Dove va la 'generazione Putin'?
Se per descrivere le nuove generazioni si usano termini di vario genere, i russi vedono oggi emergere sempre più la “generazione Putin”. Ci si chiede quale destino si stia preparando, anche se in realtà è difficile scorgere una vera convergenza sociale e ideologica. Ricordano piuttosto i "silenziosi" degli anni della Seconda guerra mondiale.
Verso la fine degli anni Dieci di questo secolo hanno cominciato a raggiungere la maggiore età in Russia le persone che hanno vissuto finora tutta la loro esistenza sotto il regime di Vladimir Putin, assurto alla presidenza nell’anno Duemila. Se per descrivere le nuove generazioni si usano termini vari genere (Boomer, X, Z, Millennials e altre), i russi vedono oggi emergere sempre più la “generazione Putin”, e ci si chiede quale destino si sta preparando per essa, come riflettono i commentatori di una delle ultime rubriche Signal di Meduza.
Alcuni sociologi russi spiegano che circa la metà di questo gruppo sociale crede nelle buone relazioni con l’Occidente e con il mondo intero, e spera nel “futuro felice della Russia”, l’espressione più popolare del defunto Aleksej Naval’nyj, il leader alternativo che era riuscito a mobilitare molti giovani tra il 2012 e il 2020, confidando nei valori della democrazia e non riponendo la propria fiducia nelle alte sfere del regime putiniano. I tre anni di guerra stanno però modificando gli equilibri e gli orientamenti dei giovani russi, che si stanno sempre più adagiando sulle dimensioni delle generazioni precedenti ancora segnate dal passato sovietico, nella generale apatia che si traduce in un sostegno silenzioso alla guerra e alla propaganda degli ideali patriottici.
In realtà non esiste una vera convergenza sociale e ideologica tra i membri della “generazione Putin”, al di là dell’uso strumentale che si cerca di fare di questa espressione. Non è realistico attribuire alla massa dei giovani russi caratteristiche evidenti di politicizzazione o piuttosto di distanza dalla politica, di conformismo o ribellione o altre. I termini delle categorie “generazionali” sono spesso soltanto degli strumenti di pubblicistica, più che delle teorie sociologiche fondate scientificamente. È chiaro che il periodo tra i 17 e i 25 anni esprime la fase più sensibile agli eventi esterni nella personalità di ciascuno, e le grandi scosse sociali come la guerra, la rivoluzione o altre fratture del corso della vita, lasciano tracce profonde nella mente e nell’anima.
All’inizio degli anni Duemila, il sociologo russo Jurij Levada aveva individuato sei generazioni di russi sovietici, riferendole ai vari contesti storici che si sono succeduti nei settant’anni del regime totalitario: la rivoluzione e la guerra civile, la mobilitazione staliniana, la guerra patriottica, il disgelo khrusceviano, la stagnazione brezneviana e la perestrojka gorbacioviana. Seguono nell’ultimo trentennio la generazione eltsiniana, cresciuta nella ricerca della libertà, e ora la Putin-Jugend a cui si chiede solo lealtà e obbedienza al regime. Un altro sociologo, Iskender Jasaveev, parlando con i redattori di Signal avverte che gli specialisti usano con molta cautela la categoria di “generazione Putin”, essendo cambiata più volte in questi anni la politica giovanile.
Anche la stessa fascia definita “giovanile” ha subito modifiche, passando dal gruppo di persone tra 14 e 30 anni, poi fino a 35 e attualmente a 38, considerando le esigenze di mobilitazione per l’“operazione militare speciale”. Soprattutto dopo il 2010, con la svolta sempre più aggressiva del putinismo, lo Stato ha cercato di prendere il controllo della popolazione più giovane, con risultati piuttosto contraddittori. Le proteste navalniste del 2011-2012 hanno suscitato come reazione il rilancio dei “programmi patriottici” nelle scuole di ogni ordine e grado, e si sono formate anche squadre di specialisti per lavorare con i giovani sulla rete internet e nei social network. Ovviamente, con l’annessione della Crimea nel 2014 fino all’invasione dell’Ucraina nel 2022 questi programmi hanno assunto un carattere sempre più militaresco, come risulta evidente dalle prospettive di politica giovanile approvate dal Cremlino per il periodo 2016-2020, destinate “ai tempi di pace e di guerra”.
I sociologi osservano che non è affatto facile considerare gli effetti della “educazione patriottica”, e non si può dare per scontato che gli attuali giovani russi siano dei convinti sostenitori del potere, considerando che i sondaggi faticano a rivelare il pensiero dei singoli, mentre rendono evidente la disponibilità a condividere o meno il pensiero dominante. Il sostegno generale a Putin è un effetto condizionato dalla guerra in Ucraina, che ha imposto un atteggiamento particolarmente attento a ciò che si può dire in pubblico, nascondendo il più possibile la propria opinione. Gli specialisti del Levada-Centr sottolineano che la pressione esterna alla Russia oggi gioca un ruolo diverso da prima, in quanto i giovani russi attuali in grandissima parte non sono mai stati all’estero, e difficilmente vivranno questa esperienza, se non in Paesi “amichevoli” ed esotici, senza conoscere le reali differenze dei mondi.
