Egitto verso le elezioni, fra divisioni politiche, estremismi religiosi e potere dell’esercito
Il Cairo (AsiaNews) – A circa due mesi dalle dimissioni del presidente Mubarak, il futuro democratico dell’Egitto rimane incerto. Secondo fonti di AsiaNews, la maggior parte dei movimenti e partiti, compresi i Fratelli musulmani, sono divisi e stanno tentando di comprendere la strada da percorrere in vista delle elezioni parlamentari previste in settembre. Oggi centinaia di migliaia di giovani ed ex militari sono scesi in piazza per chiedere l'inizio del processo contro Mubarak, maggiore chiarezza sul futuro del Paese e la cancellazione del recente decreto legge che vieta scioperi e manifestazioni.
“I giovani di piazza Tahrir – afferma una fonte, anonima per motivi di sicurezza - stanno tentando di creare una coalizione che unisca i movimenti nati con la rivoluzione, ma hanno poco tempo per organizzarsi in modo efficace. L’impressione generale è che i frutti della rivoluzione siano stati presi dai Fratelli musulmani, ma anche loro sono profondamente divisi”.
A tutt’oggi, l’unica fonte di stabilità è l’esercito, che dopo la caduta di Mubarak si è assunto l’incarico di gestire la transizione del Paese fino alle elezioni parlamentari di settembre. “I militari hanno preso in mano la situazione – sottolinea la fonte – essi stanno cercando di mantenere stabilità, bilanciando le differenze presenti fra i movimenti e le derive ideologiche”.
Le diatribe interne ai movimenti musulmani rischiano di accrescere le fila del movimento salafita, gruppo estremista islamico sostenuto dall’Arabia Saudita. In questi giorni lo sceicco Mohamed Hassan, leader del gruppo, ha annunciato ai media la creazione di un partito politico, che lo vedrà come candidato alle prossime elezioni parlamentari. “I salafiti – continua la fonte – sono contro i Fratelli musulmani, considerati troppo aperti, e propongono sharia e Corano come unica soluzione ai problemi dell’Egitto, ma anche fra di loro ci sono varie correnti”.
Le divisioni non fermano però l’attività violenta dei radicali islamici, soprattutto nella periferia del Cairo e nelle regioni dell’Alto Egitto. La fonte spiega che in questi mesi sono i salafiti ad aver compiuto la maggior parte degli attacchi contro le comunità copte. “In molti – afferma – sostengono che il gruppo sia sostenuto dai fedeli di Mubarak per destabilizzare il Paese”. Secondo la fonte, il National Democratic Party (Ndp), unico partito organizzato insieme ai Fratelli musulmani, vuole porsi come unica sorgente di stabilità di fronte al caos politico e alla crescita dei partiti estremisti iniziata con la caduta del regime.
Nonostante l’influenza dei radicali islamici e il rischio di un ritorno al vecchio regime, la fonte sottolinea che i movimenti e i gruppi nati durante la Rivoluzione dei gelsomini continuano la loro battaglia e lottano per avere uno Stato laico e una società fondata sull’uguaglianza sociale. Oggi, centinaia di migliaia di manifestanti, musulmani e copti, si sono radunati in piazza Tahrir al Cairo per chiedere che Mubarak, la sua famiglia e il suo entourage vengano processati. La protesta ha visto anche la partecipazione di alcuni ex militari. Oltre agli slogan contro Mubarak i giovani hanno voluto sottolineare ancora una volta l’unità fra cristiani e musulmani, per fermare le derive radicali di quella che in molti hanno definito come la “contro-rivoluzione”. Secondo i media locali l'afflusso di persone potrebbe continuare anche in serata e la manifestazione rischia di diventare una nuova protesta milionaria.
Secondo la fonte, “la comunità internazionale dovrà sostenere il cambiamento dell’Egitto in vista delle elezioni parlamentari, favorendo il dialogo fra i vari gruppi verso il bene comune”, ma esclude una modifica dell’art. 2 della Costituzione, che prevede la Sharia come fonte di ispirazione del diritto. “La maggior parte della popolazione musulmana – afferma – è convinta che la cancellazione dell’articolo distruggerà l’identità islamica del Paese”. “A tutt’oggi – aggiunge – è molto difficile pensare a una reale democrazia per il futuro dell’Egitto, ma se cristiani e musulmani si impegnano a lavorare insieme, il Paese potrà fare dei passi avanti”. (S.C.)