Due 20enni daghestane fuggono in Tatarstan: si accende il dibattito sul ruolo delle donne musulmane
Le due giovani trovate e riconsegnate ai parenti. Fuggite per sottrarsi alla condizione di sottomissione imposta dai familiari. Le donne tatare sono più libere rispetto a quelle caucasiche, date in sposa a 16-17 anni senza aver ricevuto un’istruzione.
Mosca (AsiaNews) – La vicenda di due ragazze 20enni che si sono recate di nascosto dalla repubblica russa del Daghestan a Kazan, capitale del Tatarstan, per sfuggire alle pressioni dei parenti ha fatto scandalo in tutto il Paese. Dopo aver scoperto il loro rifugio, le autorità le hanno consegnate a una delle due famiglie. Le due giovani, come affermano alcuni attivisti per i diritti umani su Idel.Realii, si lamentavano perché “non gli era permesso di studiare e lavorare, ma dovevamo sedere in casa e rimanere in potere del marito e dei genitori”.
Accaduta il 18 ottobre, la vicenda ha innescato nei giorni successivi un dibattito in tutta la Russia sulla condizione delle donne nei territori federali a maggioranza musulmana, e se sia possibile un “femminismo islamico”. In Tatarstan, e nella vicina repubblica uralica del Baškortostan (due zone a popolazione di origine tataro-mongola) le donne sono abituate a condurre uno stile di vita molto attivo, partecipando in modo libero a tutte le dimensioni della vita sociale. Sullo sfondo di queste realtà colpisce invece la situazione del Daghestan, una repubblica nord-caucasica che si affaccia sul Mar Caspio, dove le donne sono per tradizione molto sottomesse.
Tra le zone uraliche e quelle caucasiche non vi è una distanza eccessiva, sotto i mille chilometri, che per la Russia è una quasi vicinanza, eppure sembrano due mondi diversi nella concezione della donna e delle relazioni familiari. Alla questione hanno tentato di rispondere diversi intellettuali, islamologi e scrittori russi.
L’imprenditrice e blogger Naila Akhmadeeva, nativa di Kazan, ritiene che lo spirito d’iniziativa delle donne tatare provenga dalla loro storia e dall’educazione. Ai tempi del dominio tataro sui russi, concluso a metà del XVI secolo proprio con la conquista di Kazan da parte di Ivan il Terribile, le donne tatare erano più degli uomini, e si sono abituate a svolgere i lavori più pesanti. Gli uomini erano in gran parte morti nei combattimenti, e i loro figli venivano educati dalle madri, creando una dipendenza maschile rispetto alle donne.
“Da noi gli uomini non sono abituati a prendere decisioni”, racconta Naila. “Io stessa ho imparato tutto da mia madre, e ho cresciuto la mia famiglia inculcando nelle femmine il senso di ‘correre davanti alla locomotiva’, secondo un detto tataro. Solo dopo ho capito che non era corretto, e ho sollecitato mio marito a prendere in mano la situazione”.
In Cecenia, Daghestan, Azerbaigian e nelle altre regioni del Caucaso le donne sono abituate a rimanere sotto la protezione degli uomini, come spiega la Akhmadeeva, insistendo che “bisogna spiegare agli uomini che le loro mogli non devono essere passive e analfabete”. Quando le donne in queste zone si comportano troppo liberamente, i mariti e i genitori vengono ammoniti in questo modo: “Vedi, tua moglie va a spasso per Kazan”.
La scrittrice Gulnara Ghinjatullina, di origine daghestana, ma residente a Irkutsk in Siberia, ha pubblicato di recente il libro “La mia sorella salafita”, raccontando di ricevere moltissime lettere sull’oppressione delle donne nel Daghestan. Visitando Kazan, Gulnara vede “quanto siano forti qui le donne musulmane, libere e autonome, sono entusiasta di esse”. Secondo la autrice, si può dire che in Tatarstan l’istituzione delle donne “abystaj” (in tataro le mogli dei mullah, donne istruite) si collochi allo stesso livello degli imam, quando la donna può essere guida della comunità.
Le ragazze daghestane vengono normalmente date in sposa verso i 16-17 anni, senza aver ricevuto alcuna istruzione, e non aver mai fatto esperienza di vita autonoma. La Ghinjatullina invita comunque a non generalizzare troppo: “Anche in Daghestan [la situazione] dipende dal paese e dal contesto familiare, che non è sempre così oppressivo”. Del resto, nella repubblica daghestana convivono etnie diverse come gli avartsy, i darghintsy, i tabarasantsy e altre ancora.
L’islamologo ed etnologo daghestano Akhmet Jarlykanov, membro dell’Accademia di scienze storiche, ritiene che la differenza nella concezione della donna nell’islam dipenda da diversi fattori, dalle diverse “maskhab” (scuole teologico-giuridiche) allo sviluppo storico e alle varie tradizioni etniche. “Ora l’importante è che le due ragazze riportate indietro da Kazan rimangano in vita”, commenta Jarlykanov. “Forse questa storia sarà una lezione importante per tutti. Lo Stato non si intrometta, finché non si commettono crimini, ma la società intera deve reagire”.
05/01/2022 08:52