Dopo l'attacco alla chiesa di Pesalai, il vescovo scrive al nunzio in Sri Lanka
Durante i funerali delle vittime della "rappresaglia dell'esercito", mons. Joseph invita la comunità al perdono. Poi scrive al rappresentante vaticano dell'accaduto e avverte: "Se i militari non si liberano dei loro pregiudizi verso i tamil, non ci sarà mai sicurezza".
Colombo (AsiaNews) Dopo l'attacco alla parrocchia di Pesalai, Sri Lanka del nord, il vescovo di Mannar, invita la comunità al perdono, scrive al nunzio apostolico per metterlo al corrente della situazione e chiede a governo e ribelli di mettere fine alle violenze.
Dell'attentato alla chiesa di Nostra Signora della Vittoria, in cui è morta una donna, e del massacro di 5 pescatori sulla spiaggia lo scorso 17 giugno, mons. Rayappu Joseph accusa la marina militare.
Dopo lo scontro in mare tra esercito e ribelli delle Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte) al largo del villaggio di Pesalai, distretto di Mannar, gli uomini della marina, racconta il vescovo, hanno giustiziato a colpi di pistola cinque pescatori e, "sparando alla cieca", si sono diretti verso la chiesa dove si erano rifugiate circa 3mila persone in seguito ad un precedente attacco della polizia. Le truppe hanno circondato l'edifico religioso, hanno sparato e gettato granate uccidendo una donna di 75 anni e provocando diversi feriti. Il governo ha subito accusato le Ltte, che hanno negato ogni responsabilità. Le vittime erano di diverse religioni: tre cattolici, due indù e un musulmano.
Domenica scorsa, 18 giugno, in occasione dei funerali, mons. Joseph ha invitato i fedeli a perdonare. Di questi tragici eventi ha poi subito informato con una lettera il nunzio apostolico in Sri Lanka, mons. Mario Zenari. "Oggi - si legge nella missiva - abbiamo sepolto i civili uccisi dalla marina nell'omelia ho parlato di Gesù crudelmente crocefisso e delle sue parole 'Padre perdona loro perché non danno quello che fanno'. Ho parlato ai fedeli del potere del perdono e ho ricordato di questa speranza, che ci illumina, perfino nei momenti bui".
Il vescovo riferisce che il 19 giugno nella parrocchia si è osservato un giorno di lutto e preghiera e con una cerimonia di "purificazione" la chiesa è stata lavata dal "sangue innocente di chi aveva cercato rifugio nel santuario della sua religione".
Dopo le violenze del 17 giugno, continua mons. Joseph, gli abitanti di Pesalai hanno una "paura mortale" delle truppe governative, "le quali per la maggior parte nutrono pregiudizi verso la popolazione tamil". I civili hanno bisogno di protezione dall'esercito nazionale, ma al momento "desiderano solo l'intervento di una forza neutrale per garantire loro sicurezza".
Il presule racconta anche dell'incontro tra gli abitanti del villaggio e il comandante locale dell'esercito, svoltosi lo stesso 17 giugno. In quest'occasione la gente ha sollevato diverse domande: "Se persino un luogo sacro come una chiesa non è sicuro, dove devono cercare riparo gli innocenti?" oppure "Perché questa crudeltà brutale contro persone che non c'entrano niente con le Ltte?".
Il comandante ha promesso maggiore sicurezza, ma la popolazione ormai non gli crede. "Le forze di sicurezza nazionali - aggiunge mons. Joseph si aspettano che i civili forniscano loro informazioni sui ribelli. Ma è irrealistico: non capiscono che queste persone non hanno niente a che fare con i ribelli e la loro unica preoccupazione è mantenere le proprie famiglie". "Se i soldati non si liberano di questo pregiudizio infondato nei confronti dei civili tamil avverte il vescovo - non saranno mai in grado di poterli difendere".
Il presule in ultimo invita governo e Ltte a mettere fine alle violenze attraverso i mediatori di pace norvegesi e a rispettare il cessate-il-fuoco del 2002; ma nonostante i buoni propositi da entrambe le parti, ogni giorno continuano a morire sempre più innocenti.