27/05/2005, 00.00
LIBANO
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E' "moderatamente ottimista" l'incaricato dell'inchiesta sull'omicidio di Hariri

di Youssef Hourany

Detliv Mehlis si dice pronto a prolungare la sua permanenza a Beirut, ad andare a Damasco e ad usare, se necessario, l'aiuto offerto da "30 o 40 Paesi".

Beirut (AsiaNews) - E' pronto a prolungare di sei mesi la sua permanenza in Libano e si dice "moderatamente ottimista" sulla possibilità di raggiungere a risultati concreti Detliv Mehlis, l'incaricato dell'inchiesta internazionale sull'omicidio dell'ex primo ministro Rafic Hariri.

Mehlis, intervistato da AsiaNews, ha reso noto che il governo di Beirut si è impegnato a "collaborare pienamente" con la commissione Onu che avrà l'aiuto del popolo libanese ed alla quale "30 o 40 Paesi, compresa la Germania" hanno promesso sostegno. "Faremo del nostro meglio – ha aggiunto – per identificare, autori, mandanti, organizzatori e complici di questo terribile crimine contro persone innocenti".

La commissione avrà base in Libano per assistere l'inchiesta delle autorità del Paese e, secondo quanto stabilito dalla risoluzione 1595, avrà tre mesi di tempo, eventualmente rinnovabili, per compiere l'inchiesta e giungere ad una conclusione. Ma, ha spiegato Mehlis ad AsiaNews, egli è pronto a recarsi in Siria anche per la pubblicazione del rapporto del gruppo di verifica dell'Onu sul ritiro dele truppe siriane, giudicato "soddisfacente" dal segretario dell'Onu Kofi Annan e dal suo delegato, l'ambasciatore Terje Roed Larsen.

L'incaricato dell'inchiesta sull'assassinio di Harir, che ha fatto presente di dover rispettare il riserbo su alcune questioni, ha insistito sulla necessità di "conoscere prima di tutto i fatti; quando ci saranno noti decideremo la nostra strategia". Ad una domanda su quali sarebbero le conseguenze di un rifiuto di collaborare con la commissione, Mehlis ha risposto che "nessuno di rifiuterà di cooperare; è un'ipotesi che al momento non vedo". All'ipotesi, invece, di portare a giudizio eventuali responsabili che fossero fuori dal Libano, ha affermato che "esistono tecniche della polizia e della magistratura".

Mehlis non si è mostrato particolarmente preoccupato neppure di fronte all'ipotesi, apparsa su alcuni giornali, di una manipolazione delle prove e della scena del delitto. "Ho in mente – ha sostenuto – due casi sui quali ho lavorato. Il primo è l'attentato con una bomba contro il console francese a Berlino, nel quale ci sono voluti 10 anni per portare i responsabili davanti alla giustizia; il secondo è l'attentato contro la discoteca, nel quale pure ci sono voluti 10 anni. La prima fase dell'inchiesta è la più importante. Dobbiamo aspettare e vedere, ma io sono moderatamente ottimista".

Per questo, alla domanda se crede di dover chiedere sostegno ai servizi di informazione di altri Paesi, Mehlis a risposto che vedrà se "avremo abbastanza prove per condurre in porto l'inchiesta senza aver bisogno di interventi di altri servizi di informazione". Egli ha infine detto che sarà seguito il codice penale libanese, dal momento che scopo dell'inchiesta è "offrire i risultati ai libanesi".

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