stati soccorsi nel mare delle Andamane e al largo delle coste di Indonesia, Malaysia e Thailandia. Una crisi che si è acuita con il giro di vite imposto da Bangkok - vero e proprio crocevia della tratta - sul commercio di vite umane, dopo la scoperta di una fossa comune nei pressi del confine con la Malaysia al cui interno erano sepolti decine di cadaveri di Rohingya. Ed è quindi precipitata in seguito alla politica dei respingimenti adottata da Jakarta e Kuala Lumpur.
Intanto oggi, per la prima volta, il governo del Myanmar apre a una soluzione politica e condivisa per risolvere la crisi dei Rohingya, che da problema etnico-confessionale interno si è trasformato in emergenza regionale nel Sud-est asiatico. Secondo quanto riferiscono i giornali di Stato birmani il governo “condivide le preoccupazioni” della comunità internazionale per l’emergenza umanitaria in corso ed è “pronto a fornire assistenza umanitaria a chiunque sia in difficoltà nei mari”. Si tratta dell’apertura maggiore sulla questione da parte di Naypyidaw, che considera i Rohingya migranti irregolari dal vicino Bangladesh e si è sempre rifiutata di concedere loro cittadinanza e diritti.
Un cambiamento che giunge in concomitanza con la riunione, in corso oggi a Kuala Lumpur, dei ministri degli Esteri di Malaysia, Indonesia e Thailandia. E proprio nel corso di questa riunione è giunta una ulteriore (parziale) apertura da Jakarta e Kuala Lumpur, disposte a “offrire accoglienza temporanea” ai migranti, in attesa di una soluzione definitiva.
Ieri il governo filippino si è offerto di collaborare con gli altri governi della regione, dicendosi pronto ad accogliere almeno 3mila boat-people. Sempre ieri nella messa a Casa santa Marta anche papa Francesco ha voluto ricordare il dramma attraversato dai Rohingya, costretti come i cristiani e gli yazidi di Siria e Iraq ad abbandonare le proprie abitazioni a causa delle violenze e dei conflitti. Per il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, la sola via per risolvere la crisi è di investire nei Paesi poveri e garantire loro un adeguato sviluppo.
19/05/2015