La guerra del resto ha molto cambiato le relazioni del mondo occidentale nei confronti della Russia, e questo si riflette nella cultura e sui media, con effetti significativi sugli orientamenti dei più giovani che si sentono rifiutati dal mondo, e crescono quindi con la “cultura del risentimento”, ulteriormente alimentata dalla propaganda ideologica di Stato. Come avveniva in Unione Sovietica, si forma quindi un dvoemyslie, un “doppio pensiero”, come osserva Jasaveev: “Questo succede quando i valori da trasmettere vengono prodotti dalla retorica ufficiale, mentre nella vita reale diventano sempre meno credibili e vissuti”. Si diffonde nelle coscienze di fatto un patriottismo molto sbiadito, se non totalmente privo di contenuti che abbiano a che fare con la vita di tutti i giorni.
Nel 2021 un altro sociologo, Grigorij Judin, disse che la generazione cresciuta sotto Putin è in attesa di “eventi che li rendano una generazione particolare”, sentendosi esclusi dal mondo di prima e non trovando un senso nel mondo attuale. Per questa ragione la guerra in Ucraina ha dato delle risposte ai giovani russi di oggi, facendoli sentire protagonisti di un rivolgimento di dimensioni universali, e per questo molti sono appassionati sostenitori dello zar. Un istituto di esperti molto vicino al Cremlino ha poi pubblicato qualche mese fa uno studio monografico sulla gioventù russa, dove si constata che “i giovani hanno una rappresentazione confusa e frammentaria di che cosa sia veramente la Russia”. Rimangono quindi in sospeso le valutazioni sugli orientamenti giovanili in Russia, tra le tante contraddizioni.
Ancora il Levada-Centr osserva che comunque i giovani sono i più “occidentalizzati” tra i cittadini della Russia, in forza dell’uso degli strumenti di comunicazione globale e dei tanti prodotti della cultura di massa, nonostante la propaganda ossessiva dello Stato contro i “disvalori” occidentali. Al di là degli entusiasmi bellico-patriottici, i giovani sono generalmente tolleranti nei confronti della tanto vituperata “comunità Lgbt”, che le nuove leggi russe definiscono come “organizzazione estremistica”. E nonostante i tanti appelli statali ad aumentare la natalità ed esaltare i “valori tradizionali” e famigliari, l’età media della conclusione del matrimonio e della generazione di figli continua a crescere in Russia, senza di fatto riuscire a modificare gli standard sempre più negativi degli ultimi anni.
La rubrica Signal propone un parallelismo con la “generazione Franco” della Spagna, cresciuta nell’epoca della crisi politica ed economica degli anni Trenta del secolo scorso, sfociata poi nella guerra civile. Anche in quel caso si imponeva dall’alto un forte indottrinamento di un’ideologia nazional-religiosa, facendo leva sul cattolicesimo tradizionalista, e la polarizzazione dovuta a quel periodo ha influito sullo sviluppo successivo della società spagnola, tra chi aderiva alle strutture del regime e chi cercava di organizzare movimenti clandestini contro la dittatura. Il regime di Franco si concluse con la morte naturale del dittatore, e la generazione cresciuta sotto il suo potere è poi riuscita a garantire un passaggio pacifico verso la democrazia. Gli spagnoli hanno evitato la nostalgia del franchismo grazie a un grande dibattito sociale sulla fase della dittatura, ciò che è mancato alla Russia dopo la fine dell’Unione Sovietica, e a richiamarsi ai valori di quel tempo sono soltanto quelli che non hanno vissuto quel periodo. Forse ad avere nostalgia di Putin saranno gli uomini del domani, quelli che non hanno mai provato le repressioni e le grottesche forzature ideologiche di questi anni.
Coloro che hanno vissuto la tragedia della seconda guerra mondiale, prima della generazione dei baby-boomer, sono stati spesso definiti come i “silenziosi”, spesso considerati conformisti e apolitici, avendo provato l’orrore della distruzione del mondo intorno a loro mentre si affacciavano alla vita adulta. In seguito, proprio costoro sono diventati gli “innovatori” che hanno iniziato a costruire un mondo nuovo, in Europa e nel mondo. Forse anche tra i russi sottoposti al tritacarne delle guerre e dei lager putiniani ci saranno coloro che oggi sono costretti al silenzio, ma un domani aiuteranno la Russia a risorgere dalle ceneri.
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