Elezioni indiane all'ultimo atto: ancora una volta esclusi dal voto i migranti interni
Sono centinaia di migliaia gli indiani che a ogni tornata elettorale non riescono a tornare negli Stati di origine a causa dei lunghi spostamenti e dei costi elevati. Si tratta soprattutto di lavoratori alla giornata che dovrebbero rinunciare allo stipendio e poi cercare un nuovo impiego. Anche gli indiani della diaspora affrontano lo stesso problema. La proposta di una macchina per il voto a distanza è stata bocciata da tutti i partiti l'anno scorso.
New Delhi (AsiaNews) - Termineranno domani le elezioni indiane, che, iniziate il 19 aprile, si sono svolte in sette fasi attraverso tutti i 28 Stati e gli otto territori dell’Unione. Quasi 970 milioni gli elettori chiamati alle urne. Eppure centinaia di migliaia di indiani sono costretti a rinunciare al voto: si tratta dei migranti interni, colonna portante dell’economia nazionale che, a causa dei lunghi spostamenti e dei costi elevati, non possono permettersi di tornare a votare nello Stato di origine. Sono perlopiù lavoratori alla giornata che dalle zone rurali del Paese si spostano nelle grandi città: venditori ambulanti, muratori, guidatori di rickshaw. Spesso sono figli di agricoltori e braccianti che, non trovando più lavoro in campagna, cercano un’occupazione in città da dove inviano denaro alla famiglia.
Kartik Naik e Babulal Naik, 40 anni, compagni di stanza che dall’Orissa hanno lavorato in diverse città indiane, hanno raccontato che in 30 anni il loro stipendio è passato da 100 a 900 rupie (da 1,10 euro a quasi 10) per lavori che di solito li impiegano dalle 8 alle 12 ore al giorno. "Invio circa 4mila rupie a seconda di quanto lavoro ottengo", ha detto Kartik. Dal Kerala, dove si trova ora, dovrebbe spenderne altrettante per tornare a casa a votare, e perdere diversi giorni di lavoro. “Se avessi potuto votare qui, sarebbe stato bello. Non dovrei spendere così tanti soldi”, ha aggiunto. Molti, inoltre, dopo aver votato devono ricominciare da zero la ricerca del lavoro.
Nonostante un salario basso, i migranti interni contribuiscono per il 10% al prodotto interno lordo indiano. Secondo uno studio del 2020, sono 600 milioni i lavoratori di questo tipo in India, pari al 43% della popolazione indiana, oggi di 1,4 miliardi di abitanti. Alle elezioni del 2019, almeno 300 milioni di persone non votarono. Non erano tutti migranti interni, hanno sottolineato gli esperti, ma sicuramente, hanno aggiunto, la mancanza di mobilità ha un impatto sull’affluenza. Ad affermarlo è stata la stessa Commissione elettorale indiana: in base agli ultimi aggiornamenti, la prima fase ha registrato un'affluenza del 66,14%, la seconda del 66,71%, la terza del 65,68%, la quarta del 69,16%, la quinta del 62,20% e la sesta del 63,37%. Dati inferiori rispetto alla tornata elettorale del 2019, probabilmente anche a causa del caldo torrido che ha impedito a diverse persone di uscire di casa. I dati sulla settima e ultima fase verranno diffusi dopo la chiusura dei seggi il primo giugno, mentre lo spoglio avverrà il 4 giugno.
All’inizio dell’anno scorso, la Commissione elettorale aveva proposto ai partiti una discussione riguardo la possibilità di introdurre anche il voto elettronico a distanza, ma a marzo 2023 il governo aveva riferito di non avere nessuna intenzione di introdurre il voto a distanza per i migranti. Nemmeno l’opposizione, rappresentata dal partito del Congress, ha mostrato interesse all’argomento. “Dare potere ai migranti nazionali con il voto è un cambiamento di paradigma”, ha commentato Ashwani Kumar, sociologo e autore di uno studio del 2015 riguardo il diritto di voto dei migranti interni. “Considerando il numero di elettori mancanti, lasciare che i migranti votino a distanza può alterare sostanzialmente i risultati elettorali a livello nazionale e regionale. L’elettore mancante rappresenta un enorme deficit democratico”.
Un problema che, se non affrontato (in primis con un nuovo censimento, perché spesso i lavoratori stagionali, per esempio, non sono nemmeno conteggiati tra i lavoratori migranti) è destinato a proporsi nuovamente in futuro per quella che è stata più volte definita “la più grande democrazia del mondo”. Secondo i dati più recenti, si prevede che l’India avrà un tasso di migrazione di circa il 40% nel 2030 con una popolazione urbana di circa 607 milioni di persone, un aumento che sarà quasi esclusivamente dovuto agli spostamenti interni di popolazione.
I partiti indiani, si sono invece rivolti a un altro gruppo di migranti indiani, quelli che si trovano all’estero, che però hanno lo stesso problema: dopo essersi registrati come “elettori esteri” devono recarsi nella città natale in India per esprimere il voto nella propria circoscrizione elettorale. Secondo i dati del governo, nel mondo sono quasi 16 milioni gli indiani della diaspora, definiti “non residenti” o NRI. Il gruppo più numeroso si trova negli Emirati Arabi Uniti, 3,4 milioni, seguito dai 2,5 milioni che si trovano in Arabia Saudita. Gli Stati Uniti, al terzo posto, ospitano 1,2 milioni di indiani. Secondo la Commissione elettorale, nelle elezioni del 2019, 71mila persone, meno dell’1% di coloro che al tempo si trovavano all’estero, si erano registrate per votare. Quest’anno il numero è salito a 118mila. Ma, come per i migranti interni, registrarsi non equivale poi a riuscire ad esercitare il diritto di voto.
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