Dopo la Lituania anche Estonia e Lettonia escono dal forum guidato da Pechino
Il gruppo creato dai cinesi con i Paesi dell’Europa centrale, orientale e meridionale si riduce dal formato 17+1 a 14+1. Pesano le minacce militari della Cina a Taiwan e il parziale appoggio cinese alla guerra russa in Ucraina. La Ue rimane cauta rispetto alla crisi lungo lo Stretto di Taiwan.
Roma (AsiaNews) – Estonia e Lettonia abbandonano il 16+1, il forum informale che riunisce la Cina e 16 Stati dell’Europa centrale, orientale e meridionale. I due Paesi baltici lo hanno annunciato ieri in contemporanea. Secondo Tallinn e Riga, la partecipazione al gruppo di cooperazione guidato da Pechino “non è più in linea” con i loro obiettivi strategici nell’attuale quadro internazionale.
Il 16+1, abbandonato dalla Lituania lo scorso anno, è da tempo nel mirino dell’Unione europea, che lo considera uno strumento della Cina per dividere la Ue, spingendo alcuni Stati membri ad allinearsi alle posizioni cinesi. La decisione di Estonia e Lettonia arriva mentre montano le critiche occidentali per la crescente pressione militare di Pechino nei confronti di Taiwan e del (finora parziale) sostegno cinese all’invasione russa dell’Ucraina.
Estoni e lettoni hanno precisato che continueranno a lavorare per relazioni “costruttive e pragmatiche” con il governo cinese, nel rispetto dell’ordine internazionale fondato sulle regole e dei diritti umani.
Come Vilnius, Tallinn e Riga sono insoddisfatte dello squilibrio commerciale con la Cina, problema che ha portato altri Paesi membri del 16+1 a rivedere i propri rapporti con Pechino, soprattutto Repubblica Ceca, Slovenia e Slovacchia.
In un altro colpo alla Cina, il South China Morning Post rivela che esponenti della Commissione per il commercio del Parlamento Ue hanno confermato la visita prevista in dicembre a Taiwan. Dopo la crisi innescata dalla recente visita a Taipei di Nancy Pelosi, speaker della Camera Usa dei rappresentati, Pechino ha intimato ai politici stranieri di evitare missioni in terra taiwanese.
Proprio la questione Taiwan ha portato alla rottura dei rapporti tra Cina e Lituania. A novembre il governo taiwanese ha aperto nella capitale lituana Vilnius una missione con il nome “Taiwanese”. La mossa ha provocato l’immediata risposta di Pechino, secondo cui il mancato uso del nome “Taipei” è una violazione della “politica dell’unica Cina”. Per il Partito comunista cinese, l’isola è una provincia “ribelle” da riunificare con la forza se necessario. Da allora i cinesi hanno azzerato i rapporti commerciali con i lituani, un’azione coercitiva denunciata dalla Ue all’Organizzazione mondiale del commercio.
Malgrado le prese di posizione dei Paesi baltici, le nazioni leader dell’Unione sono rimaste molto caute di fronte alle massicce esercitazioni navali di Pechino intorno a Taiwan. Ci sono poi dubbi sulla durezza della risposta europea in caso di invasione cinese dell’isola.
Secondo Marc Cheng, direttore esecutivo dello EU Centre a Taipei, le recenti manovre cinesi non accelereranno i negoziati tra Taipei e l’Unione su investimenti e microchip, dato che le due questioni hanno bisogno di uno scenario stabile per essere portate avanti. Parlando ad AsiaNews, Cheng spiega però che “le esercitazioni della Cina comunista potrebbero spingere la Ue a giocare un ruolo di sicurezza più attivo nell’arena globale, facilitando una maggiore discussione tra gli Stati membri e al Parlamento europeo per rafforzare i legami con Taiwan”.
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