Elezioni in Israele, leader cristiano: dall’incertezza un governo di unità senza Netanyahu
Con il 92% di schede scrutinate Likud e coalizione Blu e Bianco avrebbero entrambi 32 seggi, in calo rispetto ad aprile. Per la nascita del nuovo esecutivo fondamentale il ruolo di Lieberman. Si allontana la prospettiva di un quinto mandato per il premier uscente. Sobhy Makhoul: ritirare la legge Israele Stato-Nazione e garantire uguali diritti per tutti i cittadini.
Gerusalemme (AsiaNews) - Il primo dato che emerge a spoglio ancora in corso è il quadro di grande “incertezza”, all’interno del quale “sarà difficile far nascere un governo”. La sola speranza, come ha sottolineato Benny Gantz, “è formare una grande coalizione che preveda la presenza di Likud e Blu e Bianco, ma con un Primo Ministro diverso da Netanyahu”. È quanto racconta ad AsiaNews Sobhy Makhoul, della Chiesa maronita di Gerusalemme e amministratore del Christian Media Center, commentando l’esito, ancora provvisorio, delle elezioni politiche in Israele.
“Credo che questa, allo stato attuale - aggiunge il leader cristiano e grande esperto di politica locale - sia l’unica soluzione praticabile per arrivare alla formazione di un esecutivo”. La conta dei voti, prosegue, che si dovrebbe concludere nel pomeriggio evidenzia “il testa a testa fra i due principali sfidanti e nessuno al momento è in grado di arrivare, per conto proprio, alla nascita di un governo”.
Per una riflessione completa bisognerà attendere la fine dello spoglio, ma con il 92% delle schede scrutinate sia il Likud del premier uscente Benjamin Netanyahu che il Blu e Bianco guidato dal principale sfidante Benny Gantz dovrebbero aver ottenuto 32 seggi. Entrambi sono in calo rispetto al voto di aprile.
Allargando l’analisi alle coalizioni, quella di destra capeggiata dal Likud dovrebbe attestarsi sui 55 seggi, mentre i rivali centristi a 59. Un numero comunque insufficiente per entrambi per poter formare il governo, dato che la maggioranza alla Knesset (il Parlamento israeliano) è fissata a 61 seggi. Dal voto sembra uscire vincitore Israel Beytenu di Avigdor Lieberman, che dovrebbe ottenere almeno 9 seggi (quasi il doppio rispetto alla precedente tornata) e risultare fondamentale per la nascita di un nuovo esecutivo. Del resto dall’uscita dei primi exit-poll il leader di destra, che ha consumato uno strappo decisivo nei mesi scorsi con Netanyahu, ha fin da subito auspicato l’avvio di negoziati per un governo di coalizione formato da Likud, Blu e Bianco e Israel Beytenu.
Il presidente israeliano Reuven Rivlin potrebbe decidere di dare l’incarico di formare un governo al partito che avrà preso più voti, ma appare chiaro che si fanno sempre più remote le possibilità che il Primo Ministro uscente possa conquistare uno storico, quinto mandato. Netanyahu è al centro di almeno tre indagini per corruzione ed è alto il rischio che a ottobre possa finire sotto processo. La sua sopravvivenza politica è sempre più legata al sostegno della destra religiosa (fautrice dell’accelerazione sulle annessioni territoriali), la quale potrebbe però non bastare.
Nella notte dal campo di Lieberman e da quello di Gantz sono già partite missioni esplorative con l’obiettivo di arrivare alla nascita di un governo di grande coalizione, unica possibilità al momento per uscire dallo stallo. L’unica condizione posta dall’ex generale a capo dello schieramento centrista, che non vi siano ruoli per Netanyahu nel nuovo esecutivo. “E credo che questa, al momento - conferma ad AsiaNews Sobhy Makhoul - sia l’unica soluzione percorribile. Ci troviamo di fronte a un testa a testa, la lista araba unita ha conquistato 13 seggi e si è già dichiarata non disponibile a cedere i propri voti per dar vita a un esecutivo”.
“Lieberman - afferma il leader cristiano - ha in mano tutto e può risultare l’ago della bilancia. Egli ha già chiarito che non intende fare concessioni ai religiosi ortodossi e sarà probabilmente il terzo pilastro di un governo di unità nazionale di impronta liberare… e questa, a mio parere, è la soluzione migliore in questo momento”. Entro il 20 settembre, conclude, la situazione dovrebbe sbloccarsi “anche perché la mancanza di un esecutivo lascia irrisolti molti quesiti e aperte diverse vicende, in primis il ‘piano di pace’ di Trump per il Medio oriente”. In questo contesto, la speranza per i cristiani è che il nuovo esecutivo “ritiri la legge su Israele Stato-Nazione e garantisca uguali diritti per tutti i cittadini”.
23/09/2019 08:58